Pioggia di dubbi tra i consiglieri |Arcidiacono invita a non votare - Live Sicilia

Pioggia di dubbi tra i consiglieri |Arcidiacono invita a non votare

E' partito il dibattito sul documento che dovrebbe evitare il dissesto. Ma per molti servirà solo a posticiparlo. Stasera seconda puntata.

piano di riequilibrio
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CATANIA – La sensazione è che l’atto non voglia votarlo nessuno. Almeno stando agli interventi di ieri sera – la discussione proseguirà oggi e probabilmente anche domani – pare proprio che nessuno degli esponenti del Consiglio comunale sia disponibile ad approvare il piano di riequilibrio rimodulato dall’amministrazione Bianco. In molti sembrano non convinti dei numeri inseriti nella delibera, e illustrati in aula dall’assessore Girlando che, con toni differenti da quelli usati in un recente comunicato stampa, evidenzia come siano stati fattori esogeni a costringere alla rivisitazione del piano di riequilibrio per evitare il dissesto (continuando, però, ad affermare che i precedenti amministratori sono stati “distratti” o poco lungimiranti). Che potrebbe essere solo posticipato. Questa la preoccupazione che serpeggia in aula: i sacrifici richiesti ai catanesi potrebbero non essere sufficienti.

Lo afferma il presedente della commissione Bilancio, Vincenzo Parisi che, ricordando il poco tempo concesso ai consiglieri per analizzare la delibera, e la necessità che l’assemblea la approva, evidenzia che il piano “fa acqua da tutte le parti” e, parere dei revisori alla mano, che se non corredato dai correttivi potrebbe presto fallire. “La bravura dell’amministrazione – dice – sarà quella di modificarlo cammin facendo, dato che questo può essere fatto.Non si spiegherebbe il parere dei revisori dei conti, positivo ma con tutti quei però”. Parisi fa parte dell’opposizione, del gruppo Grande Catania che potrebbe uscire dall’aula al momento del voto, per non “reggere” il numero legale. Lo evidenzia ancora Parisi: “Con trenta consiglieri di maggioranza, dopo gli assestamenti in giunta, il piano sarà approvato” – afferma.

Ma è anche dalle fila della maggioranza che arrivano le più feroci critiche, nel metodo e nel merito. Niccolò Notarbartolo stigmatizza l’attaggiamento di un’amministrazione che non ammette le proprie responsabilità nella tenuta del piano approvato nel 2013 puntualizzando l’atteggiamento di chi considera “un po’ ladro” chi è venuto prima. Parla di “ipocrisia inaccettabile e visione disonesta”, prima di scendere nel dettaglio sul “pessimo modo” con il quale è stata condotta la vendita degli immobili nel triennio precedente la rimodulazione del piano “Potevamo stoppare i pignoramenti, utilizzare quelle somme del Dl 35, del fondo di rotazione. Avremmo forse venduto il palazzo Bernini a 8 milioni e non a 2 – evidenzia, parlando, come Parisi, di “numeri aleatori”. “In questo documento non si riescono a capire le soluzioni attuate – incalza: come facciamo a prevedere somme dalla lotta all’evasione se in tre anni non lo abbiamo fatto. Come pensiamo di prender qualcosa da chi ha poco o nulla? Non è probabile che si riescano a intascare 56 milioni da lotta all’evasione”.

Per Notarbartolo sono anche altre le voci non “sostenibili” o almeno non in modo certo: a partire dai 50 milioni previsti dalla “svendita” patrimoniale, e di molto di quanto inserito dall’amministrazione comunale nelle voci di entrata. “Sembra – sottolinea – che si stiano solo diluendo i tempi”. Duro anche il consigliere di maggioranza, Francesco Petrina che si sofferma, come anche altri colleghi, sulla riscossione dei tributi – e sulla visione ottimistica inserita nell’atto – e su alcuni numeri non comprensibili, come i 60 milioni che dovrebbero entrare nelle casse comunali con la bendita della rete del gas. Come fa il capogruppo di Grande Catania, Giuseppe Castiglione (che si lancia anche nella difesa del centrodestra, dando dell’ipocrita al consigliere Notarbartolo”. Sebastiano Anastasi, anche lui di Grande Catania, si sofferma invece sui servizi sociali, “cui manca la visione”, dice. “Il piano di rientro è un atto politico”, e se la prende con l’assessore ai Servizi sociali, Angelo Villari che, a differenza del suo predecessore, Carlo Pennisi, non avrebbe alcuna idea di come governare i tagli del Piano di riequilibrio. “Manca l’idea dell’amministrazione, una posizione netta” – sottolinea.

Dure prese di posizione che, però, impallidiscono di fronte l’intervento del vicepresidente del consiglio, Sebastiano Arcidiacono che, senza troppi giri di parole, dichiara di non voler votare l’atto, di non voler presenziare alla votazione, e invita i colleghi a fare altrettanto, tornando sul parere dei revisori dei conti. “Un parere positivo che però non è positivo se non si attivano determinati presupposti. Tergiversando con le parole – dice – scaricano sul Consiglio comunale il peso della responsabilità. Quali sono i successi dal punto di vista contabile di questa amministrazione?”. Arcidiacono elenca i vulnus: le partecipate: “in questi tre anni le partecipate hanno portato a circa 9 milioni di euro di perdite di esercizio e circa 10 milioni di patrimonio netto”. Gli immobili: “io non sono tra quelli che pensano che non vadano venduti, a condizione di sapere come, perché. Se a me servono quei soldi per la sicurezza sismica, va bene, ma se serve per colmare un buco di bilancio, a salvare una stagione politica, no”. Sulla rete del gas, sulle anticipazioni di tesoreria. “A chi serve questo piano? – afferma. Arriveremo comunque a un dissesto, con qualcuno che si salva e altri no, i cittadini sicuramente no. Serve dunque a salvare la stagione politica? Non pensavo si potesse arrivare a dire: non li tagliamo noi i servizi sociali, tanto li taglieranno gli altri. Io ho votato questa amministrazione e la mia amarezza è profonda per questo – ammette: era inimmaginabile si arrivasse a questo punto. Io sono sempre stato contrario al dissesto: ma in questo momento non abbiamo dove prendere i soldi. Dobbiamo fare una scelta. anche se difficile”.

Più ottimista Agatino Lanzafame, primo firmatario di un emendamento – degli oltre 160 presentati, per stralciare alcuni immobili utili al sociale e di pregio, dall’elenco inserito nel Piano. “Quello che è importante – dice – è che questi sacrifici non siano vani, che quanto stiamo facendo serva a qualcosa”. Prima di soffermarsi sulle partecipate e sui controlli da attivare. Infine – la seduta salta dopo la pregiudiziale di Notarbartolo sui pareri “incomprensibili” agli emendamenti – è il turno di Manlio Messina che, alla fine di quasi un’ora di intervento, pone una domanda secca ad amministratori e revisori: il quesito riguarda l’Amt in liquidazione. “Nel piano di riequilibrio non si parla di Amt in liquidazione- non c’è traccia nel piano, la misura non è stata toccata e la chiusura della liquidazione è prevista nel 2018. Delle due l’una: o la liquidazione non è stata chiusa, quindi i milioni della bad company non potevano essere spostati nelle casse del Comune per pagare gli stipendi, o il Piano è falso”. Alle 00,02, con appena 16 presenti, la seduta viene sospesa. Si ripeterà stasera, anche se il voto è probabile slitti a domani, ultimo giorno utile.

 


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