L'omelia dell'arcivescovo Romeo - Live Sicilia

L’omelia dell’arcivescovo Romeo

I funerali di Enzo Fragalà
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8 min di lettura

Fratelli e sorelle amati dal Signore e tutti a me carissimi!

Rimaniamo ancora profondamente scossi, sgomenti, dinanzi al tragico fatto che ha sconvolto la nostra Città lo scorso martedì: la barbara e feroce aggressione dell’Avvocato Enzo Fragalà, vile attentato che lo ha portato, dopo tre giorni di sofferenza, alla morte. Rimaniamo senza parole considerando la brutalità del fatto e l’accanimento dell’aggressore, che, non ha lesinato, a sprangate, di scagliare un’inaudita violenza sul penalista di cui oggi noi tutti – stringendoci con affetto e commozione attorno ai suoi cari – piangiamo la scomparsa.
Rimaniamo in questo silenzio che rispetta il dolore della famiglia, dei parenti, degli amici, di quanti lo hanno conosciuto nella sua attività professionale e nel suo impegno politico. Stiamo in questo silenzio che viene squarciato dal pianto, e si alimenta del ricordo di quanto l’uomo Fragalà ha vissuto, ricevuto e donato nella sua giornata terrena conclusasi così tragicamente lo scorso venerdì.  Un silenzio che, tuttavia, non può non farci chiedere il perché di tanta violenza. E soprattutto non può impedirci di pretendere che il vile assassino, o quanti stanno dietro tanta efferatezza, sia consegnato alla giustizia, quella stessa nella quale Fragalà ha creduto e per la quale ha speso le sue migliori energie. È un silenzio, questo, che Dio ben conosce: «Così dice il Signore: “Una voce si ode a Rama, un lamento e un pianto amaro: Rachele piange i suoi figli…” » (Ger 31,15).
Dio ben conosce il nostro lutto, il nostro pianto. Il pianto amaro di una Città, la nostra Palermo. Il lutto di una Nazione che si sente offesa nella sua dignità, e nella sua voglia di seguire sentieri di legalità e giustizia. Dio ode questa voce. Non può non ascoltarla, perché si fa grido: la morte interpella tutti, credenti e non credenti. Ma noi credenti abbiamo una certezza: dalla morte Dio si è lasciato interpellare per primo, attraversandola nel Figlio Gesù, morto e risorto per noi. È il Dio della Risurrezione – dunque – che ci convoca ancora una volta, oggi, qui nella Chiesa Cattedrale, nel cuore ecclesiale della nostra amata Città. E qui è il Signore che, udendo il pianto e il lamento fatto anche di tutti i nostri “amari perché”, parla, e risponde per mezzo del profeta Geremia: «Trattieni il tuo pianto, i tuoi occhi dalle lacrime, perché c’è un compenso alle tue fatiche … c’è una speranza per la tua discendenza…» (cf. Ger 31, 16-17). Dio risponde non tace. Risponde con una Parola di consolazione.
Dio pronuncia, sul nostro pianto, una Parola di speranza. Quello stesso Dio interpellato dalla voce del nostro lutto, proveniente oggi da tutte le componenti della nostra società, ribatte: questo pianto, come in tante altre tragiche occasioni, si apre ad una speranza, alla speranza che le fatiche della vita abbiano un compenso definitivo nell’eternità preparata dal Signore per noi nella Patria celeste.
Oggi, quel Dio che tutti, consapevolmente o inconsapevolmente, interpelliamo con la nostra presenza commossa, sembra voglia dirci che per il nostro fratello e amico Enzo c’è una speranza che riposa in quanto di bene ha seminato, nella fatica della giustizia, nell’impegno a favore della legalità e del bene comune, nell’assunzione seria e serena delle responsabilità di ogni giorno. In questo evento che sembra così definitivo da paralizzarci, non c’è posto per desideri di vendetta. Piuttosto per la speranza che un compenso viene consegnato a chi resta qui a camminare per le strade del quotidiano, quelle stesse che l’Avvocato Fragalà ha percorso incontrando i fratelli e servendoli con la sua vita. «Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni» (Mt 25,14). Comincia così la famosa “parabola dei talenti”, ascoltata come brano evangelico di questa liturgia esequiale. Un ricco padrone, in partenza per un viaggio, consegna del denaro ai suoi servi. E il Vangelo annota, nella distribuzione dei talenti, che ad ognuno il padrone affida una somma diversa «secondo le capacità di ciascuno».
Il Signore della Vita distribuisce i suoi doni agli uomini, in modo diverso e conforme alle capacità di ognuno. Ma questi doni vanno fatti fruttificare, impiegati ogni giorno per ottenere il massimo. Il dono di Dio, se veramente accolto come tale, non può che diventare responsabilità, impegno, generosa disponibilità di sé e della propria operosità. Penso che nella mente e nel cuore di quanti hanno conosciuto l’Avvocato Fragalà, il nostro fratello Enzo, sia presente, oggi come in tutti i momenti della vita che egli ha condiviso, il suo impegno, la sua passione umana, professionale, politica. Un entusiasta difensore della giustizia che non ha nascosto per vile paura il talento o i talenti che gli erano stati confidati dal Creatore. Sapeva bene che non si può e non si deve temere di impiegare i propri doni per il bene comune, per il servizio ai fratelli. Del nostro fratello Enzo ci ferisce la triste e deplorevole evoluzione degli avvenimenti. Ma questi sono solo i suoi ultimi giorni. È solo l’epilogo, efferato e assolutamente riprovevole, della sua vita. La sua vita va ricordata per quella ricchezza che gli è stata consegnata e che egli ha inteso mettere a disposizione della società. La sua vicenda è per tutti, a tutti i livelli, un insegnamento a non desistere dall’impegno a favore del bene comune, che – come ci insegna il Papa Benedetto XVI nell’Enciclica Caritas in Veritate – «è il bene di quel “noi-tutti”, formato da individui, famiglie e gruppi intermedi che si uniscono in comunità sociale. Non è un bene ricercato per se stesso, ma per le persone che fanno parte della comunità sociale e che solo in essa possono realmente e più efficacemente conseguire il loro bene» (CV n.7).
Dalla barbara uccisione di un uomo che è stato al servizio di questa nostra società, siamo tutti ancora più spronati a vivere le responsabilità di quanto ci viene ogni giorno consegnato, a livello politico e amministrativo, a livello ecclesiale e di fede, a livello di un più comune impegno per la pacifica e solidale convivenza, che tutti ci interpella. Il nostro convenire qui, stringendoci per l’ultima volta attorno all’amico e al fratello Enzo, può e deve spronare questa Città di Palermo, qui rappresentata dalle componenti di tutti gli organismi della Pubblica Amministrazione, e questo nostro amato Paese, qui rappresentato dalle più alte Istituzioni dello Stato guidate dai Presidenti del Senato e della Camera, a non dimenticare che la giustizia e la legalità come pure la difesa dei valori e della dignità umana vanno perseguite ad ogni costo e pur in mezzo alle minacciose resistenze di quegli operatori di iniquità che non esitano a seminare terrore con la loro azione delittuosa. Il seme della vittoria del bene è piantato in un terreno nobile e delicato che è il cuore dell’uomo. In esso troviamo – per la ferita del peccato originale – anche la zizzaniosa e robusta pianta del male, che rischia sempre di attanagliare la crescita del Regno di Dio in mezzo agli uomini. L’Apostolo San Giovanni, nella seconda lettura, ha proclamato con chiarezza: «Chi non ama rimane nella morte. Chiunque odia il proprio fratello è omicida» (1Gv 3,15).
Carissimi fratelli e sorelle, c’è una morte – come quella del nostro fratello Enzo – che ci sconvolge per l’esecrabile efferatezza, più sensibilmente palpabile perché riportata nei dettagli sui media. Una morte frutto di violenza insensata e spregiudicata, che potrebbe persino avere una pericolosa connotazione di arrogante sfregio alle Istituzioni ed allo Stato di diritto, visto che si è consumata nei pressi del cuore dell’attività giudiziaria della Città, il Palazzo di Giustizia. Senza dubbio tutto questo attira i nostri sguardi e attiva tanti giudizi e considerazioni.
Ma, lasciandoci illuminare dalla Parola di Dio ascoltata, non possiamo ignorare che c’è una morte che comincia nel cuore stesso dell’uomo che non ama. E questa morte “dentro” si fa morte “all’intorno”. Un omicidio così efferato, come quello del nostro amico e fratello Enzo, appare generato entro il contesto di un pericolosissimo decadimento civile e morale. Si nutre di un clima in cui, malgrado i lodevoli traguardi raggiunti nella lotta alla criminalità organizzata, si continua a respirare purtroppo sopraffazione e violenza, con la persistente tentazione a degenerare nelle forme della giustizia privata e della prevaricazione.
Niente e nessuno è risparmiato da questa rovinosa e penosa decadenza valoriale, da questa assenza di riferimenti politici, civili, morali, che colpiscono soprattutto le nuove generazioni. È triste, ma è come se tanti omicidi venissero consumati ogni giorno nel cuore di quanti vivono e respirano questa società che sembra non avere come bussola maestra del suo pensare e del suo agire l’attenzione costante alla dignità della persona umana. Così tutto ci lascia sgomenti. Ma la Parola stessa di Dio ci invita a rivedere ugualmente tutto a partire dall’amore che è stato riversato nei nostri cuori. Dobbiamo “conoscere l’amore”. Dobbiamo rieducarci alla vita nell’amore. Dobbiamo ricondurci reciprocamente al rispetto e al dono di noi stessi nel servizio al bene comune. Tutti rifiutiamo che l’atto dell’aggressore dell’Avvocato Fragalà possa essere l’ultima scena, l’ultima parola. Tutti ugualmente vogliamo credere che l’ultima parola è affidata alla nostra responsabilità di uomini e di cristiani, che credono nell’uomo e nella sua capacità di bene, che credono nella sua redenzione a partire da Colui che l’ha già operata per noi. Tutti sentiamo il bisogno di riappropriarci di quanto ci appartiene, e di quanto, con simili azioni omicide, ci viene ancora una volta strappato. C’è per questo una speranza, che Dio ha posto nel cuore di ciascuno di noi. Che certamente il Signore ha fatto germogliare nella vita del caro fratello Enzo. E che oggi pone ancora, come talento da far fruttificare, in quanti alla violenza, all’ingiustizia, all’efferata crudeltà continueranno a non arrendersi mai.
Chiediamo a Maria Santissima di accompagnare il nostro caro fratello Enzo davanti al cospetto di Dio, giusto giudice e doni a tutti noi e soprattutto ai suoi familiari, il suo conforto, nella certezza che ora Enzo vede faccia a faccia il volto di Dio e che lo rincontreremo nella pienezza della vita.


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