GRAMMICHELE (CATANIA) A sessantuno anni, secondo la Procura di Caltagirone, metteva i cuoricini su Instagram alle studentesse. Poi le chiamava nel suo ufficio e chiedeva dei “bacini” o le minacciava di “sculacciate” se non avessero studiato. Peccato che quelle 7 ragazze non fossero sue figlie. Quei comportamenti, secondo gli investigatori, non sarebbero stati paterni ma maliziosi. E peccato che lui, di quella scuola, fosse il preside e quindi, teoricamente, un pubblico ufficiale con un decoro da mantenere. Delle regole da rispettare. Un limite da non superare.
L’indagine
Per i carabinieri della compagnia di Caltagirone, quel limite, il preside del liceo Raffaele Libertini, lo avrebbe superato eccome. Per questo i carabinieri hanno arrestato Santo Digeronimo. Le accuse, che in questo momento sono solo delle ipotesi di reato, sono decisamente gravi. Sono violenza sessuale e tentata violenza sessuale. Le indagini sono state coordinate dalla Procura di Caltagirone e condotte dalla stazione di Grammichele.
L’avvio dell’inchiesta
Tutto è partito dalla denuncia presentata da una 15enne. A scuola, sostiene che il dirigente l’ha convocata più volte in presidenza. E che le avrebbe prestato “attenzioni” simili a un vero e proprio corteggiamento. Epiteti amorevoli. Abbracci. “Like” sui social. La goccia che ha fatto traboccare il vaso, però, sarebbe caduta quando il preside le avrebbe chiesto dei “bacini”. Si sarebbe proposto per prenderla a “morsi”. E nello stesso contesto, l’avrebbe baciata sul collo, dopo aver tentato invano di baciarle le labbra. Il tutto non gli sarebbe riuscito solo grazie alle resistenze opposte dalla ragazza. Secondo quanto trapelato, si tratterebbe di una scuola regionale, che, quindi per organico e funzionamento dipende dalla Regione.
Le avances
La forza della ragazza si è rivelata decisiva. Si è rivolta ai carabinieri e loro hanno fatto scattare le indagini. Indagini che hanno scoperchiato un vaso di Pandora. In poco tempo sono venute fuori altre presunte vittime delle avance del sessantunenne. Storie tutte uguali. Sei ragazze, tutte sentite in presenza di uno psicologo. Ognuna ha raccontato presunte molestie.
Il modus operandi
È venuto fuori un quadro a tinte fosche. Un modus operandi fisso: le chiamava nell’ufficio, creava “una situazione di intimità”, scrivono i carabinieri. E il tutto con il pretesto di discutere del loro rendimento scolastico. Poi, quando erano da soli, avrebbe detto che le avrebbe “sculacciate” se non avessero studiato. O che le avrebbe “prese a morsi”. E poi, sistematicamente, avrebbe attuato tentativi di approccio fisico. Abbracci, pacche sul sedere, toccamenti di zone intime come i fianchi o carezze sui ventri nudi delle ragazzine.
Le aggravanti
Due volte avrebbe palpeggiato una ragazzina. Oppure avrebbe posato le sue dite sulle labbra della studentessa dopo averle baciate. Ora i carabinieri parlano di un “importante quadro indiziario”. I reati, ovviamente, sono aggravati dalla minore età delle persone offese. E dall’aver agito quale pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni di dirigente. Lo hanno messo ai domiciliari. E di fronte al gip si è avvalso della facoltà di non rispondere. Poi avrebbe rilasciato delle dichiarazioni spontanee. Sul contenuto per il momento il riserbo è assoluto. Va ricordato che l’inchiesta è solo agli inizi. E che per l’indagato vale la presunzione di non colpevolezza.