Accusa Berlusconi e si scagiona| Il tira e molla di Giuseppe Graviano - Live Sicilia

Accusa Berlusconi e si scagiona| Il tira e molla di Giuseppe Graviano

A Reggio Calabria il boss accusa l'ex premier ma si cuce addosso il ruolo di spettatore delle stragi

PALERMO – Giuseppe Graviano rompe l’argine del silenzio, dopo decenni di carcere al 41 bis. Accusa Silvio Berlusconi, ma si cuce addosso il ruolo di spettatore della stagione delle stragi. Lui che, così dicono sentenze passate in giudicato, le stragi di mafia le ha volute, pianificate e messe in atto. Eppure nega, ancora una volta, di avere avuto un ruolo nella stagione di morte e orrore.

Sul resto è loquacissimo. Sostiene di avere incontrato Silvio Berlusconi “da latitante almeno per tre volte“. L’ultima volta nel dicembre 1993, e cioè poco prima di due eventi: l’arresto dello stesso Graviano e la discesa in politica di Berlusconi. “Abbiamo cenato insieme. È accaduto a Milano 3 in un appartamento”, dice il boss di Brancaccio. Che, aggiunge, era socio del Cavaliere a cui i boss palermitani avevano affidato montagne di soldi da investire.

Al processo ‘Ndrangheta stragista’, in corso davanti alla Corte d’Assise di Reggio Calabria, dove è accusato dell’omicidio di due carabinieri, il killer pluriergastolano parla di Berlusconi come di un traditore “perché quando si parlò della riforma del Codice penale e si parlava di abolizione dell’ergastolo mi hanno detto che lui chiese di non inserire gli imputati coinvolti nelle stragi mafiose”.

Berlusconi non aveva mantenuto la promessa di aiutare gli amici boss. Ci è rimasto male Graviano: “Dopo quello che ha fatto mio nonno per lui (Berlusconi ndr)… non solo economicamente. Visto che io ho rapporti economici, e lui politici, e le confidenze che avevamo… certo che potevamo avere soddisfazioni, ma non di criminalità ma di cose belle, perché l’Italia potrebbe essere il migliore paese del mondo”. Affari, niente criminalità, dice il boss che ha sulla coscienza anche l’omicidio di don Pino Puglisi.

Speriamo davvero che Graviano dica tutta, ma proprio tutta la verità. Iniziando dalle sue colpe, che al momento nega in maniera ostinata. “Io adesso sto dicendo solo qualcosa”, annuncia. Non tutto, ma qualcosa, dunque, perché “io fiducia nella giustizia italiana non ne ho. Non è ho fiducia nella pubblica accusa e ai presidenti ora tutti indagati con la Saguto… insomma, io tutta sta fiducia nella giustizia italiana non ce l’ho. Quello che vi sto dicendo è per il benessere del Paese”.

“Io adesso non sto facendo niente, io adesso sto dicendo qualcosa. Solo qualcosa, ma posso dire ancora tante altre cose”, aggiunge. Quello di cui l’Italia ha bisogno è conoscere la verità, nient’altro che la verità. Su Silvio Berlsuconi e su tutti gli altri. Di sicuro non si sente la necessità di un tira e molla, di una dichiarazione fatta oggi e un’altra domani, di un mafioso stragista che non si pente. Perché chi non si pente può sempre mentire. Per dispetto o per difendersi. L’imputato ne ha facoltà.


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