Affittano la casa del boss| ma non lo sapevano, ora lo sfratto - Live Sicilia

Affittano la casa del boss| ma non lo sapevano, ora lo sfratto

La coppia deve pagare per l'occupazione abusiva
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E’ lunga 19 anni l’odissea di Nicoletta Cicala e Ferdinando Priolo, marito e moglie, palermitani, stretti tra il disagio economico e una legge che non dà scampo. Nel 1985 presero in affitto un appartamento dal boss Raffaele Ganci (nella foto), uno degli stragisti di Capaci. Solo che i coniugi non sapevano che il proprietario dell’abitazione, locata in nero, fosse un capomafia. Nel ’91 il patrimonio del padrino finisce sotto la scure delle misure di prevenzione: e la casa dei Priolo ne segue le sorti. ”Da allora – dice Cicala – non abbiamo pace e facciamo i conti con uno Stato che riconosce i diritti solo ai ricchi e rende i poveri sempre più poveri”.

Da allora i due, entrambi disoccupati e con gravissimi problemi di salute, cercano di districarsi tra decisioni giudiziarie ormai irrevocabili, l’esigenza di sopravvivere e avere un alloggio, l’impossibilità di richiedere una casa popolare e, ultimamente, uno sfratto esecutivo determinato da un’azione di pignoramento del Banco di Sicilia per un mutuo sull’abitazione, mai saldato dal capomafia. Domani dovrebbe svolgersi l’ultimo atto della vicenda: le forze dell’ordine, infatti, dovrebbero prendere possesso dell’appartamento.

“I primi guai – racconta Cicala – cominciarono nel ’91 con la confisca della casa. Allora, chiedemmo all’Agenzia del Demanio di poter ottenere un regolare contratto di locazione. Ci offrimmo anche di pagare le rate dell’affitto che, essendo intanto rimasti senza lavoro, non avevamo saldato”. Tutto inutile, nel 1998 vennero messi i sigilli alla casa. Ma i coniugi, per giorni costretti a dormire in auto, non si arresero e decisero di occupare abusivamente l’immobile su cui, nel frattempo, gravava un’azione di pignoramento in seguito alla quale il Banco di Sicilia aveva sottoposto l’alloggio ad esecuzione forzata.

Nel 2005 l’Agenzia del Demanio comunicò che il bene, ormai entrato a far parte del patrimonio dello Stato sarebbe stato destinato a scopi sociali o di ordine pubblico. Una valutazione irrevocabile a cui si aggiunse la beffa della richiesta di indennizzo, a carico dei coniugi, per il periodo di occupazione abusiva dell’alloggio: 37.600 euro. “Siamo disperati – commenta la donna – Non abbiamo soldi, né lavoro. E non possiamo fare domanda per la casa popolare: l’assessore comunale ci ha detto che avendo abusivamente occupato un alloggio perdiamo il diritto a fare l’istanza”.

Lo sfratto dell’Agenzia del Demanio è ormai esecutivo. E l’ufficiale giudiziario ha anche notificato l’azione esecutiva sull’immobile. “Ci hanno detto che domani verranno i carabinieri a buttarci fuori – dice la donna – ma noi da qui non ce ne andremo mai”. “Ancora una volta la burocrazia danneggia i cittadini. E’ incredibile che un bene confiscato alla mafia e che da anni è occupato da una famiglia, non possa essere abitato dalla stessa con serenità”, commenta il deputato del Pd, Pino Apprendi. (Ansa)

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