CATANIA – Il giorno della ricorrenza liturgica dedicata a sant’Agata – il 5 febbraio, appunto – può e deve servirci a ricapitolare quanto questa commemorazione ha di attuale, se non di urgente. A capire, cioè, il senso delle tante iniziative che, lungo tutto gennaio, hanno scandito il percorso che ci ha portati dinanzi al santo corpo di una martire e celebrarne il racconto. I recenti fatti ci dicono, purtroppo, che i Quinziano continuano a operare. Chi sono? Coloro che, consapevoli di un potere (persino quello che ti conferisce il branco), abusano dei più deboli. Delle donne, in primo luogo.
La violenza
La notizia che una tredicenne sia stata violentata da un manipolo di quasi coetanei crea sconcerto e suscita rabbia. Giustamente. Una vicenda che scombussola e che deve essere ancora metabolizzata, oltre la legittima indignazione figlia di un fatto che è arrivato come un pugno sullo stomaco nella coscienza di una città che invece era proiettata a una festa che, proprio sulla questione femminile, avrebbe ben tanto da insegnare. Troppi interrogativi restano aperti e bisognerà affrontarli con serietà. Ad uno ad uno.
L’attesa della festa ci aveva offerto anche dell’altro, spunti che investono una più vasta comprensione di cosa voglia dire santità. La presenza a Catania della reliquia del beato Pino Puglisi, prete barbaramente ucciso dalla mafia in odio alla fede, ci ha ricordato che l’essere santi non è un attributo del tempo passato. Ma è una dimensione che investe il presente e che chiama a tenere testa a tutti quegli altri Quinziano, quelli che dietro le pulsioni criminali intendo dar forma alla loro ansia di potere.
Iulia Florentina
Anche il dono di una “reliquia” del tutto particolare al Museo diocesano, la copia della lapide della piccola Iulia Florentina, bambina proveniente da Hybla (l’antica Paternò) che nel IV secolo fu sepolta a Catania “davanti alla porta dei martiri”. Si tratta di una testimonianza storica di capitale importanza, che nulla ha a che vedere con il mito: semmai con la fede concreta di una famiglia cristiana che ha voluto il battesimo anche per la figlia.
Nell’omelia di ieri monsignor Renna ha parlato diffusamente del ruolo della famiglia oggi. Un istituto che sta drammaticamente arretrando lasciando un vuoto che rischia di essere colmato dagli istinti più bassi che ogni società sa offrire a caro prezzo.
La santità nella malattia
La vicenda di Iulia potrebbe avere anche dell’altro da dirci. Quella bambina può essere sì il ponte tra due comunità, la catanese e la paternese. Può essere anche lo spunto per riflettere, a partire da questo territorio, su un aspetto umano che investe con forza la fede: la malattia quale di momento combattimento interiore e personale.
La cronicità di tante patologie, a partire dai tumori, investono i pazienti i maniera inedita e spesso prolungata nel tempo. Si tratta di un fattore paradossalmente nuovo che fa il paio con una constatazione: più di un santo contemporaneo ha vissuto eroicamente le sofferenze, il dolore. Il loro esempio dà coraggio. Le esperienze di Chiara Luce Badano, Carlo Acutis e Chiara Corbella mettono in discussione tante categorie delle contemporaneità. E spiazzano.
Da anni, le donne catanesi affette da tumore al seno si affidano ad Agata. E la Chiesa, in tal senso, ha ridotto tante distanze arrivando sin dentro i reparti ospedalieri con le reliquie agatine. Il caso della piccola Iulia – se approfondito – potrebbe aiutarci a comprendere un mistero. A partire da quello del dolore innocente. Che non riguarda solo la martire catanese. O Barbara o Venera. Ma investe il presente. Occorre dunque aprire un cantiere di riflessione. Quanto prima.