La lotta dei malati gravi| raccontata con le foto - Live Sicilia

La lotta dei malati gravi| raccontata con le foto

“La speranza non deve essere abbandonata”. Questo è il titolo della mostra fotografica, allestita fino al due giugno a Palazzo della cultura, di Orazio Di Mauro. “Chi viene ha la sensazione di ricevere un pugno nello stomaco, ma queste storie -aggiunge il fotoreporter- possono accadere a chiunque di noi”.

MOSTRA CHOC DI ORAZIO DI MAURO
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3 min di lettura

uno scatto della mostra

CATANIA – C’è ancora tempo fino a domenica due giugno per visitare, nei locali del Palazzo della cultura, “La speranza non deve essere mai abbandonata”, la mostra fotografica di Orazio Di Mauro, reporter e collaboratore di LiveSiciliaCatania. Scatti duri, durissimi, che hanno come soggetti principali dei malati affetti da morbi rari e assai debilitanti come la Sla. Per Orazio Di Mauro questa mostra rappresenta, senza se e senza ma, un “album di famiglia”.

Perché hai scelto di seguire questo filone assai duro alla vista?

“Questo reportage nasce da una esperienza che ho vissuto in prima persona, conoscendo una persona che aveva in famiglia un congiunto afflitto da una malattia rara. Un dramma, vero, che si accompagnava poi ad delle difficoltà economiche e sociali devastanti per la stessa famiglia”. Da lì ho potuto conoscere anche altre famiglie nelle stesse condizioni”. Così è iniziata questa esperienza che ha cambiato pure la mia vita. Sai, vedendo la sofferenza di questa gente e anche delle loro famiglie, capisci quanto noi “normali” siamo fortunati”.

C’è anche la tua sofferenza in questi scatti?

“In qualche foto sì, perché mi sentivo parte della famiglia. In quei momenti dicevo io stesso ‘come posso contribuire?’. A seguito di ciò ho fatto pure del volontariato. Piccoli gesti, ma lo stesso apprezzati”.

L’equilibrio di questa mostra, è rotto con una foto che lancia un messaggio in favore dell’utilizzo delle staminali. Perché questa presa di posizione?

“Quella foto è stata scattata durante la protesta della moglie del protagonista, che paventava di staccare la spina che tiene in vita il marito, perché non riceveva le dovute attenzioni che ogni persona in quello stato abbisognerebbe. Quella foto riprende la protesta di chi si mobilita per ricevere dei diritti che dovrebbero scattare in automatico. Quello delle staminali è probabilmente il futuro, non entro però nel dibattito etico che ci sta dietro. Io dico soltanto che per molti di loro è una speranza. Non c’è nulla di certo, oggi. Ma non c’è neanche nulla da perdere”.

Scatto della mostra

Quali sono le emozioni che i fruitori di questa mostra avvertono?

“La prima sensazione è sicuramente è un pugno allo stomaco. Molti non guardano i soggetti, perché le immagini sono un po’ dure. Come se in loro ci fosse un rifiuto. Come a dire “non voglio neanche conoscere questa realtà”. Ma c’è un momento di riflessione durante l’osservazione delle foto, che li blocca lì sul posto. Infondo queste cose possono succedere a tutti noi, a un familiare come a un vicino, o a un amico. Questa, infondo, si chiama realtà. Ed è pure senza sconti”.

Ti vedo emozionato.

“Per me è sempre una emozione parlare delle mie foto , del mio lavoro. Tutto questo lo faccio per rispetto loro. Come hai potuto vedere, più della metà dei soggetti ripresi, non c’è più. Ogni volta che rivedo queste foto, mi ricordo di quel periodo. Con questa mostra voglio ringraziare tutte le loro famiglie. Questo per me è un album di famiglia. Mi sento parte di ognuna di loro. Voglio ringraziare anche la Humanity Onlus e quei tanti che hanno creduto davvero in questo progetto”.


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