Andrea Nizza e i fiancheggiatori |I particolari della cattura - Live Sicilia

Andrea Nizza e i fiancheggiatori |I particolari della cattura

Il covo del latitante era dotato di tutti i confort. GUARDA IL VIDEO

Parlano gli investigatori
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CATANIA – Avrebbe avuto a disposizione diversi covi e non solo nel catanese. Ma poi un anno fa avrebbe fatto un passo falso mettendosi in contatto “social” dall’appartamento in cui sabato sera hanno fatto irruzione i carabinieri del Nucleo Operativo dei Carabinieri di Catania. Un elemento fondamentale per le indagini capillari e articolate che hanno portato alla cattura del latitante. Anche se – lo ha detto il pm Agata Santonocito in conferenza stampa – più volte in questi due anni e due mesi i militari erano stati a un passo da ammanettarlo. La villetta di Viagrande, al confine con Trecastagni, era dotata di tutti i confort, con tanto di palestra e sacco da box. I carabinieri hanno circondato la zona per bloccare ogni via di fuga e poi hanno saltato il cancello per far scattare il blitz. Andrea Nizza non ha opposto resistenza e si sarebbe anche “complimentato” (così dicono gli investigatori).  Con lui la moglie (incinta) e i due figli.

La villetta era stata presa in affitto da due coniugi, Mario Finamore e Amalia Agata Arena, rispettivamente di 30 a e 26 anni. I due sono stati arrestati per favoreggiamento personale con l’aggravante di aver favorito la famiglia Santapaola Ercolano, di cui Nizza è affiliato I due “si prendevano cura della famiglia del latitante assicurando l’adeguata assistenza logistica”. Con l’arresto di Nizza, finiscono in gattabuia i cinque fratelli che hanno avuto una militanza mafiosa. I due uomini d’onore Fabrizio (oggi pentito) e Daniele Nizza, oltre a Salvatore e Giovanni. “Il sesto nome non è mai stato oggetto di alcuna indagine” – afferma la pm Santonocito. Della famiglia sono fuori solo i minori.

Grande la soddisfazione del Procuratore Carmelo Zuccaro e di Colonnello Francesco Gargano. Il magistrato parla di risultato estremamente positivo, anche se manifesta la forte consapevolezza che non bisogna commettere l’errore di diminuire il livello di allerta. Perché chi detiene le redini delle infiltrazioni e delle collusioni non sono certo i boss dell’ala militare. “Noi abbiamo dimostrato che lo Stato è in grado di reagire dinanzi all’attacco della mafia – ha spiegato Zuccaro –  Sarebbe però un grave errore ritenere che dopo queste validissime operazioni la mafia abbia perso il suo potere di infiltrazione nel tessuto economico e sociale e amministrativo. Questa infiltrazione c’è ancora e la parola d’ordine della Procura e delle forze dell’ordine è quella di non abbassare la guardia”. Fiato sul collo quindi ai collusi, colletti bianchi e boss in giacca e cravatta.

 


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