Aprono al pubblico |le carceri dell’Inquisizione - Live Sicilia

Aprono al pubblico |le carceri dell’Inquisizione

Ogni giorno, dalle 10 alle 18, le carceri sono aperte con le visite guidate dell’associazione amici dei musei siciliani.

a palazzo steri
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PALERMO – È il carcere segreto dell’Inquisizione, la prigione buia dove per due secoli, dal 1605 al 1782, gli uomini inviati in Sicilia da Torquemada rinchiusero e interrogarono innocenti in nome di Dio. Per loro i prigionieri erano eretici, bestemmiatori, fattucchiere, amici del demonio. In realtà molti erano artisti, intellettuali scomodi, avversari dell’ortodossia politica e religiosa. Un’umanità annichilita che ha lasciato sulle pareti delle celle graffiti e dipinti: poesie, invocazioni, carte geografiche, preghiere, una testimonianza unica al mondo che è insieme opera d’arte e atto d’accusa verso le ingiustizie del potere.

Adesso quelle carceri aprono al pubblico grazie all’impegno dell’Università di Palermo che ha portato a termine il restauro e che amplia così la sua ricca offerta di luoghi di interesse storico, artistico, scientifico e culturale. Ogni giorno, dalle 10 alle 18 (biglietto 5 euro, ridotto 2,50) le carceri sono aperte con le visite guidate dell’associazione “Amici dei musei siciliani”. L’apertura è il frutto di un affidamento provvisorio dell’Ateneo all’associazione (fino ad aprile, rinnovabile per tre mesi) nell’attesa che venga espletato il bando complessivo per la gestione dell’intero complesso monumentale dello Steri.

“Manteniamo così l’impegno preso con il presidente Napolitano, che venne a visitare le carceri a restauro completato, come simbolo del rifiuto di ogni intolleranza ideologica, religiosa e politica – dice il rettore, Roberto Lagalla -. Siamo consapevoli della responsabilità di tutelare e far conoscere un luogo che è arrivato a noi attraverso i secoli, insieme con le voci dei condannati che sono riusciti a lasciare memoria di sé”. Secondo Bernardo Tortorici di Raffadali, presidente dell’associazione Amici dei Musei siciliani, “il carcere arricchisce notevolmente l’offerta culturale della città, accendendo un faro su tre secoli che hanno inciso profondamente sulla storia della Sicilia”.

Dal 1782 in poi, con l’abolizione dell’Inquisizione e l’adattamento del carcere a sede del Tribunale (prima borbonico, poi repubblicano), l’edificio subì a più riprese pesanti modifiche: furono abbattuti i muri di divisione tra disimpegni e celle, riempiti i vani destinati alle latrine, aperti vani di collegamento e ampie finestre, ricoperte con numerosi strati di intonaco le strazianti testimonianze dei prigionieri. Tra i reclusi Diego La Matina, il protagonista di “Morte dell’Inquisitore” di Leonardo Sciascia, l’uomo che riuscì a uccidere l’aguzzino che lo interrogava (il restauro ha localizzato anche il pianerottolo del delitto). La memoria di centinaia di vittime rischiò di scomparire per sempre, complice il rogo con cui Caracciolo distrusse gli archivi dell’Inquisizione con il loro carico di vergogne, accuse, delazioni. Adesso quella memoria è resuscitata, con le voci degli uomini e delle donne che in queste celle, grattando il pavimento di cotto o procurandosi colori di fortuna, hanno avuto la forza di raccontare sui muri il proprio dolore. Si tratta di dipinti datati e firmati che, incrociati con la documentazione d’archivio, consentono di risalire all’identità e alle storie dei condannati. Un lavoro di ricerca condotto con passione dalla storia Maria Sofia Messana, scomparsa due anni fa, ricordata da una targa all’interno del carcere.


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