Ars, dodici "super deputati" non bastano | Consiglio di presidenza, presto nuovi arrivi? - Live Sicilia

Ars, dodici “super deputati” non bastano | Consiglio di presidenza, presto nuovi arrivi?

Dopo le deroghe ai "minigruppi" che avevano portato il numero dei componenti dell'Ufficio di presidenza a dodici, nuove richieste arriveranno dalla Lista Musumeci e dal Movimento cinque stelle, che lì non sono rappresentati. Ma la riunione del Consiglio di presidenza è slittata a martedì prossimo. Ogni nuovo componente costa all'Assemblea più di diecimila euro al mese.

PALERMO – Rinviato a martedì prossimo alle 10 il Consiglio di presidenza dell’Ars, che avrebbe dovuto discutere della deroga per i “mini-gruppi” (quelli composti da meno di cinque parlamentari) e dell’indicazione di nuovi componenti in rappresentanza di Movimento 5 stelle e Lista Musumeci. Martedì si discuterà anche il bilancio 2012 della Fondazione Federico II.

Le tre “deroghe” concesse dal presidente Ardizzone a gruppi composti da meno di cinque deputati (numero minimo per formare un gruppo parlamentare, stando al regolamento dell’Ars) potrebbero non essere sufficienti. In Consiglio arriveranno quasi certamente altre due richieste di “adesione”: quella della Lista Musumeci e quella del Movimento cinque stelle. Due richieste che nascono da motivazioni molto diverse.

La Lista Musumeci, infatti, aveva un suo rappresentante in Consiglio: ma Paolo Ruggirello è recentemente passato al nuovo gruppo “Articolo 4”. Nel frattempo, il raggruppamento che fa capo all’ultimo candidato del centrodestra per la corsa verso Palazzo d’Orleans, è sceso al di sotto della “fatidica” soglia dei cinque. Insomma, ha perso un rappresentante in consiglio e anche la “consistenza” minima per definirsi “gruppo parlamentare”. “Entro cinque giorni dalla prima seduta dopo le elezioni, – si legge infatti all’aticolo 23 del regolamento dell’Assemblea – i deputati sono tenuti a dichiarare alla Direzione di segreteria, per iscritto, a quale Gruppo parlamentare intendano appartenere. Ciascun Gruppo deve essere costituito da almeno cinque deputati”. Ma lo stesso articolo 23, come detto, prevede la “deroga”. “L’Ufficio di Presidenza può autorizzare la costituzione di un Gruppo con un numero inferiore di deputati purché questi siano stati eletti in almeno due circoscrizioni, nonché rappresentino partiti o movimenti organizzati nell’intera Regione e/o abbiano rappresentanza, organizzata in Gruppi parlamentari, al Parlamento nazionale”. Proprio in base a questo comma, infatti, hanno ricevuto lo “status” di gruppi parlamentari anche il Cantiere popolare e Grande Sud.

“Il Presidente eletto – dispone del resto l’articolo 4 dello stesso Regolamento – esperisce le opportune iniziative affinché i Gruppi parlamentari siano rappresentati nell’Ufficio di Presidenza in modo da rispecchiare, nel numero e nella attribuzione degli incarichi, la consistenza relativa ad ogni singolo Gruppo. Nell’Ufficio di Presidenza – si legge sempre all’articolo 4 – devono essere rappresentati tutti i Gruppi parlamentari costituiti di diritto ai sensi dell’articolo 23, secondo comma, esistenti all’atto della sua prima elezione”.

È grazie a questa norma che molto probabilmente il Movimento cinque stelle chiederà il “rientro” all’interno del Consiglio. Il secondo partito più numeroso a Sala d’Ercole, infatti, ha perso il proprio unico rappresentante, dopo l’addio al Movimento del vicepresidente dell’Ars Antonio Venturino.

Ma l’eventuale accesso di un “grillino” creerebbe un precedente assai pericoloso per l’Ars. Col rischio, insomma, che il Consiglio possa estendersi a dismisura. Se “passa” infatti, il rientro dei Cinquestelle, lo stesso dovrebbe accadere, in futuro, nei casi in cui un parlamentare, mutando partito, finisse per far svanire la rappresentanza del partito d’origine in seno al consiglio. Con la necessità, quindi, di far subentrare un sostituto. Che si aggiungerebbe ai presenti.

Il Consiglio dovrà affrontare anche questo tema. Ma non mancano i deputati contrari. Sarebbero almeno tre o quattro i componenti del Consiglio ostili all’allargamento. Ma non solo. Sul tavolo del Consiglio calerà probabilmente anche la richiesta di escludere dall’organismo, i deputati frutto delle “deroghe” ai minigruppi. La norma, infatti, afferma che l’Ufficio di presidenza “può” concedere le deroghe. Non deve farlo per forza. Così, ecco, in tempi di spending review, l’idea di escludere dal Consiglio i deputati Cascio (Cantiere popolare), Lantieri (Grande Sud) e Lo Giudice (Democratici e riformisti). Una spesa complessiva, tra indennità aggiuntive, retribuzioni per le segreterie e comandati, di circa 40 mila euro al mese. Mezzo milione di euro l’anno.

Senza contare un altro effetto. Pochi giorni fa, infatti, ha fatto discutere la presenza in Aula di appena quattro deputati durante la seduta. In realtà, i presenti erano più di 35. Dove sta il trucco? Semplice: i componenti del Consiglio di presidenza, così come i presidenti di Commissione e i capigruppo (32 persone in tutto) non sono obbligati, alla luce del conteggio della diaria, alla presenza in Aula. A differenza dei deputati “semplici”: per loro, ogni assenza in occasione di una seduta in cui si vota un provvedimento, si traduce in una “multa”, cioè in un alleggerimento della propria busta paga. Per la precisione, “224,90 euro per ogni giorno in cui il Deputato non partecipi alle attività parlamentari nelle sedute d’Aula in cui si svolgono votazioni su testi legislativi o su atti di indirizzo politico iscritti all’ordine del giorno”. Soldi, quindi, che vengono “scalati” dai 3.500 euro di diaria-base. Ma per i componenti del Consiglio di presidenza, che sono tanti, e potrebbero crescere ancora, la presenza in Aula è “di ufficio”. Loro, insomma, ci sono sempre. Anche se non ci sono.


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