CATANIA – Bilanci tutti da rifare, stipendi fermi da due mesi, calo dei finanziamenti, blocco del turnover: sono alcune delle problematiche che attanagliano il teatro Massimo Bellini di Catania. Ma tutto starebbe già volgendo verso la risoluzione. Lo splendore che lo ha reso celebre nel passato non è affatto un ricordo sbiadito, ma un’istantanea del presente. Lo assicura il sovrintendente del teatro, Massimo Grossi, insediatosi da pochi mesi. L’orizzonte è chiaro per il sovrintendente che non elude gli argomenti più spinosi. Il teatro Bellini starebbe lentamente tornando ad essere un ente sano sotto tutti i profili, nonostante le difficoltà del momento.
Lo incontriamo mentre è impegnatissimo fra una riunione e l’altra con i rappresentanti sindacali che lo attendono dietro la porta mentre lo intervistiamo. Romano, ha preso casa a Catania per dedicarsi completamente al teatro dove ogni giorno si reca in bici. Gli dispiace non aver ancora avuto il tempo per visitare e godersi Catania come vorrebbe. Un curriculum infinito, quello di Grossi, già direttore generale dell’Accademia di Santa Cecilia a Roma, ex docente al Conservatorio romano, ex presidente e tra i fondatori di Federculture, ex vicepresidente della fondazione Maxxi e attuale presidente dell’Accademia di belle Arti di Roma.
Dunque, sovrintendente dopo 7 mesi trascorsi dalla designazione del suo incarico, qual è la situazione del teatro Massimo Bellini?
Sta vivendo una fase nuova, densa di speranze, opportunità e con delle certezze importanti. La prima riguarda il fatto che il teatro sta riassumendo un ruolo vivo nello scenario culturale del territorio. Negli ultimi anni giocava ormai praticamente in rimessa, come una partita di calcio disputata sulla difensiva. Era chiuso in sé stesso. I risultati del piano strategico che abbiamo attivato nel luglio 2015 sono ormai evidenti. Il Bellini sta tornando lentamente ad essere un vero playmaker nello scenario delle attività musicali della città. Più concretamente: abbiamo potuto rialzare la qualità artistica della programmazione, aumentato il numero delle opere, passando da 35 recite delle opere liriche nel 2015 a 44 nel 2016; abbiamo riaperto il San Giorgi; abbiamo creato contaminazioni con il jazz, pop e la danza contemporanea; e per ultimo cercato di raggiungere nuovo pubblico.
Come state intervenendo, invece, per risolvere le problematiche che permangono sull’ente?
Il teatro Massimo Bellini come gran parte del settore sta vivendo una fase di crisi, in parte dovuta a una flessione della domanda nazionale di musica classica e di opera nel Paese. Tutti i teatri stanno facendo una grande fatica in tal senso.
C’è meno gente che va al teatro, insomma. Secondo lei perché accade?
E’ una crisi dei consumi culturali. Il discorso viene da lontano. Innanzitutto, perché si è modificata la spesa culturale delle famiglie italiane. Prima spendevano mediamente (almeno fino al 2014) circa 900 euro a nucleo familiare. Adesso non ci sono più queste cifre, il calo è oltre il 10%. Il teatro della musica classica ha subito lo scossone più forte, certamente. Se a questo poi ci mettiamo la crisi della finanza pubblica derivanti da Comune, Regione e Stato è chiaro che la situazione peggiora.
Qual è la situazione della casse del teatro al momento?
Come tutti i teatri, il Bellini soffre un problema di programmazione dei flussi finanziari. L’autofinanziamento non può ché essere un incremento parziale, ma non sufficiente a coprire la totalità dei costi fissi. Il Bellini è un ente pubblico a tutti gli effetti, quindi, vive di finanza derivata. I proventi derivanti dal botteghino sono aumentati del 110% negli ultimi sei mesi, ma ribadisco non sono sufficienti per sostenere tutte le spese.
Ma come riuscite a mettere in piedi una programmazione di lirica e balletto così fitta disponendo di risorse tanto esigue?
Con un controllo strettissimo dei costi. Abbiamo calmierato le spese dai cachet e i costi di allestimento. E la qualità di un certo livello è stata, comunque, garantita.
Eppure per il Trovatore qualcuno, specie fra gli abbonati in sala, non sembrava particolarmente soddisfatto dello spettacolo. Più di uno ha lamentato che la qualità non fosse degna del prestigio di un teatro come il Massimo Bellini di Catania.
Guardi, io ho ricevuto molte mail di apprezzamento. Le ultime opere Fedra, i Puritani o così come il Trovatore hanno avuto uno straordinario riscontro di pubblico. Ci sono stati grandi flussi di applausi, non solo fra gli abbonati nei turni serali, ma anche fra le fasce più giovani durante gli spettacoli pomeridiani. E’ stata una scelta quella del regista Renzo Giacchieri di allestire una rappresentazione grafica tradizionale. Il cast ha subito delle sostituzioni, ma è stato comunque un buon cast con alcune problematiche che sono state superate. Sono state nove recite con un teatro sempre pieno. Il livello di riempimento è stato del 86%. Riguardo alle critiche ben vengano, servono a spronarci. Anche alla prima della Scala di Milano è accaduto che il pubblico fischiasse. E’ chiaro che noi dobbiamo fare i conti con le disponibilità finanziarie. Le grandi stelle del teatro o i grandi cantanti richiedono dei cachet altissimi. Ebbene, noi rispetto all’attuale budget siamo riusciti a mantenere una qualità elevatissima. Sottolineo, poi, che per i concerti sinfonici abbiamo ospitato uno fra i più grandi pianisti viventi in Europa come Joaquin Achucarro. Stiamo preparando assieme al Teatro Massimo di Palermo, la Traviata a Taormina che avrà grandi protagonisti. Il 28 aprile avremo addirittura l’orchestra sinfonica della Rai qui a Catania. La prossima settimana avremo la cantante Noa. Giusto per citarne qualcuno.
Riguardo invece la situazione dei lavoratori senza stipendio già da due mesi cosa sta facendo?
I lavoratori non prendono lo stipendio perché non è ancora arrivato il contributo regionale. Non è dipeso certamente da me. Arriverà a giorni. Abbiamo instaurato un sistema di relazioni con i sindacati molto chiaro. Siamo certamente molto sotto pressione perché dobbiamo chiudere il bilancio, stiamo anche disponendo il Fus per lo Stato in scadenza fra pochi giorni. Abbiamo un programma di attività molto intenso. I lavoratori sono un elemento molto importante. Il fatto che siano senza stipendio è un fatto certamente negativo ma mi sento di tranquillizzarli. Un teatro necessita di certezze di finanziamenti su base triennale. Noi abbiamo bisogno di un minimo contributo, ma che sia costante da parte della Regione affinché ci venga garantita quanto meno la copertura dei costi fissi.
Quanto tutto questo dipende dall’approvazione o meno dei bilanci d’esercizio 2014 e 2015?
L’approvazione del bilancio è un atto dovuto e indispensabile per migliorare la situazione finanziaria e per liberare quei fondi già stanziati. Stiamo lavorando su questo fronte e li porteremo in approvazione.
Ma come mai fino adesso non si è riusciti ad approvarli?
Quello del 2014 è un bilancio che per la per la prima volta deve essere redatto secondo nuove condizioni successivamente all’emanazione del decreto n. 118. Si tratta di un provvedimento molto tecnico che obbliga gli enti a impostare una contabilità economico finanziaria del tutto nuova e sulla base di un rigido sistema di riclassificazione e revisione di tutti gli atti relativi agli anni passati. Situazione economica e finanziaria dell’ente devono collimare, insomma. E’ un lavoro straordinario e complesso che richiede del tempo e delle competenze non indifferenti: ogni cartella deve essere riletta e vidimata. Il nuovo bilancio, – già redatto peraltro – deve sottostare, dunque, a queste nuove condizioni. Ma questo capitolo lo chiuderemo nel modo migliore.
Si sente di escludere, dunque, che questi mesi di attesa per i lavoratori aumentino? Insomma, che tipo di risposte ha avuto dalla Regione?
Ci auguriamo di no. Io sono sereno. La Regione sta a sua volta risolvendo i problemi del bilancio regionale. La situazione non è per nessuno facile. Certamente. L’assessore regionale Anthony Barbagallo dal canto suo ha mostrato grande interesse verso il Bellini. Quello che chiediamo ora alla Regione è una maggiore certezza nell’erogazione di contributi standard. Non si possono applicare ulteriori tagli. Siamo già passati da una quota di finanziamento di 21 milioni di qualche anno fa a 12 milioni dell’ultima finanziaria. Noi dal canto nostro, ci stiamo rimboccando le maniche attivando rapporti con soggetti terzi che ci consentono di fare massa critica: con il teatro Stabile; Accademia delle belle Arti; enti privati fra cui l’Orchestra della Rai; Il teatro San Carlo; il Massimo di Palermo; e poi città come Macerata e Jesi, fra le altre. Abbiamo già lavorato per la realizzazione del festival del Teatro Bellini e a un programma per i teatri in pietra fra Siracusa, Taormina e Catania. Tante collaborazioni che ci consentono di abbattere i costi per poter guardare al futuro non con angoscia ma con senso di responsabilità. I problemi ci sono, qui nessuno vuole nasconderli.
Cosa rappresenta per lei questo teatro e cosa l’ha spinta ad accettare un incarico così complesso?
Una bella sfida. Che sia difficile gestirlo è indiscutibile. Ma ci sono grandi energie positive qui a Catania. Vedo la città aperta e il teatro si sta aprendo a nuove categorie, come alle scuole e ai giovani. Io sono venuto da Roma qui a Catania proprio perché vorrei tanto che il Massimo Bellini di Catania tornasse a giocare un ruolo importante nel panorama internazionale. Il prossimo obiettivo è quello di cercare di stringere nuove alleanze anche con imprenditori interessati al rilancio del teatro Massimo Bellini.