Dolore, colpe e misteri | Borsellino, le risposte negate - Live Sicilia

Dolore, colpe e misteri | Borsellino, le risposte negate

Paolo Borsellino

Ventisei anni dopo la strage di via D'Amelio tra depistaggi ed errori della magistratura.

PALERMO – Il dolore merita rispetto, la ricerca della verità richiede risposte. Innanzitutto quelle alle domande di Fiammetta Borsellino sul depistaggio e sulle colpe della magistratura nelle indagini sulla morte del padre Paolo, dei poliziotti Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Emanuela Loi, Claudio Traina e Vincenzo Fabio Li Muli.

Sarà difficile trovarle, le risposte, se non si avrà il coraggio di mettere da parte la partigianeria e ammettere semplicemente che se qualcuno ha depistato, qualcun altro ha sbagliato. Poteva accorgersene e non lo ha fatto.

“Schiere di magistrati”, come le definisce Fiammetta Borsellino, hanno preso per buone le bugie di Vincenzo Scarantino, un picciotto di borgata che non aveva le “credenziali” per fare parte di Cosa nostra, eppure ha trovato terreno fertile quando si è spacciato per depositario della verità sull’eccidio di via D’Amelio. Adesso, secondo Fiammetta Borsellino, “è giusto che anche i magistrati rendano conto del loro operato”.

Perché si è creduto a Scarantino, perché Borsellino non è stato protetto com’era necessario, perché – e soprattutto come – sparì l’agenda rossa, perché l’ex pm e allora parlamentare Giuseppe Ayala ha fornito versioni contraddittorie sulla valigetta di Borsellino che la conteneva, perché i magistrati lasciarono che i poliziotti svolgessero in autonomia attività giudiziaria che loro stessi avrebbero dovuto coordinare, perché i pm non ascoltarono i colleghi e gli avvocati che li mettevano in guardia dall’errore?

Già, perché? Nessuno fino ad oggi, salvo qualche eccezione, ha ritenuto opportuno fornire delle risposte convincenti. Neppure i magistrati, dai quali era lecito attendersi persino delle scuse per i tanti processi imbastiti sulle bugie dei pentiti. Per la verità le scuse sono arrivate, ma solo dalle due sostitute procuratrici generali nel processo di Catania per la revisione degli ergastoli inflitti per errore. Non è stata una distrazione di massa, hanno scritto i giudici della Corte di assise di Caltanissetta, nella motivazioni del Borsellino quater, ma una mancanza di rigore nella valutazione delle prove raccolte da parte dei pubblici ministeri e dei giudici dei vari processi.

Si sbaglia, anche in buona fede. Si doveva e si poteva fare meglio e probabilmente oggi gran parte delle domande avrebbe avuto una risposta. Le conseguenze del depistaggio sarebbero state neutralizzate sul nascere e ci si sarebbe concentrati da subito per scoprire se davvero qualcuno tramasse nell’ombra.

Oggi è tutto più difficile, ma non impossibile. Bisogna, però, affrancarsi dalla partigianeria che ha finito per dividere persino chi è accomunato nel dolore più intimo per la perdita di un fratello e di un padre. Fiammetta Borsellino, nella sua costante ricerca della verità, ha invocato l’intervento del Csm per una valutazione sui magistrati che hanno avallato il falso pentito Scarantino. In varie occasioni Fiammetta ha citato il procuratore di Caltanissetta del tempo Giovanni Tinebra, l’aggiunto Anna Maria Palma e i sostituti Carmelo Petralia e Nino Di Matteo. Lo zio di Fiammetta e fratello di Paolo, Salvatore Borsellino, ha sentito il dovere di prendere le pubbliche difese di Di Matteo: “Ti chiedo scusa se qualche mio familiare ti ha accusato di essere coinvolto nel depistaggio Scarantino. Sono sicuro che per quel depistaggio sono altri i magistrati che debbono essere portati a processo. Quindi ti chiedo scusa per le amarezze che ti hanno portato queste incaute affermazioni che sono state fatte da membri della mia famiglia”.

Nessuno, neppure Fiammetta Borsellino, ha attribuito al magistrato responsabilità nel depistaggio. La storia personale di Di Matteo parla da sé.  La magistratura, però, non può essere immune dalle critiche. Lo zio ha parlato della nipote senza citarla per nome, confermando il solco che li divide. Un solco che diventa familiare e per questo impone lo stop sui motivi che lo hanno provocato. Oggi sarà giornata di commemorazioni, di partecipazione, di riflessione. Per le risposte bisognerà ancora aspettare.


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