Brancaccio, la dolce fiaccolata per padre Puglisi: ma Palermo c'era davvero?

Brancaccio, la dolce fiaccolata per don Puglisi: ma Palermo c’era davvero?

Due piazze. Una illuminata, l'altra più distante. Le parole dell'arcivescovo
L'ANNIVERSARIO
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PALERMO- Arrivano, a poco a poco, nella piazzetta di Brancaccio, lì dove un prete fu assassinato perché voleva cambiare la mente e il cuore di chi era prigioniero della mafia. E’ una serata dolce e serena. Una traccia che mette angoscia, sull’asfalto, indica il punto esatto un cui il corpo cadde, dopo gli spari. Arrivano, in questa sera di vigilia del 15 settembre, trentesimo anniversario dell’omicidio di don Pino Puglisi. Sono qui.

Qualcuno si concentra in preghiera davanti alla statua che lo raffigura. Mani giunte, palmi verso l’alto. La Chiesa ha chiamato a raccolta Palermo per una fiaccolata, in questo trentesimo 14 settembre. Ma Palermo c’è davvero? “Brancaccio intanto non c’è – dice Maurizio Artale, presidente del Centro ‘Padre nostro’ che continua una battaglia -. Ci sono i gruppi”. C’è il bellissimo popolo della fede e della speranza, una folla non piccola, convocato con un gesto paterno dall’arcivescovo, monsignor Corrado Lorefice. Suore dal volto radioso. Ragazze e ragazzi che traboccano di emozioni. E Palermo?

Le due piazze

Palermo intera chissà se c’è, nel senso delle singolarità non organizzate, più lontane, della città un po’ indolente che si osserva su un ipotetico schermo, che si lascia vivere. La piazza è come divisa a metà. C’è una zona luminosa, con quella collettività sorridente che si mette, con buffa tenerezza, in posa, per il servizio sui tg. “Sorelle, sorelle – dice una sorella -. Mettiamoci qui, accanto al giornalista”.

Non è voglia di apparire, solo la necessità di testimoniare con semplicità il mondo pulito che si conserva nell’anima. C’è poi la zona quotidiana, disabitata, che dà sulle case. Una tenda rossa, appena scostata, lascia intravvedere una piantina domestica sul davanzale. Dai balconi piovono sommessi bisbigli di cena, con una sparuta sinfonia di posate. Sull’ingresso di un portone una signora e un signore parlottano della complicata normalità dell’indomani. Sono due piazze distanti. Eppure, sono la stessa piazza.

Le parole dell’arcivescovo

Ecco don Corrado ed è già indicativa la disponibilità dell’arcivescovo a farsi chiamare con un nome che offre maggiore vicinanza. Sorride, abbraccia, ha una parola da scambiare con tutti. Infine, la riflessione ad alta voce, al cospetto dei taccuini. “Mi chiedete se Brancaccio c’è. Padre Pino Puglisi è presente attraverso noi. Noi dobbiamo porre i segni, proprio come diceva don Pino. Palermo, con il sangue versato dai martiri della giustizia e della fede, ha avuto modo di acquisire una coscienza civile, ma rientriamo anche nel quotidiano e nel feriale. Dobbiamo aprire un varco nel cuore”. Ecco l’annuncio della nuova parrocchia. Ancora un abbraccio fra don Corrado e Paul, un ragazzo del Ghana con una storia travagliata, accolto da Biagio Conte. Ecco il sindaco, Roberto Lagalla. C’è don Pino Vitrano, compagno di un indimenticabile viaggio e successore del missionario laico.

La fiaccolata

Don Maurizio Francoforte, parroco di San Gaetano, legge i verbali della cronaca. I killer che si avvicinano. Padre Pino Puglisi che si volta e che sorride. Una luce che si accende nell’imminente violenza, tanto da sgomentare perfino gli assassini. Pure le fiaccole vengono accese. Un popolo si mette in cammino per mostrare la forza che nessuna assenza può incrinare. Loro ci sono – questo è l’essenziale – e raccontano la città che non vuole arrendersi, mentre sfila sotto il cielo di Brancaccio.


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