"Bugie, documenti e firme false | Ciancimino jr. incline a mentire" - Live Sicilia

“Bugie, documenti e firme false | Ciancimino jr. incline a mentire”

Massimo Ciancimino

In aula la difesa dei tre ufficiali del Ros Mario Mori, Giuseppe De Donno e Antonio Subranni.

Palermo, processo trattativa stato-mafia
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PALERMO – Documenti taroccati e prodotti a rate, firme false, bugie: è il pesante ritratto della collaborazione con l’inchiesta sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia del principale teste del processo, Massimo Ciancimino, tracciato nel corso della sua arringa difensiva dall’avvocato Basilio Milio, legale dei tre ufficiali del Ros imputati in dibattimento, Mario Mori, Giuseppe De Donno e Antonio Subranni. Ciancimino, testimone e allo stesso tempo imputato, viene descritto dal difensore dei carabinieri come un bugiardo. Nella lunga discussione Milio riporta le relazioni della polizia scientifica che bollano di non autenticità alcune delle carte prodotte e i duri giudizi del tribunale che assolse i carabinieri dall’accusa di favoreggiamento mafioso in un processo, definito dal legale di Mori, “fotocopia” di quello sulla cosiddetta trattativa.

“Stiamo ripetendo in aula cose già oggetto di sentenze definitive” si è lamentato Milio secondo il quale la Corte dei Conti dovrebbe intervenire visti i costi del dibattimento. Lungo l’elenco dei documenti taroccati citato in aula: dalla presunta lettera a Berlusconi scritta dal padre di Ciancimino, don Vito, sindaco mafioso protagonista della prima fase della trattativa, ai pizzini del boss Bernardo Provenzano evidentemente redatti, per Milio, da un soggetto diverso del capomafia. “Sono scritti in un italiano perfetto – ha spiegato – a differenza di quelli a lui attribuiti con certezza”. “Ciancimino ha dimostrato – ha aggiunto – la sua tendenza a falsificare”. Per un falso in effetti il teste, sempre al processo trattativa, si trova a rispondere di calunnia dell’ex capo della polizia Gianni De Gennaro. Milio ha anche affrontato il tema della presunta mancata perquisizione a casa di Ciancimino voluta dall’Arma per evitare che venisse fuori da una cassaforte segreta il cosiddetto appello con le richieste del boss Riina allo Stato per fare cessare le stragi. Documento che, per i pm, si sarebbe potuto scoprire anni prima che Ciancimino lo portasse ai magistrati. Milio ha smentito i testi come l’avvocato Giovanna Livreri che, oltre a Ciancimino, parlano del papello definendoli bugiardi con inclinazione alla dietrologia. (ANSA).


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