Caltanissetta, l'inchiesta "mafia e appalti": colpo di scena

L’inchiesta “mafia e appalti”, colpo di scena sulle intercettazioni

Il giallo dell'annotazione del pm Natoli

PALERMO – È un vero e proprio colpo di scena quello nell’indagine che vede accusato di favoreggiamento a Cosa Nostra l’ex pubblico ministero antimafia palermitano Gioacchino Natoli. La questione “mafia e appalti” non smette di sorprendere.

Il foglio e il giallo

Il foglio in cui veniva ordinato di distruggere le intercettazioni e i brogliacci sugli imprenditori mafiosi Buscemi e Bonura sarebbe un prestampato usato in altre indagini.

Lo avrebbero scoperto i legali del magistrato, oggi in pensione. Secondo la Procura di Caltanissetta quel foglio sarebbe la prova del tentativo di Natoli di affossare le indagini. La scoperta della difesa, invece, farebbe emergere che si trattava di un provvedimento prestampato, all’epoca normalmente usato quando si archiviava o in casi definiti con sentenza. Una prassi, dunque.

I difensori di Natoli hanno trovato lo stesso documento in ben 62 altri procedimenti.

Le infiltrazioni mafiose

La Procura di Massa Carrara aveva scoperto le infiltrazione mafiose nelle cave in Toscana e aveva girato le carte a Palermo che, ed è questa l’ipotesi dei pm nisseni, avrebbero avviato un’indagine “apparente” archiviando in fretta l’indagine nel giugno del 1992.

Erano emersi i legami fra i costruttori mafiosi Buscemi e i Bonura, le imprese operanti in Toscana e il gruppo Ferruzzi ma furono considerati come normali “rapporti commerciali” nonostante già allora fosse nota la caratura mafiosa dei palermitani coinvolti.

Gli indagati

Sotto inchiesta oltre a Natoli, considerato l’esecutore materiale del presunto “insabbiamento”, ci sono anche il generale della finanza Stefano Screpanti (allora era il capitano che condusse le indagini) e Giuseppe Pignatone (oggi presidente del Tribunale vaticano, pure lui allora in servizio alla Procura di Palermo e considerato l’istigatore del piano assieme al deceduto ex procuratore di Palermo Pietro Giammanco).

Una volta archiviata l’inchiesta ci fu l’ordine di distruggere le intercettazioni e i brogliacci (le prime sono state recuperate, i secondo no).


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