Carceriere Di Matteo ai domiciliari| A casa per 6 mesi, ecco perché - Live Sicilia

Carceriere Di Matteo ai domiciliari| A casa per 6 mesi, ecco perché

Momentaneo differimento della pena

PALERMO – Uno dei carcerieri del piccolo Giuseppe Di Matteo (ucciso e il corpo sciolto nell’acido) per i prossimi sei mesi sarà detenuto nella sua abitazione siciliana. Come si arriva alla scarcerazione momentanea dell’ergastolano Cataldo Franco? In passato il detenuto, 84 anni, è stato trasferito a Milano Opera, uno dei pochi penitenziari attrezzati con un centro clinico efficiente per esigenze di cure.

Il magistrato di sorveglianza il 20 aprile scorso, accogliendo la richiesta degli avvocati Rosanna Vella e Claudia Naccari, ha concesso il differimento dell’esecuzione della pena per sei mesi. Significa che i prossimi centottanta giorni Franco li trascorrerà agli arresti domiciliari in Sicilia, a Geraci Siculo, in attesa che non ci sia più il rischio di essere contagiato dal Coronavirus. Se ciò avvenisse il detenuto, infatti, rischierebbe gravi conseguenze. Franco ha avuto due tumori e ora è in fase di follow-up. Altro non è un’attività clinica rivolta a persone che hanno avuto un’esperienza oncologica e ha bisogno di cure e controlli periodici.

Il magistrato di sorveglianza “alla luce dell’emergenza sanitaria in atto” ha ritenuto che la sua situazione clinica “impone particolari cautele nella gestione intramuraria al fine di preservare la sua salute” perché si teme che “l’eventuale contagio possa raggiungere altri detenuti allocati nella stessa sezione”. Una scelta, quella del differimento, presa “in relazione al numero di ristretti alla sezione di appartenenza allo stato non è possibile consentire al Franco di permanere in camera singola condizione che permetterebbe una maggiore tutela”.

Insomma, secondo il giudice, in questa fase il rischio è duplice: per Franco e per gli altri detenuti. Franco ha bisogno di uscire dal carcere per sottoporsi nelle strutture sanitarie lombarde a “terapie e controlli”. I contatti con l’esterno, in una regione falcidiata dal Coronavirus, aumentano il rischio di contagio per il detenuto. Qualora venisse contagiato, non potendo garantire il distanziamento sociale in carcere, la situazione diverrebbe rischiosa per tutti gli altri detenuti. Da qui il differimento per sei mesi dell’esecuzione della pena. Terminata l’emergenza si valuterà il rientro in carcere.


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