Caso Montante, reati prescritti per alcuni imputati

Montante: reati prescritti per alcuni imputati, “Boss alle nozze”

La comunicazione nel corso dell'udienza.
IL PROCESSO
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CALTANISSETTA – Prescritto il reato di truffa in concorso per l’ex leader di Confindustria Sicilia, Antonello Montante, per l’ex assessore regionale all’Industria Linda Vancheri e per l’imprenditore gelese Carmelo Turco. Cade anche l’accusa di simulazione di reato contestata a Carlo La Rotonda (reato per il quale Montante è stato assolto in appello) ed il favoreggiamento per Andrea e Salvatore Calì. A comunicarlo nel corso dell’udienza di questa mattina del maxi processo sul “sistema Montante”, che si celebra nei confronti di 30 imputati, il presidente del tribunale di Caltanissetta Francesco D’Arrigo. Solo l’ufficiale dei carabinieri Letterio Romeo, accusato di soppressione, distruzione o occultamento di atti pubblici o scritture private, ha rinunciato alla prescrizione.

Il racconto del maresciallo

“Durante gli accertamenti patrimoniali, da fonti confidenziali, venni a sapere che i testimoni di nozze di Antonello Montante e della moglie Antonella Ristagno, erano stati Paolino Arnone, il figlio Vicenzo, Antonino e Rosalia Lanzalaco”. Lo ha detto questa mattina il maresciallo dei carabinieri Giuseppe Francolino, all’epoca dei fatti alla Dia di Caltanissetta, deponendo al processo sul cosiddetto “Sistema Montante” che si celebra a Caltanissetta. Vincenzo Arnone era capomafia di Serradifalco. “Chiesi a due miei colleghi – ha continuato Francolino – di effettuare gli accertamenti. I registri dei matrimoni non si trovavano e quindi battemmo a tappeto le curie. Le nozze erano state celebrate il 23 dicembre del 1980. Poco dopo consegnai al capocentro Bonavita la mia relazione sulle indagini patrimoniali che avevo effettuato e lui apportò delle modifiche. Dopo aver corretto la mia relazione, secondo le sue indicazioni, la riconsegnai a lui ma non venne inviata in procura perché Bonavita voleva avere una maggiore cognizione sugli accertamenti patrimoniali e mi chiese di chiedere il supporto della Guardia di Finanza. Chiedemmo alla Finanza di segnalarci se emergevano delle situazioni che potevano ricadere nei compiti della Dia e di verificare se nel flusso di denaro, fossero emersi legami con la criminalità organizzata. Dopo oltre un anno, il 6 novembre 2009, ci arrivò una nota dalla Guardia di Finanza. Non avevano trovato nessuna irregolarità fiscale. Bonavita mi disse che l’indagine poteva essere chiusa non essendo emersi elementi di nostra competenza”. (ansa)


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