Montante e la "coltre fumosa sugli appoggi politici e istituzionali" - Live Sicilia

Montante e la “coltre fumosa sugli appoggi politici e istituzionali”

Antonello Montante
Cosa scrivono i giudici di appello

CALTANISSETTA – Da una parte le ipotesi di reato emerse nel corso delle indagini e del processo, dall’altra gli interessi superiori rimasti occulti. Si muove su due linee di ragionamento la motivazione della sentenza d’appello con cui Antonello Montante, nel luglio del 2022, è stato condannato a 8 anni di carcere per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e accesso abusivo al sistema informatico. In primo grado aveva avuto 14 anni.

L’accusa

Secondo l’accusa, l’ex leader di Sicindustria e referente per la legalità di Confindustria avrebbe compiuto attività di dossieraggio per colpire gli avversari. Nel contempo condizionava la politica regionale come un puparo che avrebbe lavorato nell’ombra. Insieme a lui erano stati condannati – accusati a vario titolo di corruzione, rivelazione di notizie coperte dal segreto d’ufficio e favoreggiamento – il capo della security di Confindustria Diego Di Simone (5 anni) e il sostituto commissario Marco De Angelis (3 anni e 3 mesi). Assolti, invece, il colonnello Gianfranco Ardizzone, ex comandante provinciale della guardia di finanza di Caltanissetta, che in primo grado aveva avuto 3 anni, e Andrea Grassi, dirigente della prima divisione dello Sco che aveva avuto un anno e 4 mesi.

“Rete di complici”

“Montante aveva attivato la sua rete di complici che gli consentivano di accedere alle banche dati della polizia per ottenere informazioni”, scrivono i giudici della Corte d’appello presieduta da Andreina Occhipinti. “Il primo appartenente a questa rete – si legge – era Diego De Simone Perricone, già appartenente alla polizia di Stato, assunto dalla Aedificatio Spa, su segnalazione di Montante, società che svolgeva servizi di sicurezza in favore di Confindustria nazionale. Di Simone Perricone, che non poteva più accedere alla banca dati si serviva di Marco De Angelis, in servizio alla squadra mobile di Palermo”.

“Raccoglieva dossier”

Montante “raccoglieva informazioni e le custodiva”, “ciò era noto nella sua cerchia e tra le persone a lui vicine, l’uso che ne avrebbe potuto fare era chiaro”, “plurime fonti riferiscono che egli si vantava di avere a disposizione dossier, pronti all’uso. In contesti per nulla occulti o riservati erano note non solo la sua capacità di influenza nelle più alte sfere degli ambienti istituzionali ed economici, non tanto del territorio, ma della Regione e del Paese. Ed era nota anche la sua complessa rete informativa”.

“Coltre fumosa”

C’è dell’altro però: “Dietro la coltre fumosa della locuzione ‘sistema’ – si legge nella sentenza – tanto spesso utilizzata anche in questo giudizio, nonostante sia più appropriata alla sintesi giornalistica che non all’analisi dei fatti tipici propria della giurisdizione, si perdono i percorsi che conducono ai più qualificati appoggi dei settori politici, istituzionali ed economici che hanno reso Montante una figura strategica con un ruolo di fatto e informale non classificabile nelle ordinarie e più trasparenti categorie della politica, dell’economia e delle istituzioni”.

Un ruolo che “egli avrebbe potuto assicurarsi solo se in sede locale fosse stato in grado di far leva su un suo personale potere di influenza, di condizionamento o di ricatto nelle dinamiche del territorio, ma che, proiettato in sede nazionale (e non solo), non poteva che trovare origine nella corrispondenza strategica tra il suo operato ed altri interessi e obiettivi”.

“Utile idiota”

“Egli poteva mostrare – scrivono ancora – la solida legittimazione a livello locale, vantando il consenso delle autorità e delle rappresentanze sul territorio, e a livello locale poteva guadagnare il consenso delle autorità e delle rappresentanze sul territorio, vantando l’appoggio dei vertici politici e istituzionali a livello nazionale. Egli, peraltro, nel suo interrogatorio, cercando di ridimensionare le sue indubbie abilita politico-relazionali, ha sostenuto di essere stato indotto ad assumere il ruolo che gli veniva riconosciuto dalle autorità”.

Egli stesso si è autodefinito un “utile idiota perché incentivato ad assumere una tale posizione”. Da chi? “Nemmeno lui ha voluto meglio precisare”. La pena è stata comunque ridotta non solo perché sono venute meno le accuse in concorso con Ardizzone, ma anche perché anello di un “sistema di potere più complesso”, di cui “era un attore senza esserne egemone motore”.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI