Catania, arresti, dichiarazione dei pentiti: il pestaggio per la droga

Mafia, arresti e dichiarazione dei pentiti: quel pestaggio per la droga

Lo scacchiere malavitoso e le frizioni

CATANIA – Così come accaduto già in altre inchieste, le indagini dell’operazione “Terzo capitolo” sono scattate sulla scorta di delle dichiarazioni rilasciate da diversi collaboratori di giustizia. Un vero e proprio resoconto dettagliato sull’attività criminale condotta dal clan Arena, in azione tra i viali del quartiere di Librino.

Il clan Arena era ritenuto parte del gruppo Nizza, affiliato alla famiglia mafiosa Santapaola-Ercolano. Tuttavia, le dichiarazioni dei collaboratori hanno rivelato che, nonostante le alleanze, il clan Arena mantiene una certa autonomia decisionale, soprattutto nel controllo delle attività di spaccio di stupefacenti. Lo scrive a chiare lettere il gip Stefano Montoneri in un malloppo di quasi seicento pagine dove viene ricostruita non soltanto la narrazione di un sistema che ha portato all’operazione eseguita ieri dalla Polizia etnea: ma che descrive anche passaggi, intrecci e tensioni maturate all’interno del clan.

L’indebolimento dei Nizza

Le indagini sono state caratterizzate dagli effetti di eventi cruciali come l’arresto di Andrea Nizza o l’esecuzione delle operazioni “Carthago” e “Carthago 2”, che hanno indebolito il gruppo Nizza e influenzato la struttura del potere mafioso a Catania.

Nel periodo successivo al 2015, con l’indebolimento del gruppo Nizza, il clan Arena ha consolidato la propria autonomia, creando e gestendo indipendentemente le proprie piazze di spaccio nonché sviluppando risorse e infrastrutture proprie. Le dichiarazioni di Filippo Scordino e Salvatore Scavone hanno fornito ulteriori approfondimenti sull’organizzazione e le operazioni del clan Arena. 

Testimonianze che hanno aiutato a tracciare un quadro più chiaro della natura e dell’estensione delle attività criminali del clan, compreso il loro ruolo nel traffico di stupefacenti e il possesso di armi. 

Lo spaccio a Viale Moncada

La piazza di spaccio controllata dalla famiglia Arena e situata in viale Moncada 13 ha rappresentato un punto focale delle indagini. Questa area di spaccio si distingue per la “sua organizzazione meticolosa e per la presenza di un sistema di controllo e sorveglianza ben strutturato. Il luogo di spaccio si trova in un sito facilmente controllabile operante tutto il giorno con una suddivisione di orari specifici e pusher organizzati in turni”. Gli acquirenti beneficiano di un luogo discreto e sicuro per acquistare e talvolta consumare stupefacenti. La piazza offre droga in qualsiasi momento del giorno e della notte e garantisce spacciatori affidabili.

L’organizzazione criminale dietro la piazza gestisce gli approvvigionamenti di droga e il ritiro degli incassi giornalieri, che vanno al “capo piazza” o a un suo uomo di fiducia. Il controllo del territorio è facilitato da “vedette” con ricetrasmittenti e cellulari, oltre che da sistemi di video-sorveglianza.

Questo permette di monitorare l’arrivo delle forze dell’ordine e di organizzare gli approvvigionamenti in sicurezza. I residenti del quartiere, spesso estranei alle dinamiche criminali, sono costretti all’omertà per timore di ritorsioni, nonostante l’evidente attività criminale. All’interno dell’organizzazione, esistono ruoli definiti come vedette, custodi, pusher, esattori.

I capi determinano le strategie commerciali, la suddivisione dei profitti e il pagamento degli “stipendiagli associati. La piazza di spaccio è spesso al centro di conflitti con altre organizzazioni criminali, a volte sfociati in atti di violenza, anche letali. L’accesso alle armi da fuoco da parte dei gruppi criminali aggrava ulteriormente la situazione. Esiste un collegamento diretto tra la piazza di spaccio e le organizzazioni mafiose, che traggono profitto sia direttamente come capi della piazza, sia indirettamente come fornitori.

Il pestaggio per la droga

Ma non mancano gli scontri fra i sodali. Come nel marzo del 2022 con un confronto teso tra gli arrestati e protagonisti del blitz “Terzo capitolo” di ieri: Marco Turchetti e Matteo Cosenza all’ingresso del portone di un edificio, alla presenza di Angelo Patanè e Carmelo Alessio Guerra. 

Cosenza, visibilmente scosso, si tocca il viso con la mano destra, segno che era stato precedentemente aggredito all’interno dell’androne condominiale da Turchetti. Poco dopo, Turchetti fa rientrare Cosenza nell’androne, dove continua il pestaggio. L’aggressione da parte di Turchetti è motivata dalla convinzione che Cosenza sia responsabile del cattivo andamento della piazza di spaccio. Durante l’aggressione, oltre a Turchetti, Patanè e Guerra, è presente anche un certo “zio Franco”, addetto alle pulizie.

Dopo aver picchiato Cosenza, Turchetti lo minaccia con toni gravi, facendo riferimento anche alla famiglia di Cosenza: “…ti conviene che sparisci… tanto ti veniamo a cercare… se tu non ti fai trovare ce la prendiamo con tua mamma… adesso vedrai come siamo cattivi veramente… tu la mala vita non l’hai conosciuta mai, adesso vedrai cosa significa… se tu da domani sparisci ci va di mezzo tua mamma ed a te ti veniamo a cercare anche se ti nascondi nel buco più piccolo… nel posto più piccolo dove ti nascondi ti veniamo a prendere….“.

Le altre minacce

In seguito, Turchetti minaccia di mandare due suoi uomini a cacciare violentemente la famiglia di Cosenza dalla loro casa, in caso Cosenza non segua gli ordini impartiti, sottolineando il suo controllo totale sull’edificio: “…te lo giuro sulla vita dei miei figli che non li devo vedere crescere, ti vengo a cercare anche nel buco più piccolo del mondo e se tu sparisci ci va di mezzo tua mamma e le tue sorelle. Li butto fuori di casa e mi prendo la casa. Potete chiamare Polizia e ‘malandrini’ ve ne potete andare via, lo stai capendo? Iniziando da adesso rimani qui come un ‘cesso’ a lavorare senza soldi ed appena sparisci ci va di mezzo tua mamma… sai cosa faccio? mando quei due lì sopra a tua mamma la faccio volare dal balcone e le tue sorelle li faccio scendere dalle scale… li butto a tutti fuori all’acqua ed al vento…”. 


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