Catania, clan e voti, l'intercettazione che è "manuale dell'impresa mafiosa"

Clan e voti, l’intercettazione che è “manuale dell’impresa mafiosa”

La requisitoria del processo Picaneddu lancia un campanello d'allarme di grande attualità

CATANIA. Gli strumenti a disposizione degli investigatori sono molti. Sofisticati ed efficaci. Ma alcune volte per poter arginare un fenomeno come quello dell’inquinamento mafioso di una competizione elettorale non bastano le intercettazioni. Servono riscontri palesi, prove concrete. Gli indizi sono insufficienti per l’azione penale. Ma sicuramente alcune emergenze investigative che non finiscono in un procedimento giudiziario possono essere un campanello d’allarme che può avere una chiave preventiva e non per forza repressiva.

Nella requisitoria del processo abbreviato Picaneddu, raccontata da LiveSicilia con le richieste di pena degli imputati, viene citata più volte dai pm una intercettazione dove si comprende – a dire dei due magistrati – che il clan Santapaola gruppo di Picanello stesse “appoggiando” dei candidati di un “Comune” (rimasto ignoto). I due interlocutori sono Enzo Dato e Giuseppe Russo, per un periodo ai vertici della cellula mafiosa ai confini con il borgo marinaro di Ognina. I due – descrive il pm Rocco Liguori – “si mostravano preoccupati per la possibilità di perdere un affare di 200.000 euro, la cui riuscita dipendeva dalla vittoria elettorale di soggetti che loro stavano appoggiando in un Comune della provincia di Catania”. Sempre citando le esternazioni incriminate la pm Lina Trovato dichiara: “La si parla di elezioni… è anche interessante questa conversazione, come prima accennava il collega, perché non si parla di soggetti che dovranno vincere le elezioni come potremmo commentare noi, se sale questo, se sale quello… “Se non saliamo, se non saliamo”, diciamo l’apparentamento con alcuni soggetti che si sono candidati è talmente stretto che viene utilizzata la prima persona plurale, perché appunto non c’è soluzione di continuità tra i soggetti candidati e il clan mafioso che li ha sostenuti”. E un altro granello in questa direzione arriva da altre captazioni: “Carmelo Russo (imputato) riferiva – spiega la magistrata al gup – a Dato di un incontro che doveva avere Testa per un problema attinente a comunali votazioni e bollettini, questa ovviamente va ancorata al discorso “se saliamo noi…”, al fatto che il gruppo mafioso stesse spalleggiando, per utilizzare appunto un eufemismo, alcuni candidati, non meglio chiariti, non meglio identificati”.

Le parole della pm sono molto esaustive. Ma questi sono solo uno stralcio delle conversazioni analizzate, perché in quei dialoghi si parla anche di altro tipo di affari illeciti. Per Lina Trova sono “se volessimo ecco diciamo pensare a un’immagine un po’ un manuale della gestione dell’impresa mafiosa… del sodalizio mafioso, perché vengono toccati tutti i settori possibili e immaginabili, affari, recuperi crediti, elezioni, rapporti con gli altri clan, stupefacenti…”. Ecco come una requisitoria non diventa solo una lettura chiusa a un processo, ma aperta a una riflessione oggi attualissima. Anche – e soprattutto – in vista dell’appuntamento del prossimo 25 settembre.


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