Chiamare Piero per scordare Saro | Presidente Grasso, non stia al gioco - Live Sicilia

Chiamare Piero per scordare Saro | Presidente Grasso, non stia al gioco

Una lettera al Presidente del Senato, di cui tanto si parla come possibile candidato dei soliti noti.

Caro Presidente Grasso, per piacere, non lo faccia. Gli uomini possono perdersi  – come Faust – per un’ambizione, per una suggestione, per una seduzione. Ma lei non lo faccia. Non ceda al richiamo di una politica ipocrita che vorrebbe utilizzare la sua storia come tappabuchi del rovinoso Crocettismo.

Li vede? Li ha visti? Sono tutti lì. Hanno assistito, impassibili, allo sfacelo. Hanno voltato il viso davanti alle lamentele dei siciliani. Hanno preservato ruolo e prebende nonostante la disperazione altrui. Sono stati complici di una linea. E recitano da innocenti. E vorrebbero arruolare lei, tramite candidatura santissima, offerta dal tabernacolo della purezza e della legalità, per tappare quel buco, per farsi dimenticare, per andare oltre con un oplà, con un numero da circo e restare al comando con qualsiasi tempo.

Chi mai e con quali argomenti avverserebbe Piero Grasso, se decidesse di scendere in mischia? Ecco lo stratagemma per esorcizzare il grillino alle porte. Solo che il buco è appunto una voragine. Come potrebbe pensare lei di essere il servente di una tale e spericolata manovra? Come potrebbe diventare lei la sella che mantiene lassù coloro che meritano di sprofondare (politicamente, beninteso) e di essere dimenticati?

La storia del Crocettismo, in fondo, è semplice e semplicemente, con la semplicità di una catastrofe, sarà narrata nei secoli dei secoli. Un presidente non all’altezza, ma capacissimo di provvedere alle esigenze (politiche, beninteso) del suo cerchietto magico. Una platea di sostenitori interessati che l’ha sorretto con astuzia, perché voleva il regno di un re travicello, mentre con l’altra mano sfregiava la sua labile corona.

Giorni di affari (politici, beninteso), portati a compimento, di mattina, e, la sera, il comunicatino stampa contro il governatore sodale. Lo tenevano a Palazzo d’Orleans e poi lo mascariavano, imprudenti e convinti dell’altrui imbecillità, certi di poterne ricavare un guadagno raddoppiato. Una puntata sul tavolo del disprezzo, una puntata nel sottoscala delle convenienze.

Ora, Caro Presidente, che c’entra lei con questa vicenda intrisa di miseria? Lei, col suo equilibrio, talvolta intessuto di felpato cinismo, come usa, ma sempre nel calco di una figura ‘alta’. Lei, il procuratore che ha arrestato Provenzano, Lei, il presidente del Senato. Lei vuole essere ricordato – si ricorda sempre l’ultima parte in tragicommedia – come il panno variopinto, la pezza inefficace sull’abisso? Davvero lei si trasformerebbe in colui che venne dopo Saro, al guinzaglio di un inganno così evidente da risultare spudorato? Ecco l’impostura spacciata come prodotto del cambiamento, nella più serena continuità, perché identici sarebbero i servi di scena che brulicano dietro ogni rivoluzione finta.

Caro Presidente, oltretutto, lei era amico di Giovanni Falcone, un amico vero e disinteressato. L’antimafia l’ha vissuta sulle trincee. La vera  antimafia, non il suo riflesso ingannevole. Vorrà mai portare con sé – perché fatalmente accadrebbe per simbolica opportunità – i cari nomi di Giovanni e Paolo a Palazzo d’Orleans? E non sarebbe uno sfregio condurre quelle dolcissime e indimenticabili trasparenze nel luogo in cui, un minuto prima, passeggiava l’antimafia disegnata quale caricatura di sé? L’antimafia che si fa roba di consenso e che si traduce in retorica. L’antimafia delle carriere, delle accuse brucianti contro gli avversari, dell’intransigenza che immancabilmente si ferma davanti ai ‘vicini’ per attaccare sempre gli altri.

Caro Presidente Grasso, conosciamo la sua buonafede. Lei si sacrificherebbe, forse, per i siciliani, per salvarli, per ripararli dopo lo sfascio. Sarebbe il prodotto di un civismo magari autentico, non delle contraffazioni in servizio permanente effettivo che circolano. Ed è una seduzione faustiana con una logica compiuta, con un sentimento forte che la nutre. Ma, a questo punto, la sola salvezza è la verità. Il solo approdo è la distanza. La sola moralità è la differenza. Si deve sapere chi sta con chi. Chi starà con quelli che hanno ingoiato la Sicilia. Chi ne rifiuterà le offerte da mercanti con algido sdegno.


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