"Chiamatemi Valeria, | un giorno sarò donna" - Live Sicilia

“Chiamatemi Valeria, | un giorno sarò donna”

Processo per lo sfruttamento dei trans: le testimonianze
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Rosario ha sempre saputo di essere Valeria, si è sempre sentito una donna, a dispetto del suo corpo e dell’anagrafe. E, da quando ha compiuto diciotto anni, ha smesso di nascondersi. Anche se vive a Caccamo, un piccolo centro della provincia di Palermo, dove “tutti, a parte qualche amico sincero, mi guardano male ed ho difficoltà a trovare lavoro”. Oggi ha 26 anni, lunghi capelli neri, lo sguardo reso più intenso da matita e mascara, la bocca più carnosa da un po’ di rossetto. “Guardami – dice indicando il suo reggiseno imbottito – nessun intervento chirurgico, solo ormoni. Non ho bisogno di soldi per ritoccarmi e non mi sono mai venduta”. Anche se qualcuno avrebbe voluto costringerla a farlo, usando botte e minacce. “Dopo mesi di angoscia – racconta – ho deciso di denunciare”. Valeria (alias Rosario Castelli) è infatti una delle principali voci accusatrici di Monica Camilla Perez, attualmente sotto processo per lesioni, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione.
“Se proprio avessi dovuto vendermi – puntualizza – non sarebbe stato certo per pagare un dazio alla Perez. Per fortuna posso contare sulla mia famiglia, che mi ha sempre aiutata, sul mio fidanzato. Un giorno, quando avrò la possibilità, farò l’intervento definitivo, ma non troverò i soldi necessari prostituendomi, questo è sicuro”.  Accanto a lei c’è sua madre, una signora di 56 anni col volto segnato da tante paure. Lei per prima, capendo che suo figlio stava male, si è rivolta ai carabinieri ed ha poi spinto Rosario a fare altrettanto. Lei a sostenerlo sempre, anche tra mille difficoltà. “E’ mio figlio – spiega – maschio o femmina, è sempre mio figlio. La sua scelta l’ho accettata, sì…ma in fondo è una pillola che non riesco a mandare giù. Il prezzo da pagare è troppo alto: i parenti si sono allontanati, nessuno gli dà lavoro. E poi questa storia infernale che ci ha portate in tribunale”.
La signora è stata sentita qualche giorno fa come testimone ed in aula ha raccontato “l’esasperazione di una mamma”, ha descritto “l’inferno che c’era a casa nostra”, i dubbi che l’attanagliavano e che sembravano trovare conferma in particolare in un sms (“Mi hai rovinato la vita e ora devi fare la p… per me”), che sarebbe stato inviato dalla Perez a suo figlio. “Ha tentato diverse volte il suicidio – ha spiegato al pm – e in quel periodo era sempre nervoso, lo vedevo agitato, preoccupato. Riceveva strane telefonate, poi si vestiva ed usciva di corsa, senza dire nulla. Più di una volta ho notato dei lividi sulle sue braccia, sulle sue gambe…Insistevo perché mi parlasse, mi dicesse cosa gli stava succedendo, ma lui tergiversava. Cercavo di carpire qualcosa di nascosto, ascoltavo le sue chiamate e un giorno mi ha parlato di questa Camilla, mi ha riferito di quel messaggio che aveva ricevuto. A casa, poi, arrivavano telefonate per nulla gentili…Ma mi diceva che usciva con amici, conosciuti tramite questa Camilla. Se si prostituiva davvero – ha detto al magistrato – non lo so, davvero non lo so, ma nella testa di una madre passano tante idee…quando i figli sono fuori, chi può sapere cosa fanno? Ero esasperata, come mamma, non ce la facevo più, così ho chiesto aiuto ai carabinieri”.
Ora sono unite più che mai Valeria/Rosario e sua madre, decise ad andare fino in fondo. “Sono felice così – dice semplicemente il ragazzo – non ho bisogno di vendermi, neanche sotto minaccia. Mi sono sempre sentita una donna e un giorno lo diventerò davvero”. Sua mamma lo guarda, lui che si sente se stesso solo da quando, al di là dei pregiudizi e delle difficoltà, è Valeria. Dice senza mezzi termini che “no, per l’intervento io non ti aiuto…per questo no”. Le brillano gli occhi: “Troppo alto il prezzo da pagare…allora meglio restare come si è”.


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