Due acquedotti ma niente acqua |Perché Messina è rimasta a secco - Live Sicilia

Due acquedotti ma niente acqua |Perché Messina è rimasta a secco

Il mensile "S" racconta i retroscena della crisi idrica che ha tenuto sotto scacco la città dello Stretto: negli anni Cinquanta fu costruito un secondo impianto, ma le sue condotte si fermano a Giampilieri e lì versano il liquido in un torrente. Motivo? Un intreccio burocratico. CLICCA QUI PER ACQUISTARE IL MENSILE

Dal mensile "S"
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Una crisi idrica che rimarrà a lungo nella memoria storica di Messina. Una frana investe l’unico acquedotto che fornisce acqua in città, l’ormai noto acquedotto di Fiumefreddo. Per questo Messina resta senz’acqua: 245 mila abitanti rimasti a secco per tre settimane circa. Si poteva evitare? Il rimpallo di responsabilità è stato il teatro quotidiano dell’emergenza che ha investito lo Stretto. Ma a bocce ferme qualche certezza rimane. Manuela Modica ne racconta la storia nel nuovo numero di “S”, in edicola da ieri in Sicilia occidentale e da domani in quella orientale: la città ha realizzato due acquedotti e ne utilizza soltanto uno. L’altro è quello dell’Alcantara, sorgente che ha origine nella riviera jonica messinese e la attraversa per arrivare al capoluogo.
Su quest’ultimo si sofferma la ricostruzione pubblicata su “S”: l’acquedotto dell’Alcantara viene progettato dagli ingegneri messinesi Domenico Galatà e Orazio Di Bella, entrambi in forza all’allora Civico Acquedotto. Il progetto è messo nero su bianco a fine anni Cinquanta. I lavori invece verranno terminati nel 1967. Deve servire i comuni della riviera jonica messinese, appunto capoluogo compreso. Non sarà così: la gestione viene infatti affidata all’Eas e poi a Siciliacque, e per questo i costi dell’approvvigionamento idrico per Messina lievitano fino a 1.200 lire per metro cubo d’acqua, ovvero 60 centesimi, integrati con gli aggiornamenti Istat fino alla quota di 69 centesimi. Troppo, per l’azienda che gestisce il servizio idrico nel capoluogo.
A questo punto la Regione viene in aiuto di Messina, impegnando otto milioni di euro per supportare i nuovi costi dell’Amam. Un contributo decrescente dal 2004 al 2009: cioè la Regione ha pagato la tariffa di Siciliacque assieme al Comune di Messina, inizialmente al 50 per cento, via via decrementando il contributo fino al suo azzeramento nel 2009. Anno in cui l’Amam azzera l’approvvigionamento dall’Alcantara, restando con l’unico acquedotto di Fiumefreddo.
Siciliacque dunque fornisce da allora il servizio per i comuni della riviera (Gaggi, Castelmola, Taormina, Graniti, Forza d’Agrò, Sant’Alessio, Furci Siculo, Roccalumera, Casalvecchio Siculo, Savoca, Nizza di Sicilia, Alì Terme, Itala, Letojanni, Gallodoro, Santa Teresa e Scaletta Zanclea), fino all’ultimo centro prima che inizi Messina, cioè Giampilieri. Qui l’acqua rimanente dell’Alcantara viene riversata sul torrente: “Non è acqua che buttiamo, è il naturale corso della sorgente”, spiega il direttore generale di Siciliacque Franco Boccadutri.
Dopo la crisi idrica dei giorni scorsi, la città è tornata a regime solo grazie alla fonte dell’Alcantara che fornisce adesso 250 litri al secondo circa, assieme alla fonte primaria di Fiumefreddo che è attualmente in funzione grazie al bypass ma ridotta a 650 litri circa (in regime di normalità sarebbe 970). “Abbiamo fornito il nostro servizio senza menzionare tariffe”, specifica Boccadutri. Insomma: intanto c’è il rattoppo. Ma il contesto rimane: una città con due acquedotti, ma senza acqua.

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