Cosa nostra, il gruppo del Villaggio |Guerre di potere e sangue - Live Sicilia

Cosa nostra, il gruppo del Villaggio |Guerre di potere e sangue

Una fotografia mafiosa della roccaforte di Cosa nostra catanese tornata alla ribalta dopo il blitz Capolinea.

assetti mafiosi
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CATANIA – È da sempre stata una delle roccaforti più forti dei Santapaola-Ercolano a Catania. Il Villaggio Sant’Agata, cerniera con la zona sud della città, l’aeroporto e il cimitero. Un fortino di Cosa nostra che controllava il potere anche nel rione Monte Po. E da quanto è emerso nel blitz Capolinea della Squadra Mobile di Enna  avrebbe anche “voce in capitolo” sugli affari a Librino, in fatto di estorsioni. Angelo Tomaselli, un cane sciolto della mafia, sarebbe – secondo la magistratura nissena – il punto di riferimento del gruppo del Villaggio per racimolare i soldi degli estorsioni a Catania. La cosa sicura – secondo i pm – è che Tomaselli è il contatto con l’uomo d’onore di Enna, Turiddu La Delia. Quello che aveva il ruolo di “ministro degli affari esteri”. Insomma quello “specializzato” a trovare “l’amico buono” dove serviva, anche fuori dal territorio della famiglia di Enna.

Un blitz che si è incrociato con un arresto per cumulo pene passato quasi sottotraccia avvenuto nei giorni scorsi. Filippo Scalogna è finito in manette il 2 marzo scorso. Il suo nome non è uno qualsiasi. È inserito nella squadra del Villaggio Sant’Agata nella mappa documentata nell’indagine Fiori Bianchi, quella nata dalle dichiarazioni del super pentito Santo La Causa. Un ruolo all’interno del gruppo che nasce anche da un legame familiare con il boss, ucciso nel 2009, Raimondo Maugeri. Pochi mesi fa sono state depositate le motivazioni del processo d’appello Revenge 3, stralcio ordinario. In quelle pagine la Corte d’Assise d’Appello ripercorre le accuse e i verbali dei pentiti che hanno portato alla conferma dell’ergastolo (in secondo grado) per Girolamo Ragonese (Gino U Biondu). Un omicidio che ancora oggi presenta misteri.

Filippo Scalogna, quindi, era libero fino a pochi giorni fa. Ed è facile pensare che ha avuto un ruolo in questa stagione mafiosa dove i boss che contano sono tutti dietro le sbarre. Scalogna, forse, avrebbe coperto un vuoto di potere. Che adesso, con il suo arresto, è tornato sguarnito. Non è uno che “conta” nel quartiere. A livello mafioso. Non è un personaggio di rango. Ma quando gli uomini d’onore sono in carcere, si cerca di mettere ordine negli affari con “qualcuno di famiglia”.

Un quartiere storicamente con il marchio degli Ercolano. Santo Battaglia, detenuto da tempo, è il capo storico e indiscusso del quartiere. L’erede è stato Raimondo Maugeri, ammazzato. Dopo di lui Giuseppe Rizzotto. Un altro boss ammazzato. Per il suo assassinio rischia l’ergastolo Orazio Magrì. Un destino di sangue sembra accomunare gli uomini che hanno ricoperto il ruolo di capo del Villaggio. In quell’appuntamento con la morte, i pentiti raccontano che Rizzotto era accompagnato da Angelo Mirabile, “u poccu”. Quello che probabilmente dopo la sparizione di Rizzotto, detto “u ciareddu”, ha preso le redini della squadra del Villaggio. Un’omicidio questo che ha nello sfondo la storica faida interna tra i Santapaola e gli Ercolano. Una guerra che parte nel 2004, con l’agguato ad Alfio Mirabile. Questa però è un’altra storia. Intanto il Villaggio Sant’Agata – come emerge dalle ultime inchieste – torna ad essere protagonista negli assetti mafiosi catanesi.

 

 

 


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