Covid, ospedali e rete: una proposta per il futuro - Live Sicilia

Covid, ospedali e rete: una proposta per il futuro

La pandemia da Covid ha colpito profondamente il nostro Servizio Sanitario Nazionale. Cosa fare.
L'INTERVENTO
di
6 min di lettura

Una proposta per la riforma del Servizio Sanitario Nazionale: l’holding delle Arnas, la rete degli Ospedali Nazionali

La pandemia da Covid ha colpito profondamente il nostro Servizio Sanitario Nazionale, lo ha scosso sin dalle fondamenta.

Ha aggredito in modo indifferenziato strutture, organizzazioni e sistemi regionali, non risparmiando niente e nessuno, mostrandone tutti i limiti; ha così travolto l’odioso paradigma che distingueva regioni buone e regioni cattive, regioni virtuose e regioni “canaglia”, brandito fino a ieri per accreditare interventi destinati ad amplificare le diseguaglianze tra Nord e Sud.

Dinanzi al repentino diffondersi della pandemia le Regioni sono andate in ordine sparso a fronte dell’indifferibilità di una strategia e di una risposta unitaria e dell’eroico e ammirevole impegno profuso da tutto il personale della sanità, a cui va la gratitudine di tutto il paese.

Sono ancora molti gli interrogativi che si addensano sulla capacità di risposta del sistema sia con riferimento ai gravi effetti della pandemia sia alla possibilità di ripristinare efficacemente le normali e ordinarie funzioni di assistenza e di cura dei pazienti, assicurando l’equità, l’universalità e l’uguaglianza nell’accesso,

E’ comunque necessario indirizzare il governo della Sanità verso obbiettivi di modernizzazione sfruttando con efficacia e completamente le opportunità offerte dal PNRR.

In tale contesto, nel quale si avverte l’esigenza di una forte spinta riformatrice per non disperdere il valore inestimabile del nostro sistema sanitario pubblico e per rinsaldare la fiducia dei pazienti, è giunto il momento per riconsiderarne l’assetto strutturale, oggi articolato su 21 sistemi, 20 regionali ed uno provinciale.

Pur costituendo un tema complesso e politicamente arduo, anche per le ricadute costituzionali, urge rivedere la ripartizione delle competenze fra stato e regioni per rendere effettiva l’omogeneità dei livelli di assistenza nelle diverse parti del paese e per impedire che la qualità delle prestazioni sanitarie sia condizionata dal fattore territoriale della residenza; occorre ridefinire un contesto di regole per un rapporto di collaborazione fisiologica e non di contrapposizione (spesso conflittuale) tra Stato e Regioni finalizzato ad assicurare l’unitarietà del sistema senza penalizzare l’autonomia delle regioni, attuando armonicamente decentramento e responsabilità, i due capisaldi del federalismo.

Se è vero che con la Riforma del 2001 del Titolo V della Costituzione la TUTELA della SALUTE (Art. 117) è materia di legislazione concorrente tra Stato e Regioni, è anche vero che compete allo Stato, ex art.117 lett. M, la legislazione esclusiva e primaria nella “determinazione dei livelliessenziali concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorionazionale”.

La ricaduta di tale principio costituzionale sta proprio nel ruolo del Ministero della Salute, chiamato istituzionalmente a “garantireatuttil’equitàdelsistema,laqualità,l’efficienzaelatrasparenza” e ad “evidenziarelediseguaglianzeeleiniquità,promuovendolerelativeazionicorrettiveemigliorative,collaborandoconleRegioninellavalutazioneenelmiglioramentodellerealtàsanitarie”.

Oggi, a seguito della pandemia, è più che mai necessario che tali funzioni di coordinamento siano svolte con la massima efficacia, energia ed intransigenza.

D’altra parte, la tutela della salute, al pari delle altre funzioni fondamentali dello Stato (sicurezza, ordine pubblico, giurisdizione, istruzione, economia) esige una precisa matrice unitaria che è stata innegabilmente compromessa dal modo in cui è stato applicato nel nostro paese il federalismo sanitario.

Ora, nell’attesa che maturino le condizioni politiche per la revisione della Costituzione nella materia della organizzazione del sistema della tutela della salute, possono essere attuati, a livello di normazione primaria e secondaria, mirati interventi per riaffermare concretamente l’unitarietà del sistema sanitario nazionale e l’effettività dei suoi principi costitutivi, anch’essi di matrice costituzionale, spesso soltanto sbandierati.

In tale ottica si iscrive coerentemente la proposta di definire una nuova organizzazione delle ARNAS, le aziende sanitarie ospedaliere di rilievo nazionale e di alta specializzazione individuate dalle regioni e costituite ai sensi del D. Lgs. n. 502 del 30 dicembre 1992, oggi presenti sul territorio della maggior parte delle regioni in numero di 40.

Si tratta di mettere a sistema la loro operatività di aziende capaci di offrire un set di prestazioni di alta specializzazione di rilievo ultraregionale, configurando, con le opportune connessioni strutturali e funzionali, un’articolazione organizzativa e gestionale unitaria sotto la direzione e, comunque, l’effettivo coordinamento del Ministero della Salute.

Un network aziendale, dunque, ad alta specializzazione e ad alto contenuto di innovazione tecnologica costituito all’esito di un processo di riorganizzazione in holding delle 40 ARNAS.

In tal modo si darebbe vita ad una nuova ed innovativa rete sanitaria ospedaliera nazionale, ovviamente non sostitutiva ma fortemente complementare delle singole realtà regionali, con organizzazioni, strumentazioni, servizi, procedure, prestazioni, standars qualitativi finalmente caratterizzati da un’impronta comune, omogenea ed uniforme.

La prima ricaduta si avrebbe sul fenomeno, di proporzioni non più accettabili, della mobilità passiva la cui causa principale è certamente quella della frammentazione dell’offerta sanitaria: ogni anno vi è un importante flusso di mobilità passiva dal Sud verso poche regioni del Nord per prestazioni di alta specialità che genera molti disagi, costi sociali e soprattutto incide negativamente sul rapporto fiduciario che deve esserci tra l’utente e il proprio servizio sanitario regionale.

In tale ottica, la rete nazionale delle Arnas avrebbe l’effetto di infrenare strutturalmente la mobilità per quel tipo di prestazioni; e ciò perché quello che, per esempio, è offerto in un’Arnas di Milano, sarebbe offerto con le stesse caratteristiche qualitative, di efficacia ed appropriatezza, dall’Arnas di Palermo, trattandosi di meri punti di una stessa rete, facendo venire meno l’interesse del paziente a spostarsi dal proprio territorio.

Neppure sul piano economico sarebbe configurabile alcuna “mobilità” in quanto la rete degli ospedali nazionali verrebbe finanziata direttamente con una pertinente quota del Fondo Sanitario Nazionale e, dunque, le prestazioni offerte non ricadrebbero più nel sistema TUC, la tariffa unica convenzionale, con il quale le regioni hanno regolato la compensazione interregionale della mobilità sanitaria.

Al Ministero della Salute dovrebbe competere la gestione della holding ed il coordinamento operativo della rete degli ospedali, d’intesa con le regioni, provvedendosi in tal senso:

  • alla nomina dei vertici amministrativi ed aziendali delle singole Arnas, da individuarsi in un apposito albo
  • alla predisposizione di comuni percorsi formativi di tutto il personale impiegato, sanitario e amministrativo
  • a garantire la possibilità dello scambio e della mobilità del personale all’interno della rete
  • a favorire il costante scambio informativo di dati, procedure, risultati tra tutti i punti della rete
  • ad avviare e gestire l’informatizzazione e digitalizzazione delle procedure e dei servizi dell’intera rete
  • alla predisposizione degli apparati strumentali in modo conforme a tutte le realtà regionali, tenuto conto dei bacini di utenza
  • a conformare, anche dal punto di vista edilizio ed architettonico, le singole strutture avviando il relativo processo di standardizzazione per la riconoscibilità dell’“Ospedale Nazionale”
  • a gestire i finanziamenti non rinvenienti dal FSN, a cominciare da quelli del PNRR

Si tratta di un’idea che merita certo ulteriori momenti di riflessione e di elaborazione tecnica ma che configura un’importante e non più rinviabile percorso di cambiamento coerente con i valori del nostro sistema sanitario nazionale che, al di là delle pompose enunciazioni, devono inverarsi in concrete scelte organizzative capaci di realizzare il sacrosanto diritto costituzionale di uguaglianza tra cittadini proprio nel settore più delicato e fondamentale della tutela della salute.

Massimo Russo, già assessore alla Salute della Regione Siciliana


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI