Covid, ristoratori in ansia: i tavoli esterni non bastano a salvarci - Live Sicilia

Covid, ristoratori in ansia: i tavoli esterni non bastano a salvarci

Gli operatori del settore attendono che si ritorni in zona gialla per riaprire, ma le misure del governo non soddisfano

PALERMO – Da lunedì 26 aprile l’Italia è ripartita e nelle Regioni in zona gialla sono ripartite le attività commerciali come i ristoranti, bar, cinema, teatri e musei, ma il crono programma stilato dal Governo prevede altre aperture nelle prossime settimane.

Dal momento della pubblicazione del Decreto, però, c’è stato grande malumore tra i ristoratori perché oltre al coprifuoco fissato sempre per le 22, ci si aggiunge l’impossibilità di accogliere i clienti per chi non possiede uno spazio esterno. Questo perché chi non ha a disposizione uno spazio esterno non potrà accogliere i propri clienti. Chi, invece, ha uno spazio angusto dovrà valutarne i rischi e i vantaggi perché potrebbe anche non rientrare dalle spese affrontate per riaprire.

Proprio questo è il pensiero di Salvo Longo, proprietario del ristorante Salmoriglio di Corso Vittorio Emanuele e Palermo, che la scorsa estate ha potuto posizionare quattro tavolini all’esterno del suo locale, pur usufruendo dello spazio interno, ma adesso deve provare e capire se gli converrà o meno. Problema che riguarda anche Marco Paternò, proprietario di Macinato e La Bufalaccia, che ha uno spazio esterno molto più ampio e dovrà rinunciare a quattro o cinque tavoli per aumentare la distanza tra i clienti, ma che se si potesse utilizzare lo spazio interno potrebbe accogliere anche settanta clienti, cosa che non sarà possibile fare.

“Faremo i conti per capire se conviene riaprire”

Noi abbiamo uno spazio esterno piccolo che permette di posizionare quattro tavolini. È ovvio che dovremo fare i conti per capire se converrà riaprire o meno”. La preoccupazione di Longo riguarda anche le condizioni climatiche che potrebbero variare durante le cene dei clienti: “Questi tavoli esterni sono soggetti alle temperature e alle condizioni climatiche, quindi ci chiediamo ‘ma se inizia a piovere mentre i clienti sono seduti cosa si fa?‘”.

Longo e il suo ristorante sono pronti, per cercare di accogliere i clienti all’interno della propria attività, ad aumentare la distanza tra i tavolini e posizionare anche delle barriere divisorie: “Potremo anche aumentare la distanza da un metro ad un metro e mezzo tra un tavolo e l’altro. Abbiamo speso dei soldi in passato per adeguarci ai protocolli pur di lavorare. L’esigenza è ormai tantissima e forte, meglio provare ad adeguarsi che fallire”.

Non basteranno i tavolini all’esterno per salvare la stagione. Fare impresa vuol dire ben altro. Quello sarebbe semplicemente provare ad avere una piccola boccata d’aria. Naturalmente non potremo fare rientrare i nostri dipendenti. Non c’è la volontà di farci tornare a lavorare in questo momento”.

“Abbiamo provato con il delivery – conclude Longo -, ma a secondo della tipologia dell’attività ha dato una mano, però con le percentuali che chiedono le aziende non vale la pena più di tanto”.

“Perderemo circa 5000 mila euro a settimana“

“Naturalmente meglio lo spazio esterno con le dovute distanze. Sarà una botta devastante per tutti i ristoratori che non hanno questo spazio esterno”. All’esterno il ristorante avrà meno tavolini: “Ci saranno circa cinque o sei tavoli in meno, naturalmente tutti tavoli piccolini predisposti per due o quattro persone, ne andranno via un bel po’“.

Le attività gestite dalla famiglia Paternò sono un hamburgeria e una pizzeria, con quest’ultima che ha uno spazio interno più ampio che non potrà essere utilizzato, ma farebbe molto comodo: “All’interno, con le dovute distanze, ci sono almeno 70 posti in più, senza sarebbero almeno 90. Rimanere senza è una bella botta”.

Con queste restrizioni il fatturato sarà minore anche rispetto alla scorsa estate: “Rispetto all’estate scorsa perderemo un bel po’. Una perdita di 20 o 30 posti a sedere al giorno e molti di più nel fine settimana, con la concentrazione del lavoro molto più alta, si aggira intorno ai 5000, 6000 mila euro a settimana”.

“Adesso – continua Paternò parlando dei dipendenti – in questa attività abbiamo in cassa integrazione due dipendenti, nell’altra quattro per un totale di sei persone che al momento restano a casa con una cassa integrazione dimezzata, in ritardo e noi, dove riusciamo a dare una mano, arriviamo ma inizia a diventare difficile”.


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