Quel che stupisce nel disastro e nella speranza accesa dalle rivolte che infiammano le piazze dei paesi nordafricani, visto dalla porticina europea spalancata per far fronte all’esodo, cioè da quella sfortunata isola che è Lampedusa, è l’assoluta mancanza a casa nostra di intelligence (si dice così?), comunque di intelligenza, nel senso della capacità di cogliere, interpretare e prevedere fenomeni evidenti, quasi scontati.
Ma che ci voleva a pensare che, forse, dopo la rivolta del pane a Tunisi, dopo lo smantellamento della struttura poliziesca di Ben Alì, dopo le guerre per bande da Cartagine a Zarzis, dopo i morti e i feriti, una quantità considerevole di senza niente o di giovani a caccia di un futuro decente si sarebbe venduta ogni cosa pur di saltare su una barca e tentare di zompare dall’altra parte del Mediterraneo?
Nel calcolo delle probabilità l’ipotesi di studio poteva essere considerata alta. O no? Oddio, un meccanico, un manovale, un medico, un disoccupato, una casalinga possono pure non prevedere, non pensare, non programmare. Ma nella somma di istituzioni politiche, investigative, umanitarie e che più ne ha ne metta, da Stato a Regione, a ministeri, assessorati, protezione civile, croce rossa e così dicendo, possibile che nessuno abbia sospettato l’immaginabile?
Ma non è solo questa assenza di previsione nel breve periodo che lascia sgomenti davanti all’assalto di metà febbraio con 5 mila tunisini sbarcati in cinque giorni su un’isola lasciata per i primi quattro con il Centro accoglienza chiuso. Perché la vera sorpresa è che, dopo avere riattivato in fretta e furia baracche e dormitori dei centri di Crotone, Bari, Gorizia o Torino, il governo Berlusconi per scelta diretta del ministro Maroni ha affidato a Giuseppe Caruso, il prefetto di Palermo, i pieni poteri di Commissario Straordinario.
Scelta personale non poteva essere ovviamente migliore. Stiamo parlando di un funzionario di una straordinaria (appunto) efficienza, sempre operativo, come ha dimostrato mille volte nel contrasto alla mafia, nell’incoraggiamento dei suoi uomini diretti negli ultimi anni al meglio come questore, da Padova a Palermo a Roma, per poi tornare come prefetto nella più grande città siciliana.
Fatta questa doverosa premessa, a scanso d’ogni equivoco, torniamo al centro della questione partendo proprio dalla prima affermazione fatta proprio da Caruso quando ha detto che i primi 5 mila sbarcati per quell’esodo libertario pongono, da un punto di vista umanitario, quindi per l’accoglienza, problemi simili a quelli di un terremoto. Non a caso la prima idea è stata quella dell’allestimento di una batteria di tendopoli.
Mi permetto di chiosare su un dettaglio. Il terremoto non era prevedibile, l’ondata di sbarchi si. Ma il centro della questione resta un altro. Anche per un terremoto, dopo le disavventure che abbiamo attraversato dal Belice all’Irpinia, dal Friuli all’Abruzzo, questo Paese ha sempre quindi bisogno, davanti a un qualsiasi evento più o meno disastroso, di nominare ogni volta un commissario straordinario?
È questa idea della straordinarietà che andrebbe capovolta e respinta. Perché la macchina dovrebbe essere automaticamente oleata e pronta all’emergenza con una Protezione civile in grado di rispondere a botta calda. Da Bolzano a Lampedusa. Senza far cadere tutti nel panico. Come è accaduto in quello scoglio suo malgrado considerato dai nordafricani la “porta dell’Europa”. Con un fuoco incrociato di fax rapporti, mail, cablogramma, appelli, contestazioni, reclami fra sindaci e prefetti, generali e questori, ministri e assessori. Un vortice di carte, improduttivo per giorni e giorni. Con mille tunisini gelati di notte al campo sportivo, altri mille arrotolati fra loro sul molo e così via con rischi altissimi per un’isola dove c’erano 7 carabinieri e hanno impiegato una settimana per mandare i rinforzi.
Come se in questo Paese, in questa Regione, non esistesse niente, come se non si spendessero fiumi di denaro per tenere in piedi apparati, mezzi, scorte con magazzini zeppi di tende, uno stuolo di tecnici, assistenti, autisti, impiegati in servizio permanente effettivo, volontari a parte.
Ecco l’esercito che dovrebbe scattare ad ogni emergenza senza bisogno di nominare un commissario straordinario. Tirando fuori dal cassetto il piano Zeta, il piano X, il piano Y, chiamatelo come volete, ma fatelo e se dite che esiste non lasciatelo seppellito in qualche scrivania estraendo ogni volta dal cilindro l’idea “straordinaria” della tendopoli o della “casa della solidarietà”. Giusto per un ultimo riferimento a quella curiosa passerella realizzata da Berlusconi e Maroni con la visita lampo fra le villette costruite vicino a Sigonella per le truppe americane per capire se assegnarle a immigrati e rifugiati.
Un sopralluogo legittimo, ma sarebbe bastato un funzionario della Protezione civile, un prefetto, anche il commissario straordinario per una valutazione molto ordinaria. A meno che si decida di volere fare diventare sempre e comunque tutto “straordinario” perché bisogna ogni volta dare i pieni poteri a qualcuno per accelerare le pratiche, dare e fare eseguire ordini altrimenti inevasi. L’ammissione equivarrebbe a dire che non esistono piani Zeta, X, Y. Ma i malpensanti sarebbero autorizzati, dopo le sventure di Bertolaso, a pensare che il richiamo alla prassi “straordinaria” può far scansare qualche fastidioso controllo burocratico e contabile. Come s’è capito tante volte inciampando in strascichi giudiziari. Come purtroppo è accaduto per ogni catastrofe, per ogni eruzione del’Etna, per ogni “terremoto”.