"Cuore di tenebra": radicalizzazione del male o voglia di salvezza?

“Cuore di tenebra”: radicalizzazione del male o voglia di salvezza?

Siamo sempre più estranei alla madre Terra, altro che esseri superiori

L’umanità ha feroce nostalgia dei suoi primordi? Di quando l’uomo era lupo all’altro uomo? Dal paradiso terrestre all’innocenza perduta, dagli angeli caduti all’invenzione della poesia, dalla superstizione alla scienza, dalle monarchie assolute alle costituzioni, quanto cammino. E ora? La crescita della violenza è esponenziale. Predichiamo la pace ed esportiamo le armi, falliamo le trattative e ci opprime la consapevolezza che sia perduto il tempo della ragione. È una vertigine. Le guerre di sopraffazione rivelano il volto della “civiltà”: quel “cuore di tenebra” che è la sua identità e nel contempo la sua colpa.

Orrore e morale

Joseph Conrad, con una maestosa poetica dark sulle radici e i confini del male, penetra nel cuore nero dell’umanità coi suoi riti di morte, che si compiono sotto sguardi indifferenti. Mitigata dagli schermi ogni efferatezza, ingurgitiamo immagini di massacri per assuefarci. L’orrore ha un volto, bisogna farselo amico. “Orrore e morale sono i tuoi amici ma se non lo sono, sono nemici da temere”, teorizza il Colonnello Kurtz (lo straordinario Marlon Brando nell’Apocalypse Now di Coppola, tratto dal capolavoro
conradiano). L’orrore della guerra, ultimo stadio dello scontro, nuova peste stragista – dopo la pandemia, memoria e saggezza avrebbero dovuto tenerci lontani da ulteriori mortiferi incubi -, dimostra che siamo sempre più estranei alla madre Terra, altro che esseri superiori.

Da dove vengo, dove vado

In perpetua contraddizione ci allontaniamo da quello che è fondamentale, la ricerca di sé, delle proprie origini. Chi sono, da dove vengo, dove vado. Ecco, appunto, dove stiamo andando? Se la storia fosse ciclica e avessimo semplicemente un ruolo confitto in un dato tempo, basterebbe aspettare il ritorno in continuo degli eventi: evitando, però, di ripetere azioni che in passato hanno provocato catastrofi. Ma tornare indietro rispetto alla insicurezza globale indotta dalla pandemia, placare ostilità dapprima diplomatiche, esplose poi in conflitti che vanno avanti da anni (eppure, sembra sempre ieri) non è più possibile. Non è una grande scoperta: non basta denunziare un male per annientarlo.

Panem ed internet

L’uomo ha un cuore di tenebra. Definitivamente? Forse il pendolo oscilla tra ignavia e cattiveria, e perdiamo ancora un’occasione per superare lo stallo, abituati da troppo tempo a panem et internet, il circenses del XXI secolo, con volontà sempre più debole di affrontare qualsivoglia conflitto, figuriamoci poi quelli morali. Che riflettano altri sulla exit strategy! Il problema con le guerre, difatti, rimane come uscirne. E mentre ci pensiamo su, c’è chi fabbrica armi e le commercia, mentre gli Stati finanziano la ricerca in questo redditizio settore.

L’ultimo tecnomostro, il missile Zirkon

L’ultimo inquietante tecnomostro guerresco è il missile ipersonico russo Zirkon capace di viaggiare a una velocità prossima a Mach 9, oltre 11mila chilometri all’ora, e di trasportare testate esplosive tra i 300 e 400 chili di peso. Siamo all’ora del giudizio? Il Doomsday Clock, metaforico “orologio dell’Apocalisse” ideato in piena Guerra Fredda, quando segnava 7 minuti alla fine del mondo, ha raggiunto il minimo storico di 90 secondi alla mezzanotte: lo riferisce il Bulletin of the Atomic Scientists’ Science and Security Board (SABS), chiamato ad aggiornarne le lancette.

Nel libro dell’Apocalisse, Armaghedón indicava il luogo del raduno dei re malvagi, alleati della Bestia, nel giorno della guerra contro Dio; a folgori e tuoni si accompagnò un terremoto “di cui non vi era mai stato l’uguale da quando gli uomini vivono sopra la terra”(16,18). Crollarono le città delle nazioni. La morale era che si trattava di un grande flagello; la morale corrente è, piuttosto, purché non colpisca noi.

Il discorso di Borrell

L’alto responsabile UE per gli Affari Esteri, Joseph Borrell, due anni fa pronunciò un discorso che scatenò non poche polemiche, definendo l’Europa un giardino abitato da privilegiati ma circondato da una giungla. Borrell, accusato di usare toni “colonialisti” sprezzanti per gli altri continenti, aggiunse che “i giardinieri non proteggeranno il giardino costruendo muri”, in quanto “la giungla ha una forte capacità di crescita e il muro non sarà mai abbastanza alto per proteggere il giardino”. Un coro di critiche accolse questo metaforico avvertimento. Forse perché è disturbante ammettere che si può tollerare la guerra, purché non sia nel nostro giardino. Ma noi europei, così civili, quale futuro vogliamo forgiare?

L’esigenza di un nuovo equilibrio

Occorrerebbe un nuovo equilibrio fra sovranità e diritto internazionale, un ordine globale fondato sul riconoscimento del pluralismo politico, giuridico e culturale e sulla ricerca di accordo fra interessi geopolitici divergenti: oppure, possiamo rimanere inetti spettatori. Né sono più garantite le condizioni perché l’uomo possa definirsi “libero”. Libertà significa esprimere la propria natura, facendosi partecipi di una rivoluzione anzitutto psicologica: ma qual è questa natura? Deposta la teoria roussoviana di una “bontà originaria”, il male resta kantianamente l’enigma su cui ogni uomo è chiamato a interrogarsi.

La malvagità dell’uomo

C’è nell’uomo, secondo il filosofo di Königsberg, una innata tendenza alla malvagità: abituato a fare il male, l’uomo diventa malvagio; per converso, il male può radicalizzarsi nell’uomo, al punto da diventare una forma originaria del suo essere. Eppure la grandezza dell’uomo sta nello scegliere fra l’andare incontro al disastro o alla salvezza. Se ogni tendenza diventa radicale con la sua reiterazione, rispolverando il libero arbitrio l’uomo potrebbe provare a rimettere in circolo la pratica del bene, riscoprendo, come nella celebre pagina della ragion pratica, che “due cose riempiono l’animo di ammirazione…: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale dentro di me”.


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