Da Fragalà a Discrede: gialli irrisolti | La lunga scia di sangue di Palermo - Live Sicilia

Da Fragalà a Discrede: gialli irrisolti | La lunga scia di sangue di Palermo

Anni di indagini, ma gli assassini sono ancora a piede libero. Le famiglie chiedono verità.

Storie di delitti
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PALERMO – Un avvocato massacrato per strada, due donne uccise a coltellate, un commerciante freddato con tre colpi di pistola e un giovane cameraman palermitano morto in circostanze misteriose in Spagna. Sono i casi irrisolti che tengono con il fiato sospeso la città, dove anni ed anni di indagini non sono ancora stati sufficienti per arrivare ad una svolta. Ci sono omicidi il cui assassino non ha ancora un nome e cognome e, in uno dei casi, uno dei più noti, non viene ancora escluso che si sia trattato di un suicidio.

Uno dei “cold case” risale a sei anni fa, quando fu ucciso l’avvocato Enzo Fragalà, vittima di un pestaggio a pochi metri dal tribunale e dal suo studio legale, il 23 febbraio del 2010. Il suo cuore si fermò dopo quattro giorni di agonia in ospedale. La pista che gli inquirenti seguono si collega agli ambienti mafiosi, nel 2013 tre persone finirono in manette, ma furono poi scarcerate. E l’anno scorso un insospettabile è entrato a far parte dell’inchiesta: a lui sarebbe stato chiesto di partecipare alla spedizione punitiva che costò la vita al penalista palermitano. Al centro delle indagini, boss e “picciotti” della zona del Borgo Vecchio, da cui sarebbe partito l’ordine di punire Fragalà. Le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, prima Monica Vitale e, più recentemente, Francesco Chiarello, hanno permesso agli inquirenti di raccogliere nuovi elementi per fare spazio a più di una ipotesi. Ma il movente dell’omicidio resta tuttora un giallo.

Come rimane un mistero quello del delitto di Antonietta Giarrusso, detta “Ninni”. La parruccaia di via Dante era molto conosciuta in città, il suo era un negozio storico. Fu colpita senza pietà con ventisette coltellate, l’assassino le conficcò anche un paio di forbici in gola. Lo scorso 30 aprile sono trascorsi quattro anni da quel giorno di sangue. Un altro omicidio senza colpevoli, nonostante le indagini fossero partite serrate sin dal primo momento. Le persone sospettate furono una quindicina. Il sangue trovato sulla tenda del negozio consentì di isolare il dna dell’assassino, che confrontato con ventotto campioni diversi non portò però ad alcun esito. Amici, parenti, conoscenti, commercianti della zona e persino un clochard ed un transessuale, cliente della Giarrusso, furono interrogati. Tutte le piste furono battute, furono analizzati i filmati di decine di telecamere che si trovavano vicino al negozio. Ad oggi chi ha impugnato quel coltello è riuscito a farla franca, ma le indagini, chiuse l’anno scorso e ripartite lo scorso marzo, hanno riacceso la speranza dei familiari di Ninni Giarrusso, da sei anni alla ricerca della verità.

Una ricerca quotidiana, che non dà pace e che chiede giustizia, anche quella dei familiari di Mario Biondo, trasformati in detective per necessità. Il cameraman fu trovato senza vita nel suo appartamento di Madrid il 30 maggio del 2013: aveva una pashmina attorno al collo, fissata ad una libreria. Lì viveva con la moglie, la conduttrice spagnola Raquel Sanchez Silva. Era all’apice del successo, i due si erano sposati da poco. Il caso fu archiviato come suicidio, ma la famiglia dell’operatore tv palermitano non ha mai creduto a questa tesi e si è battuta a lungo per far riaprire le indagini, raccogliendo testimonianze e nuovi elementi personalmente, recandosi anche più volte nel paese in cui il figlio ha perso la vita. La salma è stata riesumata, è stata effettuata una nuova autopsia. L’ultima perizia a Palermo confermerebbe l’ipotesi del suicidio, ma la famiglia Biondo si è nel frattempo affidata alla criminologa Roberta Bruzzone, che ha ribadito più volte la tesi della messa in scena: secondo l’esperta si tratterebbe di omicidio camuffato da suicidio. Fatto sta che chi avrebbe agito è ancora senza identità e che tra qualche giorno una nuova fiaccolata sarà organizzata per il terzo anniversario della morte del ragazzo. La famiglia, ancora una volta, chiederà giustizia a gran voce.

Resta una ferita aperta e profondissima, quella del delitto di Daniele Discrede, commerciante. Il suo è un altro nucleo familiare segnato da un dolore straziante, reso ancora più pungente dalla mancata cattura di chi ha impugnato la pistola che ha fatto fuoco. E davanti a una bambina. Era il 24 maggio di due anni fa. Discrede, 41 anni, fu preso di mira nel piazzale della sua azienda, in via Roccazzo. Con lui c’era la figlia. Ad ucciderlo furono tre colpi, sparati, secondo l’ipotesi più accreditata, nel corso di una rapina: lui avrebbe reagito per difendere l’incasso. Gli investigatori hanno accertato che i colpi sono partiti da un’arma a canna corta e che l’assassino avrebbe sparato quando Discrede era già a terra: dalle immagini delle telecamere dell’azienda venne fuori che la vittima provò a travolgere i rapinatori con la sua motocicletta, perdendo l’equilibrio. Chi ha impugnato quell’arma è ancora a piede libero. 

Resta in libertà anche l’assassino di Anna Maria Renna, la prostituta di 62 anni massacrata con undici coltellate il 13 dicembre del 2014. Il delitto avvenne in un appartamento al piano terra di via Maggiore Toselli, nella zona residenziale della città. Un omicidio per il quale le indagini sono state chiuse. Eppure, come nel caso di Ninni Giarrusso, gli elementi in grado di indirizzare verso l’identità dell’assassino sembravano esserci tutti, dal dna rimasto sotto le unghie della donna, che cercò di opporsi in tutti i modi alla violenza, fino all’impronta di una scarpa da uomo e le rilevanti immagini di alcune telecamere di sorveglianza. In questi anni nulla ha portato a qualcosa di concreto, nonostante fosse stato un indagato un cliente della donna e fossero state perquisite le abitazioni di chi aveva avuto a che fare con lei nell’ultimo periodo. Di certo c’è che l’assassino doveva conoscere bene la vittima, visto che lei aveva aperto la porta senza problemi. Chi è entrato in quella casa e  ha colpito Anna Maria Renna a morte, è poi scappato verso la libertà. L’omicidio di via Toselli rientra così tra i casi senza alcun colpevole.


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