Di Grazia a giudizio |L'udienza il 26 marzo - Live Sicilia

Di Grazia a giudizio |L’udienza il 26 marzo

Si svolgerà il prossimo 26 marzo la prima udienza del processo a carico di Salvatore Di Grazia accusato dell'omicidio della moglie Mariella Cimò, la donna scomparsa nel 2011 da San Gregorio. La procura, guidata dal procuratore Giovanni Salvi, ha chiesto il giudizio immediato.

Mariella Cimò

La donna scomparsa, Mariella Cimò

CATANIA – Il giallo di Mariella Cimò approda davanti ai giudici: Salvatore Di Grazia è imputato di omicidio e soppressione di cadavere. La procura, dopo aver chiuso le indagini, ha chiesto il giudizio immediato. La prima udienza è stata fissata per il prossimo 26 marzo davanti alla Corte d’Assise di Catania.

Una notizia che non sorprende visto lo stesso pm Angelo Busacca titolare dell’inchiesta aveva già annunciato l’intenzione di richiedere il giudizio immediato quando il Gip Alessandro Ricciardolo, lo scorso 12 gennaio, aveva concesso gli arresti domiciliari per il marito della donna scomparsa dalla sua villa di San Gregorio il 25 agosto nel 2011. La reclusione in carcere del 76enne, infatti, non era più resa necessaria in quanto le indagini erano concluse e quindi una delle condizioni della misura cautelare, cioè quella dell’inquinamento delle prove, era decaduta.

La svolta nelle indagini su un caso che ha focalizzato l’opinione pubblica nazionale per oltre un anno è arrivata lo scorso 26 novembre quando i carabinieri si sono presentati a casa di Salvatore Di Grazia per arrestarlo. Una detenzione difficile per il marito di Mariella Cimò che ha continuato a dichiararsi innocente e ha addirittura nel periodo di Natale tentato il suicidio, dopo la notizia che il Riesame aveva confermato la carcerazione, rigettando l’istanza presentata dal suo avvocato Giuseppe Rapisarda.

 

Salvatore Di Grazia Caso Cimo'

Salvatore Di Grazia

Salvatore Di Grazia in attesa dell’udienza del prossimo 26 marzo sta scontando gli arresti domiciliari in una casa in affitto nella zona acese conosciuta come il Lavinaio. Secondo l’accusa ci sarebbe il movente passionale dietro il presunto omicidio di Mariella Cimò. Salvatore Di Grazia l’avrebbe uccisa al culmine di una lite scaturita dalla richiesta della moglie di vendere l’autolavaggio di Aci Sant’Antonio, luogo che secondo i pm l’uomo utilizzava per le sue relazioni extraconiugali.

L’apparato probatorio si fonda soprattutto su un video: quello delle immagini di videosorveglianza della villa ubicata nelle vicinanze dell’abitazione dei coniugi Di Grazia. Nel filmato è registrato il momento in cui Mariellà Cimò rientra in casa ma non vi è traccia del suo allontanamento. Questo costituirebbe, in assenza del cadavere, “la prova logica che la donna non avendo mai lasciato la sua abitazione sarebbe deceduta”. Il video è anche nelle mani della difesa che lo ha affidato ad un consulente di parte per la verifica sia del raggio d’azione della telecamera sia della coincidenza temporale delle registrazioni. Secondo la difesa, infatti, il sistema di videosorveglianza non avrebbe inquadrato una parte della strada vicino alla villa dove vi sarebbe un sentiero di campagna che Mariella Cimò avrebbe potuto utilizzare per allontanarsi. Percorso diverso da quello indicato da Salvatore Di Grazia e valutato dagli inquirenti troppo difficoltoso per essere affrontato da una donna anziana di 72 anni.

Nella villa più volte sono andati anche gli uomini del Ris di Messina, ma dai sopralluoghi effettuati anche l’ausilio del georadar non hanno portato nessun risultato cruciale per lo svolgimento dell’inchiesta.

 

 

 


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