"Di Matteo vada avanti |Ma non finisca come Ingroia" - Live Sicilia

“Di Matteo vada avanti |Ma non finisca come Ingroia”

Pietrangelo Buttafuoco e il suo libro 'Buttanissima Sicilia'

Intervista all'autore di 'Buttanissima Sicilia'. "Perchè non indagare sulla trattativa tra Stato e mafia che ha concepito quell'aborto dell'autonomia siciliana?".

Intervista a buttafuoco
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5 min di lettura

PALERMO – Pietrangelo Buttafuoco, un plebiscito per te dai lettori di Live Sicilia: secondo solo a Nino Di Matteo. Te lo aspettavi?
“No, decisamente non me l’aspettavo. Mi imbarazza rispondere a questa domanda, l’unica risposta che so dare è il rossore. Ringrazio tutti. A maggior ragione perché vedo che spuntano qua e là degli spurghi di bile e veleno, pilotati doverosamente, dopo che ho toccato nervi scoperti”.

Questa valanga di voti per te è il segno che quel sentire la Sicilia come “buttanissima” è ormai comune? Da qui, la sensazione è che non si riesca più nemmeno a sperare…
“Il problema è il punto di realtà. Perché noi ci siamo infilati in un’epoca in cui ci siamo svegliati da un’abitudine, da tutto quello che avevamo alle spalle, come nella metafora della lumaca. Mi spiego: la maggior parte dei siciliani ha una casa e questo oggi non vale niente. Moltissimi hanno diplomi e lauree. Ma il punto di realtà ti mette di fronte al fatto che non c’è possibilità di mettere a frutto queste cose. Soprattutto nella Sicilia profonda, dove ormai ci si imbatte in un paesaggio spettrale. Le uniche realtà vive sono quelle dove c’è un’alta presenza di immigrazione, perché lì c’è lavoro. Oggi paghiamo il prezzo di avere avuto come unica industria florida il pubblico impiego”.

Sì, ma di fronte a cotanto sfacelo il problema non può certo essere solo Crocetta…
“Sì, se sostituisci lui non risolvi il problema. Ma lui stesso potrebbe svegliarsi dalla sua stessa illusione e fare un cambio di scena. E dire che questo sistema non può più andare avanti e che non si può governare la Sicilia con il ricatto del consenso. Io dico che lui è il peggiore perchè ha costruito una suggestione, quella della sua rivoluzione, dove facendosi schermo di un’impostura che è quella di avere portato in Sicilia il massimo della legalità attraverso le pantomime di un’antimafia di maniera, ha costituito l’alibi alle più volgari operazioni di potere. È ben chiaro come sia nelle mani degli altri”.

Ma ammesso che lo scenario sia quello che descrivi, qualcuno lo ha reso possibile…
“Crocetta si è costruito questa immagine che certi media hanno elevato ai massimi del pittoresco. C’è una bella differenza tra come governa lui ed Emiliano, o Vendola, o Chiamparino. Non è un problema di destra o sinistra ma è un problema di incapacità”.

Insisto, Crocetta è stato eletto…
“Lo hanno scelto per un’operazione di marketing. Ed è stato eletto col trucchetto di Gianfranco Miccichè, non bisogna mai dimenticarlo. Matteo Renzi, però, con la Sicilia ha sacrificato l’occasione delle occasioni, che era quella di salvare il pezzo chiave del delicatissimo problema Mediterraneo togliendo immediatamente non solo Crocetta ma l’autonomia alla Sicilia che è totalmente immeritata. Invece della finta rivoluzione delle province, avrebbe dovuto togliere l’autonomia speciale alla Sicilia, che è fonte prima di avvelenamento, e lo dico io che credo che che l’autonomia o in certi casi addirittura l’indipendenza sia un diritto dei popoli, ma quando dimostrano di avere la maturità per gestirla. E basterebbe fare le istantanee di una giornata a Trento e una ad Agrigento per vedere le differenze”.

Ma senza autonomia ci consegneremmo mani e piedi a Roma, che forse tanto bene non ci vuole…
“Forse sì. Noi abbiamo avuto la prova provata che Renzi non ci vuole bene. Ma nemmeno Berlusconi ha voluto bene alla Sicilia. Aveva la possibilità di farne la sua pupilla invece l’ha localizzata in un altro luogo anatomico…”.

Il nostro gioco-sondaggio è stato vinto da Nino Di Matteo, per la seconda volta consecutiva. Dalla seconda piazza come vedi questa “vittoria”?
“Io mi auguro che questa seconda laurea lo convinca, ma sono sicuro che lui ne è già convinto, di tenersi alla larga dalle lusinghe del plebiscitarismo elettorale. Lui ha davanti agli occhi l’esempio di Antonio Ingroia, questa è la sua ancora di salvezza. Si aggrappi non alla sua eredità, ma alla sua posterità ed eviti di fare quello che ha fatto Ingroia. Resti nella magistratura e faccia il suo lavoro. E se l’asse portante è quello della trattativa, io mi permetterei di suggerirgli di aggiungere l’altro pezzo portante della trattativa, la testa dell’acqua, quella che si ebbe tra lo Stato e la mafia quando venne concepito quell’aborto che è l’autonomia regionale siciliana. Questa non è l’Irlanda. Una cosa è Bobby Sands e la croce d’oro di Giovanni Paolo II, un’altra cosa è Gaspare Pisciotta e la tazzina avvelenata all’Ucciardone”.

Temi che Di Matteo possa patire una pericolosa solitudine?
“No, lui ha questa seconda laurea di plebiscito non avvelenato e ha il sostegno a livello nazionale di personalità autorevoli e non certo nel recinto del pittoresco di un Crocetta qualsiasi”.

Vince il nostro sondaggio un campione dell’antimafia seguito dal più severo fustigatore di una certa antimafia… Come ti spieghi questo sentimento tra i siciliani?
“Il sentimento è questo, e me ne accorgo anche negli spettacoli che facciamo in giro (il 31 Buttanissima Sicilia sarà al Biondo di Palermo, ndr). La gente ha ormai chiara la differenza tra mafia, mafia dell’antimafia e lotta alla mafia. Io mi sono incaricato di toccare un capitolo delicato, quello di un sistema di potere che non ha legittimità e vive fuori da ogni regola, che è il ruolo che il senatore Lumia ha nella così detta porta accanto di Crocetta. Lui in risposta ha diffuso una sorta di spurgo per delegittimarmi. La prima parte sembra un’informativa scritta in un sottoscala di questura dove le solite fonti confidenziali mescolano le mezze verità alle doppie bugie. La seconda parte è un elogio della sua personalissima e pericolosissima antimafia. La terza parte manca. Ed è quella che avrebbe dovuto confermare o smentire le cose che ho scritto. In conclusione non mi viene altra risposta che quella del ladro Totò alla guardia Aldo Fabrizi: “se la sua è un’intimidazione sappia che io non m’intimido”. E dunque: non mi intimido!”.

Diciamo che non l’avete presa bene entrambi. Livesicilia ha dato notizia di questa polemica…
“Guarda, sulla storia dell’agenda rossa, di cui ho scritto, mi ha colpito un dettaglio, inquisitorio, maligno. Un signore ha messo su twitter un suo pezzo in cui mi attaccava con argomenti di pura delegittimazione, e lo ha postato mettendo pure l’indirizzo di un mio caro amico, Franco Battiato, con lo scopo di colpirmi. Ne fanno una guerra di religione, un motivo di fanatismo. Poi c’è la lotta alla mafia che è una cosa seria. Quella la fa Claudio Fava, la fa Di Matteo, la fanno i tanti cronisti di giudiziaria pagati cinque euro a pezzo che scrivono senza avere le spalle coperte rischiando in prima persona”.


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