Domani nuovo interrogatorio per Ciancimino - Live Sicilia

Domani nuovo interrogatorio per Ciancimino

Massimo Ciancimino, in carcere da aprile con l’accusa di avere calunniato l’ex capo della polizia Gianni De Gennaro, sarà interrogato domattina dai pm di Palermo. A chiedere di essere sentito è stato, attraverso il suo legale, l’indagato accusato anche di detenzione di materiale esplosivo.

Secondo indiscrezioni, dovrebbe fornire alcuni particolari recentemente ricordati sul cosiddetto ‘puparo’, un ufficiale dei carabinieri che, a dire del detenuto, gli avrebbe dato, durante la presentazione del libro scritto da Ciancimino, alcuni fogli tra i quali quello manipolato col nome del capo della polizia.

Nel documento, per mesi conservato nell’archivio segreto della sua abitazione, era inserito in una lista di personaggi delle istituzioni coinvolti nella trattativa tra Stato e mafia. Ciancimino, a cui il gip ha rigettato l’istanza di scarcerazione, ha detto ai pm di non ricordare esattamente le generalità del puparo che potrebbe chiamarsi Giancarlo Rossetti o Carlo Rosselli. L’uomo avrebbe il grado di colonnello.

I magistrati stanno cercando di verificare le dichiarazioni, ma il detenuto non avrebbe ancora riconosciuto tra le foto mostrategli dagli inquirenti mister x. Nel corso dell’ultimo interrogatorio coi pm, poi, Ciancimino ha sostenuto di aver incontrato il ‘puparo’ in locali utilizzati dai Servizi Segreti a Bologna.

E’ stato fissato invece al 5 giugno, davanti alla seconda sezione della corte di Cassazione, il processo a Massimo Ciancimino, accusato di riciclaggio e fittizia intestazione di beni. Nella vicenda sono coinvolti il tributarista Gianni Lapis, la madre di Ciancimino, vedova di don Vito, Epifania Scardina, e l’avvocato romano Giorgio Ghiron, tutti condannati. Il processo, costato a Ciancimino una condanna a 3 anni e 4 mesi, ruota attorno all’inestimabile patrimonio accumulato dall’ex sindaco Vito Ciancimino, longa manus della mafia corleonese nella politica e artefice del cosiddetto sacco edilizio di Palermo. La corte d’appello ha, inoltre, confermato la confisca di beni del valore di oltre 60 milioni di euro disposta in primo grado a carico degli imputati.

(fonte Ansa)


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