PALERMO – “Volevo avvertire il nostro ignoto estortore di risparmiare le telefonate dal tono minaccioso e le spese per l’acquisto di micce, bombe e proiettili, in quanto non siamo disponibili a dare contributi e ci siamo messi sotto la protezione della polizia”. Era il 10 gennaio del 1991. L’imprenditore Libero Grassi, attraverso una lettera inviata al ‘Giornale di Sicilia’ alzava la testa contro la mafia, ribellandosi apertamente alla violenza di Cosa nostra. Un atto rivoluzionario in una Sicilia in cui pochi imprenditori avevano il coraggio di denunciare il racket.
L’agguato mortale
Un coraggio che Grassi pagherà con la propria vita qualche mese dopo; il 29 agosto infatti, alle sette e mezza del mattino, in una Palermo ancora avvolta dalla calura estiva, mentre a piedi si stava recando al lavoro viene affrontato da un killer che gli scarica 4 colpi di pistola uccidendolo. Cosa nostra in questo modo punirà chi, apertamente e pubblicamente, aveva avuto l’ardire di ribellarsi, di tentare di liberarsi dal cappio stretto attorno alle aziende siciliane.
Libero di nome e di fatto
Nomen omen. Libero Grassi porterà con sé fin dalla nascita quell’aggettivo che lo contraddistinguerà; la sua esistenza infatti è essa stessa testimonianza di una eroica disubbidienza verso le regole del malaffare. Da uomo probo e dalla schiena diritta lottava per i suoi ideali, sempre, senza mai abbassare la testa. Fu un martire laico nella lotta civile e imprenditoriale alle mafie.
La vita di Libero Grassi
Nato a Catania nel ’24 in una famiglia antifascista (il suo nome è esso stesso un tributo a Giacomo Matteotti), a 8 anni si trasferisce a Palermo. Studierà tra Palermo e Roma, sognerà di diventare diplomatico ma asseconderà il volere del padre commerciante. Si forma a Gallarate, nel profondo nord industriale; formazione che gli permetterà di tornare in Sicilia e aprire uno stabilimento tessile.
Libero Grassi non era un semplice imprenditore tutto “fabbrica e lavoro”, è stato un grande attivista civile, impegnato nella politica dapprima avvicinandosi ai Radicali poi al Partito Repubblicano.
L’impegno contro la mafia
Ma il suo più grande impegno è nella lotta alla mafia da imprenditore, attraverso un gesto che a quel tempo appariva rivoluzionario: rifiutarsi di pagare il pizzo, obiettando con un secco no alle telefonate del fantomatico “geometra Anzalone”. “Ho costruito questa fabbrica con le mie mani, lavoro da una vita e non intendo chiudere. Se paghiamo i 50 milioni, torneranno poi alla carica chiedendoci altri soldi, una retta mensile, saremo destinati a chiudere bottega in poco tempo. Per questo abbiamo detto no al ‘Geometra Anzalone’ e diremo no a tutti quelli come lui”, scriverà nella missiva indirizzata al ‘Giornale di Sicilia’.
La denuncia degli estorsori
Preziosa la sua collaborazione per individuare gli estorsori, i fratelli Avitabile, temibili esattori della famiglia Madonia di Resuttana. Grassi denunciò il suo isolamento; dopo la lettera si sentì solo, avvertì la mancata vicinanza di Sicindustria. Oramai vulnerabile fu bersaglio facile per la mafia. Autori e mandanti furono poi individuati; a premere il grilletto Salvino Madonia, figlio del boss di Resuttana, ma il via libera al suo omicidio fu deliberato dall’intera Cupola.
L’esempio di Libero Grassi
La sua morte, come accaduto altre volte in Sicilia con il sacrificio di altri eroi civili, contribuì a dotare l’Italia di uno strumento a favore degli imprenditori coraggiosi; nello specifico al varo del decreto che porta alla legge anti-racket 172, con l’istituzione di un fondo di solidarietà per le vittime di estorsione. Un sacrificio che non è risultato vano, una morte che ha scosso le coscienze e convinto molti imprenditori allora come oggi, a distanza di 32 anni esatti, a denunciare il pizzo.
Schifani: “Il suo esempio ancora vivo”
“I progressi nella lotta al “pizzo” sono la prova che il sangue di Libero Grassi, che aveva osato sfidare un sistema fatto di omertà e accettazione dell’illegalità, non è stato versato invano, 32 anni fa”. Lo dice il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani. “Il suo insegnamento e il suo esempio – aggiunge – continuano a vivere in tutti coloro che lottano ogni giorno, forti del sostegno delle istituzioni, per un’economia libera dalle intollerabili pressioni di organizzazioni criminali che non hanno, e mai potranno avere, alcun diritto sul frutto del lavoro onesto degli imprenditori. I risultati raggiunti negli ultimi vent’anni, grazie al lavoro di magistrati e forze dell’ordine e con il contributo delle associazioni antiracket che operano sul territorio, dimostrano che a Palermo e non solo, sono tanti gli operatori economici che si sono opposti con coraggio ai soprusi di Cosa nostra e che, dopo avere scelto la strada della denuncia, sono andati avanti con la loro attività – conclude Schifani -. Il governo siciliano sarà sempre al loro fianco per sostenere l’economia sana anche attraverso aiuti e misure per lo sviluppo e la crescita imprenditoriale”.
Lagalla: “Il suo coraggio non sbiadirà mai”
“A 32 anni dalla sua uccisione, il coraggio e il sacrificio di Libero Grassi rappresentano un gesto di legalità destinato a non sbiadire mai. A testa alta non si è piegato al ricatto mafioso, rifiutandosi di pagare il pizzo. L’esempio dell’imprenditore è un faro per coloro che vogliono portare avanti la propria attività in modo onesto, senza scendere a patti con Cosa nostra. Gli imprenditori oggi, rispetto a quanto accaduto a Libero Grassi, possono contare sul concreto sostegno delle associazioni antiracket. È proprio grazie all’impegno di queste associazioni e al lavoro di magistratura e forze dell’ordine che negli ultimi decenni sono stati fatti grandi passi in avanti contro le estorsioni e sono aumentate le denunce degli imprenditori. Il percorso di legalità, però, deve continuare a essere alimentato, consapevoli che ancora oggi ci sono soggetti che pagano il pizzo non solo per paura, ma anche per trarre benefici da scellerati accordi con la criminalità organizzata”. Così il sindaco di Palermo Roberto Lagalla.
Crosetto: “Preservare il suo esempio”
“La mattina del 29 agosto 1991 veniva assassinato dalla mafia, a Palermo, Libero Grassi, imprenditore che si era ribellato al ricatto del pizzo e all’omertà. Uomo coraggioso e libero e per questo temuto da Cosa Nostra. Il suo esempio ed il suo ricordo vanno preservati”. Così il ministro della Difesa Guido Crosetto su X.
Piantedosi: “Ha lasciato un’impronta indelebile”
“Nella storia di ogni Paese ci sono persone destinate a lasciare un’impronta profonda, indelebile, nella vita di singoli cittadini e di intere comunità. Libero Grassi è uno di loro. Uomo di straordinario coraggio e integrità, sfidò la mafia pagando con la vita il suo rifiuto di piegarsi al ricatto del ‘pizzo”. La sua ferma opposizione alla criminalità organizzata lo ha reso simbolo di resistenza e di eroismo civile”. Lo ha ricordato il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, sottolineando fra le molte azioni di contrasto alle mafie, anche “il fondamentale” ruolo svolto dall’ufficio del Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura, diretto dal Prefetto Nicolò, e dalla rete di associazioni che ne sostiene l’impegno sui territori. “Sono trascorsi 32 anni da quel vile omicidio – ha aggiunto – ma il ricordo del suo valore, del suo non sottomettersi alla minaccia mafiosa, è più che mai vivo. E ancora oggi Libero Grassi è fonte di ispirazione per le nuove generazioni e per quanti credono e lottano per un Paese più giusto e più sicuro. Per questo è nostro dovere rinnovare la memoria di quanto accaduto quel 29 agosto del 1991. Perché il seme della ribellione morale e culturale, nato dal rifiuto senza riserve che l’imprenditore siciliano oppose alla violenza e alla prevaricazione, continui a germogliare. Una eredità che – ha concluso – potrà sempre contare sul sostegno di tutte le Istituzioni, ogni giorno al fianco di coloro che scelgono di essere dalla parte della giustizia e della legalità”.
Musumeci: “La sua determinazione un esempio per tutti”
“Il 29 agosto 1991 la mafia uccideva Libero Grassi, il simbolo della lotta al racket delle estorsioni. Con coraggio seppe dire “no” pubblicamente al pizzo in un periodo nel quale ancora molti, a Palermo, facevano finta che la mafia non esistesse. La sua determinazione possa essere d’esempio, per tutti, nella quotidiana lotta a ogni forma di criminalità organizzata”. Così il ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare, Nello Musumeci.
Russo: “Il suo sacrificio non sia vano”
“In questa giornata di commemorazione, ci riuniamo per onorare la memoria di Libero Grassi, un uomo di coraggio che ha sfidato il potere oscuro della mafia e ha pagato il prezzo più alto per la sua integrità. La sua vita è un monito costante sull’importanza di rimanere fermi nei nostri valori e di non piegarsi alla criminalità organizzata”. Lo dice il senatore di Fratelli d’Italia e componente della commissione Antimafia Raoul Russo. “Il coraggio di Libero Grassi ci ricorda che lo Stato di legalità è fondamentale per la nostra società. Le istituzioni devono lavorare costantemente per garantire che la giustizia prevalga su ogni forma di intimidazione e di criminalità – prosegue -. Dobbiamo essere uniti nel nostro impegno a debellare tutte le mafie, affrontando il loro potere con una determinazione inarrestabile. La lotta contro le mafie è una sfida che richiede la partecipazione di tutti: cittadini, forze dell’ordine, magistratura e politica. Solo attraverso un impegno collettivo possiamo assicurare che il sacrificio di uomini come Libero Grassi non sia stato vano e che il nostro Paese possa prosperare in un clima di giustizia, legalità e libertà”.
Varchi: “Libero di nome e di fatto”
“Libero di nome e di fatto. Fu il primo imprenditore a ribellarsi a Cosa nostra e al ricatto del pizzo in una Palermo che fingeva di non vedere e non sapere”. Con queste parole sulla propria pagina Facebook Carolina Varchi, vicesindaco di Palermo e deputata di Fratelli d’Italia, ricorda Libero Grassi, in occasione del trentaduesimo anniversario dell’assassinio dell’imprenditore che non si piegò alla mafia. “Il suo coraggio – prosegue Varchi – continua ad ispirare tantissimi imprenditori che decidono di chiudere la porta in faccia alla mafia. Libero Grassi fu ucciso, ma il seme della ribellione era stato già piantato – conclude – grazie al suo gesto coraggioso e rivoluzionario”.
Barbagallo: “Denunciare il pizzo è un dovere”
“Denunciare il pizzo e opporsi alla prepotenza mafiosa è un dovere di ogni cittadino onesto. Questo ci ha insegnato Libero Grassi. Il suo sacrificio non è stato vano. Tanto è cambiato da quel 29 agosto 1991. Sono nate le associazioni anti racket, in tanti denunciano anche se, ancora, come ha rilevato lo stesso procuratore di Palermo, ci sono ancora sacche di complicità e di silenzio. Dobbiamo proseguire su questo solco, sostenendo l’attività degli inquirenti e delle forze dell’ordine e non lasciando soli gli imprenditori che scelgono di denunciare”. Lo dice il segretario regionale del Pd Sicilia, Anthony Barbagallo nel 32esimo anniversario dell’omicidio dell’imprenditore palermitano Libero Grassi, ucciso da Cosa nostra per essersi ribellato pubblicamente al pagamento del pizzo.
Tantillo: “La scelta di Grassi punto di svolta”
“La scelta di Libero Grassi, col suo rifiuto di piegarsi al pizzo, ha segnato una svolta nella storia della nostra città. Ha segnato un punto di non ritorno nella lotta per la legalità e per la liberazione dalla mafia e dalla sopraffazione. Ricordarne il sacrificio è non solo un dovere, ma soprattutto un modo per rinnovare l’impegno delle istituzioni per stimolare e sostenere quei commercianti e quegli imprenditori che seguono l’esempio di Grassi, contribuendo a costruire una città libera dove l’economia è strumento di crescita per tutta la comunità”. Lo dice il presidente del consiglio comunale di Palermo, Giulio Tantillo.