Orlando resta l'uomo da battere | A destra Scoma davanti a Milazzo - Live Sicilia

Orlando resta l’uomo da battere | A destra Scoma davanti a Milazzo

Palazzo delle Aquile

I risultati di un'indagine di marketing nelle mani di Gianfranco Micciché. Ecco cosa si aspettano i palermitani dalla prossima campagna elettorale, quali sono i nomi con maggiore appeal e i temi più caldi. E Ferrandelli incarna la parte dell'outsider per la corsa alla poltrona più importante di Palazzo delle Aquile.

Palermo, amministrative 2017
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5 min di lettura

PALERMO – L’uomo da battere per le prossime Comunali è, e resta Leoluca Orlando. E’ questo quanto emerge dall’indagine di marketing realizzata dal professor Gioacchino Lavanco e consegnata al coordinatore regionale di Forza Italia Gianfranco Micciché: un’indagine frutto di 2.184 interviste effettuate dal 9 al 16 febbraio e che descrive cosa i palermitani si aspettano dalla prossima campagna elettorale.

Manca più di un anno al prossimo appuntamento con le urne, ma intanto i partiti iniziano a muoversi e Forza Italia non fa eccezione. “Non si tratta di un sondaggio – tiene a puntualizzare Micciché – ma di un’analisi svolta per un unico motivo: capire se esiste la possibilità per il centrodestra di eleggere il prossimo sindaco di Palermo”. Anche per questo nell’indagine, tenuta sinora strettamente riservata, non compaiono cifre e numeri sui partiti e sul loro peso, ma su possibili nomi di candidati e sui temi. E i risultati sono in qualche modo sorprendenti, sebbene vadano presi con le pinze.

Ne emerge, per esempio, che in un ipotetico ballottaggio vincerebbe il Movimento cinque stelle, sia contro il centrodestra che contro il centrosinistra, mentre nel caso di un duello fra i due schieramenti tradizionali, quindi senza grillini, ad avere la meglio sarebbe il centrodestra. Tra i candidati forzisti Francesco Scoma sarebbe il preferito, seguito a ruota da Giuseppe Milazzo. Nel campo del centrosinistra, invece, a emergere con prepotenza è Orlando, mentre Ferrandelli potrebbe sparigliare i giochi.

“Abbiamo usato i nomi di quelli che hanno manifestato la volontà di candidarsi – dice il coordinatore degli azzurri – ossia Francesco Scoma, Giuseppe Milazzo o Saverio Romano, a cui abbiamo aggiunto altri nomi della società civile come Maurizio Carta o Gaetano Armao. Ma ripeto, non si tratta di un sondaggio ma solo di un modo per capire quanto è forte Orlando e quali sono le caratteristiche che deve avere un candidato vincente”. Orlando, per l’appunto, ne esce molto bene: il giudizio dei palermitani sul suo operato, in una scala da 1 a 7, arrivera a 4,3, cioè più che sufficiente. Il 58% di chi ha votato Orlando nel 2012 lo rivoterebbe nel 2017: i cittadini riconoscono al Professore di aver affrontato il problema dei trasporti (28%), di aver reso la città più pulita (17%), di aver ridotto gli sprechi (10%) e di aver pedonalizzato il centro (12%). Tra i punti negativi, il fatto che il primo cittadino non sia più “quello di prima” (secondo il 42%), per il 21% sarebbe poco visibile, per il 16% non ha risolto i veri problemi della città e per il 15% non ha appoggi a Roma. “Ne viene fuori che comunque Orlando è forte, in un range di sette punti continua a essere apprezzato da più della metà, purtroppo per il mio partito – commenta il coordinatore degli azzurri – vedendo le motivazioni che portano a questo risultato, emerge che Orlando ha la grande capacità di comprare gli elementi positivi e svendere i negativi: le colpe sono di altri, i meriti sono suoi. Per i cittadini l’immondizia nelle strade non è colpa sua mentre il tram è un suo merito, e invece è tutto il contrario. Sicuramente è un grande venditore”.

Ma tra gli elettori del centrosinistra ad avere la meglio sarebbe comunque Orlando con il 43%, mentre Cracolici arriverebbe al 18%, Lupo al 13 e Cascio si fermerebbe a una cifra. “Abbiamo scelto Lupo e Cracolici perché uno è più radicato nel centro città, l’altro in periferia – continua Micciché – ma sta di fatto che il centrosinistra, senza Orlando, in questa città non esiste”. Dalle 2.184 interviste effettuate dal 9 al 16 febbraio emerge che ai palermitani sta a cuore soprattutto il lavoro (53%), seguito dai servizi (20%) e dai trasporti (11%); chi pensa al lavoro però si preoccupa anche di turismo e sblocco dei concorsi pubblici. Il 26% di chi contesta le isole pedonali le vorrebbe eliminare e chi punta sulla cultura lamenta la mancanza di concerti (19%) e teatri (3%).

E nel centrodestra? Tra i nomi fatti a vincere sarebbe Scoma con il 30% dei consensi, dietro Milazzo al 25, poi Romano al 16. Il 29% sceglierebbe altri, ossia Micciché (13%), Berlusconi (7%) o Cascio (3%). “In base a questa analisi organizzeremo la nostra campagna elettorale, del resto il marketing è il mio mestiere – aggiunge Micciché – questo tipo di analisi va fatta ancor prima di capire chi sarà il candidato, del resto manca ancora un anno e bisogna avere calma. Il professor Lavanco, dopo lunghi e intensi confronti, mi ha chiesto se poteva realizzare questa analisi in modo gratuito e io ho detto sì, ringraziandolo. Spero non se la prenda se adesso viene fuori”.

Ma l’aspetto più curioso dell’indagine è sicuramente il nome di Ferrandelli. “E’ uno dei pochi giovani del Pd che mi piace e allora a sorpresa mi hanno fatto vedere cosa varrebbe Ferrandelli candidato col centrodestra, anche se non è assolutamente una possibilità reale”, si affretta a dire Micciché. Ferrandelli piace perché è giovane (26%) e libero dai partiti (14%), piace sia a sinistra che a destra ma potrebbe essere danneggiato proprio dal fatto di non avere una collocazione politica ben identificata al momento. Se Ferrandelli si candidasse alle primarie del centrodestra sottrarrebbe elettorato “borghese” a Scoma, facendolo precipitare al 21%; in quel caso il primo sarebbe Giuseppe Milazzo con il 22%, forte di un suo zoccolo duro. Romano si attesterebbe al 13. Se invece corresse per le primarie di centrosinistra, Ferrandelli si fermerebbe al 26% e vincerebbe Orlando con il 38 (Lupo al 7, Cracolici al 12).

“Il vero dato drammatico che viene fuori però è che Palermo non ha società civile perché non ha un tessuto imprenditoriale – conclude il forzista – le associazioni di categoria sono deboli perché non esiste la logica imprenditoriale. Insomma conviene puntare di più sulle riunioni nei salotti e nelle borgate, il che è un elemento utilissimo ma preoccupante”.

 


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