Tra il 6 e il 9 giugno milioni di europei saranno chiamati al voto, “parteciperanno a plasmare il futuro della democrazia europea in occasione delle elezioni europee”. Sì, d’accordo, ma poi? Se Califano fosse ancora vivo la direbbe così, nuda e cruda, condensando in quella parola e in quelle famose note il sentimento della gente. Che noia!
La noia delle frasi fatte
La gente non va più a votare. E non ci va più, non perché è sfiduciata, arrabbiata, delusa ma semplicemente perché è annoiata. Da una politica sempre più individualista, dai fiumi di parole incomprensibili, trascinate un po’ a casaccio e un po’ no da carsiche correnti di partiti/aziende che non mediano più, di politicanti incapaci di affrontare i veri problemi d’ogni giorno. E i manifesti coi bei faccioni, piuttosto che le luminescenti wozzappate, le comparsate televisive, i post su Facebook: sempre le stesse facce, sempre le stesse cose, sempre le stesse frasi fatte.
La diffidenza e il disinteresse
Sempre la stessa noia. Che a volte si compra, si compra anche quella: 50 euro, una bombola del gas e non siamo più niente. Una noia che diventa mortale (e magari più cara… non sia mai!), quando si è chiamati alle urne per esprimere un voto per l’elezione al Parlamento europeo. E sì perché, se ancora ancora il voto “vicino” (che so io, per il Consiglio comunale o per le regionali) viene da alcuni esercitato come un voto utile e da altri – ahimè – come un voto utilitaristico, più ci si allontana da casa propria e più aumenta quella noia strisciante, che è disinteresse, è diffidenza imbelle, è rassegnata inedia, è “tanto, chi sale sale …”.
La responsabilità del voto
Quindi, figuriamoci con quanta uggia il popolo italiano, l’8 e 9 giugno, si recherà alle urne e quanta parte consistente di esso se ne terrà a distanza. Forse perché non lo sa; rectius, forse perché non gl’interessa più saperlo. Che il voto è sacrosanto! È preziosissimo… altro che 50 euro! Che il voto è tutto quello che ci rimane tra il silenzio di chi subisce arrendevolmente e il tuono di chi strepita inutilmente. Che il voto è un diritto-dovere costituzionale, conquista di civiltà e di libertà. Ed è un gesto di grande responsabilità, perché – la dico con le parole di Montesquieu – non c’è nulla di più pericoloso per il bene pubblico quanto l’apatia del cittadino in una democrazia.
Il partito degli apatici
Proviamo allora a contrastarla, questa apatia, affinché l’apatico partito di maggioranza assoluta – il partito degli apatici astensionisti – perda qualche punto percentuale e prevalga la partecipazione. Insomma, votate per chi vi pare, ma andate a votare. Perché votare per le elezioni europee non vuol dire fare “acchianare” questo o quell’altro, fare da spettatori paganti a film già visti dove lotte interne e competizioni fratricide e pernacchie e sassolini nelle scarpe scandiscono fortune e sventure, ascese e precipizi, futuri rosei oppure incerti. Non vuol dire regalare punti in più a questo o a quel leader. No.
Il “sentiment” generale
Vuol dire qualcosa di più. Vuol dire votare per le nostre vite, per la nostra quotidianità e, che ci crediate o no, per il nostro futuro. Lo so, il “sentiment” generale è che mandiamo lì gente fortunata (eufemismo), a scaldare avveniristiche poltrone azzurre e ad incassare generosi bonifici a fine mese. Ma la verità è un’altra. Se il nostro carburante sarà la piena consapevolezza di quanto quel nostro voto potrà essere strumento anziché strumentale, di quanto cosa buona e giusta sia non rassegnare le armi perché rassegnati a rappresentanti da cui non ci sentiamo rappresentati, allora quella consapevolezza imporrà un’altra verità; e noi, comunque, avremo fatto la nostra parte. La verità di una istituzione democratica che – predisse Mazzini – accomuna popoli indipendenti in una missione interna, quella di costituire un vero potere democratico europeo.
Anche i temi locali passano dall’Europa
Dovremo “deputare” coloro che regolamenteranno le nostre vite: il sostegno all’economia, la lotta contro la povertà, il cambiamento climatico, le questioni legate alla sicurezza, alla migrazione, ai diritti dei consumatori. Questo è l’Europa. È una moltitudine di decisioni su una moltitudine di materie che ci riguardano da vicino. Che poi le decisioni siano più o meno appannaggio del nostro Paese, e della nostra regione, dipende dalla politica e dai suoi interpreti: dipenderà, in questo caso sì, da chi manderemo lì (e non parlo di colori, bensì di spessori). Ma è indubbio che l’Europa sia il luogo da cui passano le decisioni su un buon 75 per cento delle cose locali.
Votare con consapevolezza
Quindi, l’appello è: andate a votare. E votate con consapevolezza. Perché c’è un rischio, per il bene pubblico, ancor peggiore dell’apatia del cittadino ed è la cecità dell’elettore che è figlia dell’ignoranza, nipote del menefreghismo, parente stretta dell’illusione d’un bisogno quanto prima soddisfatto. Quando non è madre degenere di quelle 50 euro… Andate a votare, per la gestione del flusso dei migranti, per una maggiore cooperazione con i Paesi di provenienza, per la redistribuzione delle quote tra i vari paesi europei. Per Lampedusa, il cui hotspot è una continua pentola a pressione pronta a scoppiare.
I vincoli di bilancio dell’Europa
Dobbiamo difendere, e non darlo mai per definitivo, il concetto della libera circolazione di merci, servizi e capitali all’interno del territorio europeo: per la complicata questione dei vincoli di bilancio definiti dall’Europa (il cosiddetto Patto di stabilità), che erano stati sospesi nel 2020 per affrontare le ricadute negative della pandemia; una deroga che è scaduta nel gennaio del 2024, una scelta che mette in discussione la tenuta dell’economia italiana, specie per quanto concerne la spesa corrente, che tornerà a subire limitazioni, pur nell’impossibilità di un ritorno alle logiche dell’austerity.
La competitività internazionale
Per la transizione ecologica, per i cambiamenti climatici e, consentitemelo, per un Green deal che non sia troppo verde e non ci lasci troppo al verde. Per l’innovazione delle nostre imprese, per la competitività internazionale, per sburocratizzare questo elefante blu a stelle dorate, il cui bizantinismo incide, e non poco, su moltissimi aspetti della nostra vita quotidiana. Per la politica monetaria della BCE, le cui scelte non sono poi così lontane dalle nostre case, quelle che abbiamo acquistato a suon di mutui e sacrifici.
La difesa del made in Italy
Per le regole fiscali, che siano le più flessibili possibile. Per la Global minimum tax a carico delle grandi multinazionali (finalmente!). Per i salari. Per la promozione e la difesa del Made in Italy e per la lotta alla delocalizzazione selvaggia. Per il contrasto alla concorrenza sleale e al “sottocosto cinese”. Per le nostre arance, il nostro olio, le nostre coltivazioni, il nostro pescato. Per quei trattori in strada, per la gestione dei fondi europei semplificata. Le start up, i microcrediti e gl’interventi per l’occupazione giovanile. La ricerca. Internet. La protezione dei nostri risparmi. Gli acquisti on line sicuri, i diritti dei viaggiatori.
Votare per la democrazia
Siate consapevoli che il vostro voto deciderà quali deputati al Parlamento europeo vi rappresenteranno nell’elaborazione delle nuove leggi e influenzeranno l’elezione della Commissione europea. Decisioni che plasmeranno la vita quotidiana di tutti quanti. E sì. Andate a votare, per la democrazia! No, non voglio annoiarvi. E no che non è uno slogan. La democrazia non lo è mai stata e ancor meno lo è oggi. In un mondo sempre più complesso, l’Unione europea si occupa di sfide globali che nessun Paese può affrontare da solo, prima tra tutte la difesa della democrazia.
La democrazia non è scontata
La democrazia non deve mai essere data per scontata. È un traguardo collettivo, una responsabilità comune in cui tutti noi abbiamo un ruolo da svolgere. Puoi essere filo putiniano o amico degli ucraini, puoi simpatizzare per Ursula o sperare che non venga rieletta, puoi pensarla come ti pare su Gaza ed Israele, sul Corano e sui sionisti, sul Ramadan e sulle ONG, su Biden e Assange … ma non possiamo non essere tutti filo europei (nel senso più “territoriale” e meno politico del termine), perché più forte è l’Europa e più forti saranno i principi fondativi dell’Unione, inevitabilmente minacciati dai venti di guerra che soffiano a due passi da noi, dove il voto è una chimera, se non una presa per il minCULpop.
I padri fondatori
Del resto, i padri fondatori – De Gasperi, Schuman, Monnet, Louise Weiss, lo stesso Churchill, Marga Klompé, Adenauer – non furono mossi che da questo: la pace, l’unità e la prosperità in Europa. Ed era tutta gente “con le spalle bruciate” non solo dalle ceneri nazi-fasciste, ma anche dal fuoco imperialista che ardeva ancora nel crogiolo d’una guerra freddissima. Era gente che sentiva forte la necessità di un unicum politico territoriale e culturale, che assicurasse stabilità tout court. Perciò andate a votare, perché più unita è l’Europa più forte è l’argine al rischio di disgregazione su vasta scala, che abbiamo già sperimentato a cosa possa condurci.
Votare per i più bravi
Abbiamo bisogno di unione, non di blocchi! E – mi sia consentito- abbiamo bisogno di parlamentari europei, non di burattini campioni di voti, di leader con l’ansia del gradimento. Votate per i più bravi, che siano di destra, di centro o di sinistra, va bene lo stesso, purché siano i più bravi. In fondo, è a loro che spetta l’arduo compito di farci scoprire quello che Marcello Veneziani definisce il “patriottismo europeo”; senza che questa espressione debba per forza avere una qualche connotazione di parte.
L’Europa dei cittadini europei
Essere euro patrioti oggi, a mio avviso, significa aspirare a una Europa non più degli eurocrati, ma dei cittadini europei. È, anzi, superare in qualche modo gli eccessi nazionalistici che tendono a mantenere l’Europa ancorata alla sua dimensione di vecchio continente formato da tanti diversi stati. Anche perché gli eventi degli ultimi anni, pandemia e guerra in Ucraina su tutti, hanno inevitabilmente spinto verso scelte condivise, verso una Unione Europea di nome e di fatto. Si pensi alla formazione di un debito comune con il Recovery fund; all’azione coesa in ambito sanitario con gli acquisti collettivi dei vaccini; all’inserimento di elementi sovranazionali di organizzazione della difesa, soprattutto con la condivisione degli aiuti militari a Kiev.
L’albero robusto
Tuttavia, perché questi “semi di sovranità europea possano crescere e diventare un albero robusto” è necessario che l’Unione abbandoni progressivamente gli accordi e i veti tra gli Stati, trasferendo poteri verso le istituzioni condivise, e ripensi la governance della moneta unica dotandosi di un bilancio comune. Ecco, anche per questo a giugno saremo chiamati a votare. Vi sembra poco? Vi sembrano cose astruse, lontane, che sanno di solita solfa? A me no. Perciò andrò a votare e non perché sono una persona politicamente impegnata, ma perché voglio mantenere l’impegno civico di cittadino responsabile. Un cittadino europeo.