Frane, buche e cavilli burocratici| Strade provinciali colabrodo - Live Sicilia

Frane, buche e cavilli burocratici| Strade provinciali colabrodo

Su 2.200 chilometri complessivi, un terzo avrebbe bisogno di interventi urgenti.

PALERMO – Frane, buche, tratti chiusi da anni ma in cui le auto passano lo stesso, milioni di euro pronti per essere spesi ma bloccati da cavilli burocratici e personale ridotto all’osso. Non è un’impresa facile muoversi con l’automobile in provincia di Palermo, come sanno bene i residenti e le aziende dei comuni dell’area metropolitana: su 2.200 chilometri di strade un terzo avrebbe bisogno di interventi urgenti, un terzo di manutenzione straordinaria e l’altro terzo di quella ordinaria, che però viene fatta a fatica.

“Percorrendo alcune strade, sembra quasi che ci sia stato un bombardamento”, dice uno dei tecnici dell’ex Provincia di Palermo, oggi Città metropolitana guidata da Leoluca Orlando, a cui spetta ancora il compito di prendersi cura delle strade per l’appunto provinciali. Un compito che è diventato quasi una missione impossibile per tutte le ex Provincie siciliane, mai del tutto abolite e che vivono ancora in una specie di limbo. A Palermo, per fare un esempio, fino al 2011 si spendevano ogni anno 50 milioni di euro per la manutenzione straordinaria e cinque per quella ordinaria, per un totale di 55. Oggi si arriva a malapena a uno.

“Speriamo che nel prossimo bilancio si possano trovare 350 mila euro per i sondaggi finalizzati alla progettazione, altrimenti rischiamo di perdere fondi per 11 milioni di euro per le aree interne”, spiega l’ingegnere Salvatore Pampalone, a capo degli uffici tecnici della Città metropolitana che si occupano della viabilità. Una struttura che fino a qualche anno fa contava sette direzioni, un centinaio tra geometri e ingegneri e 550 cantonieri, ossia il personale che si occupa di pulire le strade da detriti e vegetazione, a cui venivano assegnati cinque chilometri a testa da curare giornalmente: oggi i cantonieri sono appena 60 di cui dieci inabili, con due soli capocantonieri (agli inizi del Duemila erano 80) di cui uno infortunato e prossimo alla pensione, il dirigente è soltanto uno e tra geometri e ingegneri si arriva a una ventina. Per non parlare dei mezzi, vecchi di vent’anni e che si rompono in continuazione.

Impossibile in queste condizioni stare dietro a ogni emergenza, che si ripresentano puntuali al primo acquazzone. E il bollettino sembra quello di uno scenario bellico. Ci sono interi tratti chiusi a causa delle frane sulle strade provinciali 1 che va da Montelepre a Partinico, la 2 che collega Partinico a San Cipirello, la 4 da San Cipirello a Corleone e la 9 da Campofelice a Castelbuono, ma anche sulle 8 a Valledolmo,la 26 che va da Villafrati a Godrano, la 30 a Campofelice, la 50 a Giuliana, la 84 a Vicari e la 112 a Resuttano e Patralia Sottana. Nella 102 bis, che collega San Cipirello con Piana e il parco dello Jato, sono aperti solo due chilometri su sette; la 74 da Portella della Ginestra a San Giuseppe e Piana, è chiusa in parte; la 75, che collega la statale con Corleone, è chiusa al 90%. Insomma, tutto il territorio sembra essere interessato dalle strade colabrodo: da Valledolmo a Contessa Entellina, da Campofelice a Collesano, passando per le Madonie.

Si tratta di collegamenti interni, collegamenti con le statali, strade usate dalle aziende agricole e che a volte non vengono chiuse solo perché sono necessarie alla viabilità, ma su cui ci sono limiti di velocità a 20 chilometri orari e limiti pure sulla portata dei veicoli. In un tratto della 98, a Contessa Entellina, si riesce a passare solo con i mezzi agricoli; la 110 resta aperta perché è l’unica alternativa alla statale per Corleone, chiusa per la frana. In alcuni tratti manca il bitume, in altri casi si tratta di strade chiuse da tempo, come la 44 che è interdetta dal 1985, ma che vengono ugualmente percorse perché non ci sono altri percorsi. 

Un’emergenza dovuta a più fattori: non solo il personale all’osso e i mezzi ormai vetusti, ma anche una mancata manutenzione che dura da anni e i cui segni sono ormai evidenti. Basti pensare che, in occasione dell’ultimo Giro d’Italia, la Regione ha dovuto far intervenire l’Anas per rendere percorribili alcuni tratti ed evitare le scene di Roma. E dire che alcune strade costituiscono l’unica via di accesso ad intere zone, altre strade invece sono un’alternativa alla viabilità statale, come nel caso dei cantieri sulla Palermo-Agrigento. 

Paradossalmente, però, il problema ad oggi non sono i soldi che stanno tornando ad arrivare. “C’è una maggiore interlocuzione con l’assessore alle Infrastrutture – spiega Pampalone – Proviamo ad affrontare i problemi in sinergia e collaborando”. Tra Patto per il Sud e sviluppo delle zone rurali ci sono 55 milioni, altri 2,5 potrebbero arrivare dalla Regione per la manutenzione ordinaria (dal bitume alle buche, passando per le barriere di sicurezza) e 1,9 dallo Stato che ha ricominciato a stanziare somme anche per le ex provincie dell’Isola. 

Una boccata d’ossigeno, visto che dal 2011 al 2015, complice l’annunciata abolizione delle Province, i fondi per le strade (così come per altri servizi) non sono più arrivati. Tre anni fa i primi segnali di ripresa, complici anche le frane in zona Imera, che hanno spinto la Regione a stanziare nel 2015 21 milioni per Palermo e in particolare 10 per le frane che hanno colpito le provinciali 1, 4 e 9. Peccato, però, che per far partire le gare col nuovo codice degli appalti servano anche sondaggi accurati e consulenze tecniche che hanno un loro costo: somme che sono già contenute nello stanziamento, ma che vanno anticipate da enti locali che però hanno i conti in rosso e i vincoli del patto di stabilità. Il risultato è che i lavori non sono ancora partiti e, forse, potranno farlo nel 2019 grazie a 250 mila euro trovati nelle pieghe del bilancio dell’anno scorso di Palazzo Comitini e al fatto che adesso l’ex Provincia può anche validare i progetti. 

Un intoppo burocratico che però non è isolato. Nel 2018, per esempio, la Città metropolitana avrebbe bisogno di 23 milioni per chiudere il bilancio ma, senza la manovra, non si possono stanziare le somme per i sondaggi e le consulenze, in mancanza delle quali non si possono avviare i cantieri anche se sono già finanziati. “Il 30 dicembre del 2015 ci hanno assegnato quattro milioni per la viabilità da spendere entro il giorno dopo”, spiegano negli uffici di Palazzo Jung in via Lincoln. Milioni di cui si è riusciti a spenderne una parte solo nel 2017, mentre la speranza è che entro fine anno si possano impegnare 140 mila euro per un ponte in zona Polizzi che blocca la viabilità delle aziende agricole e altri 800 mila euro per le provinciali 52 e 60 che collegano San Mauro Castelverde con Castelbuono e Geraci Siculo. I quasi due milioni in arrivo da Roma, che hanno meno vincoli di quelli regionali, potrebbero essere invece spesi per 19 interventi di manutenzione ordinaria, ossia le buche che, se non riparate, rischiano di trasformarsi in voragini. Si tratta di 190 mila euro per la strada 112, 150 mila per la 9 bis, 200 mila per la 77 bis, 100 mila per la 82, 150 mila per la 1 bis, mezzo milione per la 2, 150 mila per la 18, 250 mila per la 35, 10 mila per la 135 e 100 mila per la 4 bis. Nel 2017 Palazzo Comitini ha speso 750 mila euro di somme proprie, oltre a 200 mila euro per le calamità naturali, 300 mila per le consulenze tecniche in convenzione con l’Università, ma si tratta di bruscolini in confronto ai 55 milioni annui di prima. 

Ad oggi, quindi, gli interventi servono per lo più a limitare i danni, avvalendosi anche della partecipata Palermo Energia che, a chiamata, aiuta a pulire le strade. “Operiamo in sinergia con la Città metropolitana e i sindaci – spiega l’amministratore unico Antonio Tomaselli – Abbiamo dotato i nostri operai di indumenti ed attrezzature idonee per il decespugliamento e la pulizia degli argini, mentre a settembre abbiamo programmato ulteriori investimenti”. Sul personale tecnico si potrebbe invece sopperire con incarichi esterni, visto che, se partissero tutti i cantieri, un solo ingegnere si ritroverebbe a doverne seguire cinque o sei contemporaneamente. 

Ma quanti soldi servirebbero per rimettere in piedi tutta la viabilità provinciale? Cento milioni per gli interventi più grandi e urgenti, altri 40 per la manutenzione straordinaria, circa cinque per quella ordinaria; fondi che dovrebbero essere stabili nel tempo e che non contemplano, per esempio, strade rurali ed ex trazzere. 

“Lo stato di crisi finanziaria e istituzionale che ha caratterizzato la vita, di questi ultimi anni, delle città metropolitane e delle ex province – ha denunciato l’Anci Sicilia, per bocca del presidente Leoluca Orlando e del segretario generale Mario Alvano – ha trasformato una situazione di profondo disagio legata al cattivo stato dei collegamenti su strada in una condizione disastrosa che lede il diritto alla mobilità e alla sicurezza dei cittadini”.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI