Garanzia Giovani è un caos |Il Ministero: "Cosa sta succedendo?" - Live Sicilia

Garanzia Giovani è un caos |Il Ministero: “Cosa sta succedendo?”

Circa 500 persone vengono escluse dal progetto che ha assicurato un contratto a 1.700 ex sportellisti. E nel ricorso, tante ombre: perché il Ciapi di Priolo ha chiuso loro le porte? E anche il Dicastero del Lavoro scrive alla dirigente Corsello: "Vogliamo spiegazioni".

PALERMO – Adesso i dubbi sono diventati sospetti. E le ombre rischiano presto di trasformarsi in un esposto in Procura. Troppe cose non tornano, nel progetto “Garanzia giovani”. E persino il Ministero del Lavoro ha scritto alla Regione chiedendo, in sostanza: “Cosa sta succedendo?”.

Un ricorso portato avanti da una cinquantina di persone. Che si aggiunge, in realtà, alle pronunce del Tar delle settimane scorse. La selezione per il progetto che ha assicurato un contratto per tre mesi a circa 1800 lavoratori della Formazione presenterebbe, stando ai ricorrenti, più di qualche “incongruenza”.

L’ultimo ricorso, come detto, è stato avanzato da quarantadue persone difese dagli avvocati Francesco Leone, Simona Fell e Claudia Caradonna. I ricorrenti chiedono, in sostanza, l’annullamento della graduatoria definitiva degli idonei al progetto “Garanzia giovani” o la sua rettifica con la conseguente contrattualizzazione. Una graduatoria che sarebbe il frutto, secondo i legali, di scelte quantomeno discutibili. Il progetto, finanziato con 15 milioni targati Roma, avrebbe dovuto dare lavoro a 283 addetti di segreteria, 365 impiegati amministrativi, 1.382 addetti all’erogazione delle attività di orientamento e 35 “responsabili dei processi” (i direttori, insomma). Un totale di 2065 contratti trimestrale. I candidati hanno partecipato a una selezione il 16 e il 17 ottobre, in base alla quale alla fine dell’autunno è stata pubblicata una graduatoria con 1.854 nomi. L’elenco dei convocati, consultabile sul sito del Ciapi di Priolo, contiene però circa 500 persone in meno. Ed è lì il problema.

Tra i requisiti richiesti per la partecipazione al bando, oltre a specifici titoli di studio in base alla qualifica, e oltre all’iscrizione all’Albo unico dei formatori (anche questo elemento è stato oggetto di altri ricorsi) era previsto quello di “avere maturato esperienza per un periodo non inferiore a due anni in materia di erogazione di politiche attive del lavoro”. Al bando partecipano 2263 persone. Alcune di queste verranno subito escluse per l’assenza di uno di questi requisiti. Gli altri partecipano alle selezioni. Tra questi, anche i 42 ricorrenti che ammessi alla prova scritta ricevevano un punteggio sufficiente per piazzarsi in una posizione utile in graduatoria. Entro il 22 dicembre arrivano al Ciapi di Priolo i documenti che comprovano il possesso di quei requisiti. Dopo la valutazione dei documenti presentati, ecco una nuova graduatoria: i 42 sono ancora dentro. Arrivano le feste. Ma con l’ingresso dell’anno nuovo, ecco anche una graduatoria nuova. Il 7 gennaio infatti il Ciapi pubblica l’elenco delle persone che dovranno recarsi nella sede dell’ente in house della Regione per la contrattualizzazione. I 42 sono scomparsi. Come mai?

La spiegazione è in una lettera che porta la firma del direttore dell’ente, Luciana Rallo. Quelle persone non avrebbero posseduto alcuni requisiti, In particolare quelli che prevedono una precedente esperienza in “politiche attive del lavoro”. E il problema sta proprio lì. Nella definizione di quel requisito. Molti dei ricorrenti, infatti, hanno dimostrato di avere lavorato per gli enti di formazione anche per sette, otto, dieci anni. Ma per il direttore del Ciapi di Priolo “la mera allegazione di contratti di lavoro con enti operanti nel settore della formazione professionale e delle buste paga, non è sufficiente”. Nonostante nel bando, questa la tesi dei legali, non sia richiesta alcuna documentazione da esibire per comprovare il possesso di quel requisito. Così, la spiegazione del Ciapi non convince i legali dei ricorrenti: perché il lavoro negli enti non può essere considerato come ‘politica attiva del lavoro’? E perché, nella lettera del direttore del Ciapi, viene specificato cosa “non serve” e non, invece, quale documentazione i ricorrenti avrebbero dovuto esibire?

Così, il dubbio è diventato sospetto. Secondo i legali, quel bando, in origine aperto a tutte le categorie professionali operanti nel settore della formazione, è stato, di fatto, rimodulato per consentire la contrattualizzazione dai soli cosiddetti ex “sportellisti”. Escludendo, secondo i legali illegittimamente, le domande presentate dai dipendenti degli enti operanti nel settore della formazione, diversi dai lavoratori dei cosiddetti sportelli multifuzionali. I lavoratori, questi ultimi, che la Regione ha tolto agli enti, per poi lasciare in un limbo di contratti a tempo determinatissimo. Gli ultimi, appunto, quelli sottoscritti al Ciapi di Priolo che scadranno tra poco.

Ma su quelle esclusioni anche il Ministero del Lavoro ha voluto vederci chiaro. Con una nota inviata qualche giorno fa al dirigente generale Anna Rosa Corsello, i dirigenti del dicastero hanno chiesto spiegazioni: “Si richiede l’urgente invio – si legge – di un approfondimento relativo alla procedura di selezione attuata, corredato dalla documentazione eventualmente necessaria. Si evienzia che le problematiche rilevate fanno riferimento in particolare alla definizione di politiche attive del lavoro e alle motivazioni di esclusione di taluni candidati, ammessi nella graduatoria provvisoria ma esclusi in quella definitiva”. Il Ministero, insomma, chiede alla Regione cosa intenda per “politiche attive del lavoro”. E come mai in quella definizione non fossero inclusi coloro i quali avevano svolto l’attività di formatore. Anche perché, stando a quanto emerge da una richiesta di accesso agli atti dei legali, mentre i 42 lavoratori venivano esclusi, altri, con gli stesi requisiti, avevano già firmato il contratto. Uno “svarione”, sarebbe stata la spiegazione dell’ente. Che ha subito – raccontano gli avvocati – sospeso quei contratti.

I lavoratori esclusi, insomma, hanno bussato fino alla porta del Ministero per chiedere giustizia. Anche perché nei loro racconti emerge una “storia nella storia”. L’accesso a quella graduatoria, infatti, avrebbe rappresentato un “lasciapassare” verso una successiva assunzione a tempo indeterminato. Una ipotesi che sarebbe stata già messa nero su bianco in una bozza di accordo tra l’assessorato regionale al Lavoro e i sindacati. E che gira in maniera ancora non ancora ufficiale. Ma che prevede, appunto, una sorta di “canale preferenziale” per i lavoratori assunti per mezzo di “Garanzia giovani” che verrebbero contrattualizzati stabilmente dagli enti di Formazione. Per gli esclusi, quindi, addio non solo ai tre mesi di Garanzia giovani, ma anche e soprattutto alla speranza di stabilizzazione.

Proteste che si aggiungono a quelle già giunte al Tar che pochi gioni fa ha bloccato le nuove convocazioni per i contratti del progetto. Sulla vicenda, come LiveSicilia aveva anticipato, hanno presentato ricorso otto candidati, esclusi dal Ciapi di Priolo dopo essere stati inseriti in graduatoria. A loro, assistiti dagli avvocati Massimiliano Mangano e Giovanni Barraja, ha dato ragione la terza sezione del Tar, presieduta da Calogero Ferlisi: in attesa dell’udienza di merito, che si terrà il 14 aprile, il Ciapi non potrà stipulare nuovi contratti. Il motivo alla base del ricorso, sarebbe quello della “ritorsione”. Quei lavoratori, infatti, alla scadenza del contratto a tempo determinato col Ciapi avevano chiesto il “riconoscimento del rapporto di lavoro a tempo indeterminato e la immediata reintegrazione nel posto di lavoro con il pagamento di tutte le retribuzioni maturate dalla data di assunzione a quella di effettiva reintegrazione”. Ma sono poi stati esclusi dalle graduatorie per la stabilizzazione. Per l’avvocato Mangano, che ha inviato una diffida all’ente presieduto da Egidio Ortisi (che LiveSicilia ha cercato senza successo di contattare), i due fatti sono collegati. Nuovi dubbi, nuovi sospetti sull’ente che, per il presidente della Regione Crocetta, avrebbe dovuto “salvare” i lavoratori della Formazione.


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