Generazione Covid, la scuola sia laboratorio di vita - Live Sicilia

Generazione Covid, la scuola sia laboratorio di vita

Tra i tanti disagi e drammatiche situazioni che abbiamo e stiamo vivendo sembra essersi scordato ciò che stanno vivendo i nostri giovani.
IDEE IN PIAZZA
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C’è un argomento in questo anno e mezzo di pandemia che sembra aver interessato davvero pochi, quasi non fosse un baricentro essenziale dell’assetto sociale, surclassato da analisi, grafici, opinionisti di ogni genere e previsioni che l’hanno inesorabilmente fatto piombare nell’oblio della contingenza. Nella non essenzialità. Tra i tanti disagi e drammatiche situazioni che abbiamo e stiamo vivendo sembra essersi scordato ciò che stanno vivendo i nostri giovani. Quei cittadini che portano con se il fardello di essere la futura generazione strutturante della nostra collettività ma sopratutto la prossima classe dirigente del paese.

Soprattutto l’attenzione dovrebbe soffermarsi sugli adolescenti, su quei ragazzi che per naturale evoluzione biologica si trovano nel pieno dell’impeto adolescenziale, che a forza hanno dovuto arginarlo, comprimerlo, perfino castrarlo richiudendosi in un proprio mood ( come direbbero loro) lasciati a doverne gestire da soli le risultanze emotive nella distrazione generale. Qualcuno si è davvero chiesto cosa vuol dire per un ragazzo/a di 14, 15, 16 età in cui vi è una vera e propria esplosione dell’io formativo, essere privato della piena possibilità di calarsi nella mescolanza di relazioni che si voglia ammettere o meno è racchiusa principalmente nell’istituzione scolastica.

Forse è il momento che insieme alle tante riforme che si paventano, si facesse qualche riflessione seria su che cosa è davvero la scuola Italiana oggi. La scuola innanzi tutto è un istituzione sociale, che dopo la famiglia è proprio quella con cui un giovane individuo entra in diretta relazione con l’esterno, dove il periodo liceale forse è tra i più importanti. Non si ci è soffermati abbastanza, o per nulla, a comprendere come la scuola non è solo didattica, ma socializzazione, confronto intergenerazionale, raffronto tra situazioni sociali diverse, perfino scontro ideologico. Ma oggi l’unico problema sembra essere le difficoltà legate alla didattica a distanza. Ma in realtà si è perso molto di più e bisognerà lavorare molto per recuperarlo. È ora di avere il coraggio di rivedere il sistema scuola nel suo complesso. Tra le tante riforme epocali che si proclamano in questi mesi, si parla troppo poco proprio della scuola che è in dietro non è al passo con i tempi e che pertanto necessita di una riforma strutturale coraggiosa. Quello di cui si sta parlando in realtà è di reimpostare l’asse culturale del paese dalle proprie fondamenta.

La scuola deve uscire dalla mera logica della didattica nozionistica e diventare reale laboratorio di vita quale spazio di confronto culturale e interpersonale. Perché solo così si potrà provare a risarcire una generazione devastata dalla vita in DAD. Non saranno certo i banchi con le rotelle, la presenza al 50%, il restare chiusi in classe durante le ore di pausa, che potranno rappresentare una riforma strutturale del sistema scolastico. Cosi per la didattica ormai obsoleta e stereotipata in informazioni per lo più decontestualizzate dal ruolo sociale che hanno i nostri ragazzi. Forse più che gli Egizi ai nostri adolescenti dovrebbe essere insegnato cosa è successo negli ultimi 150 anni, in cui errori sociali globali ne sono stati fatti parecchi, proprio per evitare che si possano ricompiere, tenerli al passo con i tempi, con loro tempo non più con quello di due o tre generazioni fa, rifacendoli approcciare a reali stimoli evolutivi. L’evoluzione sociale è un continuo fluire e trasformarsi, bisognerebbe introdurre nozioni di sociologia nelle scuole non di teologica steriotipazione culturale, dare la possibilità ai nostri prossimi uomini di avere maggiori elementi per interpretare il proprio futuro, aiutarli ad avere più elementi per comprendere e comprendersi.

Una scuola con una modulazione didattica diversa al passo con i tempi e con una società che muta rapidamente e che chiede a gran voce un re-settaggio e una nuova classe dirigente pronta a raccoglierne le prossime sfide.

Ciò non da meno vale per la classe docente, che come in qualsiasi ambito a volte eccelle altre mostra tutti i propri limiti. A loro noi affidiamo la formazione dei nostri figli, a volte la vigilanza e perfino in alcuni casi l’educazione, sentinelle attente ma a cui non viene riconosciuto alcun status sociale. Al contrario inglobati in una sorta di formalità involutiva e antagonista con le famiglie e il restante mondo della formazione.

Pensate allo status sociale, oltre che economico, che viene dato ad un magistrato, cioè a colui che nella separazione dei poteri dello Stato gli viene affidato il compito di amministrare la giustizia. Ma ad un insegnante a cui, a mia opinione, dovrebbe essere reso molto più selettivo il percorso per diventarlo, non affidiamo la formazione della futura classe dirigente della nostra società? Ad essi, se realmente formati e preparati quale status sociale dovremmo riconoscere, perché non ammettere che anch’essi contribuiscono a dare ai nostri figli una chance per il futuro. Questa pandemia ha fatto pagare un prezzo altissimo ad una fascia di adolescenti destabilizzandone i naturali istinti sociali. Ma non dimentichiamo mai che il disagio dei giovani è il disagio del futuro…..

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