PALERMO – Un ammutinamento in piena regola. Questo il senso della lettera che questa mattina i più alti burocrati della Gesip hanno inviato al liquidatore, Giovanni La Bianca, e per conoscenza al sindaco Leoluca Orlando e al collegio sindacale. Una missiva, firmata dai componenti dello staff del liquidatore e dai responsabili degli uffici, che hanno messo nero su bianco la propria volontà di non lavorare più al fianco di La Bianca.
Una “rivolta” che isola completamente il liquidatore che già nelle scorse settimane ha dovuto fare i conti con la rottura col Comune, che lo ha platealmente sconfessato per un’intesa firmata insieme ai lavoratori, e con il collegio sindacale che in un verbale gli ha intimato di convocare l’assemblea dei soci e lo ha messo sotto accusa per il compenso e le consulenze non autorizzate.
Ma adesso La Bianca deve fare i conti anche con l’ammutinamento del suo stesso staff di fiducia e dei quadri aziendali che in questi due mesi e mezzo hanno continuato a lavorare, su chiamata dalla società, per garantire il proseguio delle attività amministrative.
“Facciamo presente – scrivono in 14, ovvero Daniela Di Blasi, Licia Sciacca, Vincenzo Ceruso, Salvatore Confarotta, Giovanna Insinna, Margherita Randazzo, Angelo Ribaudo, Daniele Massara, Nicola Presti, Giuseppe Alfano, Vincenzo Mirabile, Sacha Della Sala, Alessandro Coniglio e Daniele De Almagro – di essere in un pesante stato di disagio dovuto alla consapevolezza che i lavoratori sospesi dal servizio sono da oltre due mesi e mezzo senza alcuna retribuzione, né altra sia pur minima misura economica a loro favore. Inoltre, il comprensibile clima di forte tensione si è ulteriormente aggravato a seguito della riunione tenutasi presso la sede in data 14 novembre”.
Un riferimento chiaro ed esplicito all’ultima, drammatica riunione con i dipendenti interrotta dal tentativo di questi ultimi di linciare il liquidatore, accusato di aver speso 600mila euro, dei 900mila in cassa, per pagare debiti con l’Inps senza neanche avvalersi della rateizzazione, che pure era possibile, e in barba a qualunque altro debito precedente o alla volontà dei lavoratori di dividere la somma fra loro per il pagamento delle ferie non godute.
Un atto di guerra, o almeno così lo hanno interpretato i lavoratori portati all’esasperazione che hanno costretto La Bianca alla fuga, protetto dalla Polizia, e che ha scatenato l’ammutinamento dei burocrati che non hanno alcuna intenzione di essere travolti dalla rabbia dei colleghi e di divenire “complici” delle scelte del liquidatore. Un primo avvertimento, quello lanciato a La Bianca, e la richiesta di “non essere convocati in servizio” che di fatto, già da stamattina, ha provocato la chiusura degli uffici di via Toselli.
In 13 hanno scritto al direttore del Personale, Daniele De Almagro, unico dirigente in servizio oltre al sospeso Giacomo Palazzolo, che non ha potuto far altro che “comprendere e condividere le motivazione della richiesta”, come si legge nella missiva. E ora la palla passa al Comune.
Gli autori della lettera si aspettano, a questo punto, un segnale forte da piazza Pretoria e sarebbero pronti anche a rifiutarsi di tornare al lavoro se non si segnerà una discontinuità con l’attuale gestione. Perfino i sindaci sarebbero sul piede di guerra, pronti a chiedere ad Orlando di intervenire per rimuovere La Bianca ed evitare ulteriori guai ad un’azienda ormai al collasso.
“Vogliamo che sia chiaro che noi con il liquidatore non abbiamo più niente a che fare – dicono, a taccuini chiusi, alcuni dei firmatari – sta portando la Gesip al disastro e il Comune, non si capisce perché, ancora non interviene”. In realtà, l’assessore alle Partecipate Cesare Lapiana nei giorni scorsi ha scritto a La Bianca chiedendo conto e ragione delle consulenze e l’immediata convocazione dell’assemblea dei soci con all’ordine del giorno i punti indicati dal collegio dei sindaci.
Peccato, però, che da via Toselli rimbalzino voci di nuove consulenze e soprattutto che il liquidatore ha sì convocato l’assemblea per il 26 e il 27 novembre, ma impedendo al Comune il voto per corrispondenza, chiesto per evitare presenze che creerebbero tensioni, e togliendo, a quanto si apprende, dall’ordine del giorno il punto sul bilancio 2011 che piazza Pretoria avrebbe bocciato.
Un’ulteriore prova dell’isolamento del liquidatore, che da oggi non potrà nemmeno contare sui suoi più stretti collaboratori mentre, come su un novello Bounty, rimane alla guida di una nave ormai alla deriva.