Gli affari in via Ustica: il pentito, mister X e le minacce di morte - Live Sicilia

Gli affari in via Ustica: il pentito, mister X e le minacce di morte

I retroscena del blitz Mezzaluna.
LE CARTE DELL'INCHIESTA
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CATANIA – “I Ventaloro non fanno parte del clan Nizza”. Ne è convinto il collaboratore di giustizia Silvio Corra – cognato di Angelo Santapaola (ucciso nel 2007) –  che ha gestito per conto dei narcotrafficanti del clan Santapaola gli affari di Librino, San Cristoforo e San Giovanni Galermo. Insomma i principali indagati del blitz Mezzaluna, che ha messo sottosopra la piazza di spaccio di via Ustica, non sarebbero ‘soldati’ del gruppo di Cosa nostra. Il pentito però conoscerebbe molto bene le abitudini della famiglia Ventaloro: “Nella stessa palazzina al primo piano abitano i Ventaloro. Il figlio attualmente ha gli arresti domiciliari. Gli stessi gestiscono una piazza di spaccio di cocaina e di marijuana dentro e sotto la loro abitazione. Vi sono delle vere e proprie turnazioni; la mattina il padre con un ragazzo spaccia marijuana e cocaina sotto casa, il pomeriggio, dalle 15 alle 19, spaccia Nino ‘poveramore e il figlio Giovanni insieme a Paolo copertone, e la notte spaccia cocaina il figlio di Ventaloro sino alle 5 del mattino”

Le dichiarazioni di Silvio Corra si incastrano con quanto documentato dalla Squadra Mobile di Catania attraverso cimici, telecamere e agenti ‘infiltrati’. Nelle 365 pagine dell’ordinanza del gip Pietro Currò sono descritti in modo schematico i turni di spaccio all’ombra dei palazzoni della mezzaluna di Trappeto Nord. Si lavorava per ben cinque turni, ma per gli inquirenti tutto avrebbe fatto capo a un’unica gang della droga. Il primo dalle 7 alle 13 nei pressi del civico 18 di via Ustica; il secondo dalle 13 alle 19 vicino ai civici 6 e 8 (qui si lavorava con un lanciatore, che metteva nel panaro le dosi dal terzo piano del civico 1) , il terzo dalle 17 alle 21 al civico 18, il quarto dalle 19 alle 2 di notte quasi sempre sotto il civico 12, ma poteva accadere anche nei pressi del 14. L’ultimo era un ‘h24’ nella casa dello spaccio del quarto piano del civico 22 di via Ustica (i pusher lavoravano dalle 4 alle 6 su quattro fasce: mattina, pomeriggio, sera e notte). 

Ma se i Ventaloro sono come dire ‘cani sciolti’ della droga, così non sarebbe per altri indagati (tre sono al momento irreperibili). È sempre Corra a raccontarlo al pm Rocco Liguori, titolare dell’indagine della mobile. “Del gruppo di San Giovanni Galermo fa parte anche Nino, inteso poveramore, e suo figlio Giovanni, che trafficano droga del tipo cocaina in via Ustica. Il padre spaccia cocaina nella sua abitazione sita al quinto piano e il figlio, unitamente a Paolo, detto copertone e che fa riferimento a Massimo Cappello, spaccia cocaina davanti la propria abitazione…. omissis .. Ricordo che circa tre settimane fa Nino e Giovanni vennero da me a San Cristoforo in quanto erano in debito di 12 mila euro con ..omissis… che si occupava della carta delle piazze, e che li aveva minacciati di morte. . omissis …”

La Squadra Mobile con una precisa annotazione di servizio, fornisce nome e cognome delle persone indicate da Silvio Corra nei verbali. “Nino poverammore” sarebbe all’anagrafe Vito Claudio Gangi (il cui soprannome lo avrebbe ereditato dal padre Antonio) e il figlio Giovanni. E il mister X che teneva la carta delle piazze li avrebbe minacciati di morte. Il nome del ‘ragioniere’ dei Nizza è coperto da un omissis. Ma sarebbe un personaggio pronto a usare la violenza per un debito di droga.

I Ventaloro, invece, per la polizia sono Carmelo e Mirko Ventaloro (quest’ultimo ai domiciliari nell’agosto 2020). I due nuclei familiari abitano nella stessa palazzina di via Ustica. Tutti e tre sono stati arrestati nel blitz di stamattina. Ma gli indagati si aspettavano che la polizia sarebbe arrivata presto a bussare alla loro porta. A gennaio 2020 infatti Antonello Ventaloro, Giovanni Davide Gangi e Angelo Santoro hanno trovato una microspia all’interno di una cassetta idraulica. Da quel momento è scattato il panico “Non parlate più! Non parlate con nessuno!”. Il timore è durato ben poco. Perché lo spaccio è continuato senza sosta. Per gli inquirenti avrebbe assicurato guadagni di 10mila euro al dì

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