I rifiuti e le manovre per nascondere la presenza del boss ed ex pentito

I rifiuti e le manovre per nascondere il boss ed ex pentito

Così vengono ricostruite le operazioni spregiudicate degli imprenditori arrestati per bancarotta

PALERMO – Bisognava mascherare la presenza nella società di soggetti colpiti da interdittiva antimafia. Era l’unica possibilità per evitare di perdere la commessa pubblica. E così i cugini Stefano e Michele Lo Greco fecero un passo indietro. Il rappresentante legale della Cogesi divenne Valentina Mangano, compagna di Stefano.

Tutti e tre sono finiti agli arresti domiciliari nel blitz dei carabinieri e dei finanzieri del Gruppo Palermo. Ed era Mangano a tenere i contatti con Giuseppe Gullo, dipendente del Comune di Partinico che il giudice per le indagini preliminari ha sospeso dal servizio, accogliendo la richiesta del procuratore aggiunto Sergio Demontis e dei sostituti Vincenzo Amico e Giacomo Brandini.

Perché era scattata l’interdittiva antimafia? La prima a muoversi fu la prefettura di Verona secondo cui, dietro la società, c’era lo zio Giuseppe La Rosa, pregiudicato per associazione a delinquere di tipo mafioso ed ex collaboratore di giustizia. Originario di San Cipirello, ma residente da tempo a Udine, La Rosa era già stato condannato per mafia per essere stato a disposizione del boss Balduccio Di Maggio. Di recente è stato indagato per un giro di false fatturazioni.

L’interdittiva aveva colpito la Commercial Company srl. Secondo la prefettura veronese, Lo Greco nel 2016 aveva acquistato le quote per conto della zio. Nel 2019 toccò alla prefettura di Palermo adottare l’interdittiva nei confronti della Clean System Petroli srl, sempre per la presenza di Michele Lo Greco.

Successivamente, sulla base degli stessi elementi, anche la Cogesi è stata raggiunta da interdittiva antimafia. Per aggirare il problema i Lo Greco avrebbero progettato la creazione di una nuova società, la Eco Industry, creata il 2 agosto 2019 e cioè un mese prima dell’inizio della sospensione della Cogesi dall’Albo gestori ambientali (da cui la nuova società acquisì il ramo di azienda), e solo nove giorni dopo la pubblicazione della Gazzetta ufficiale del decreto di scioglimento del Comune di San Cipirello per infiltrazioni mafiose.

La cessione del ramo di azienda alla Cogesi, il cui socio di maggioranza era un semplice operaio, segnò il passaggio alla nuova società delle commesse che Cogesi aveva ricevuto dai comuni di Prizzi, Santa Cristina Gela, Roccamena, Giuliana, Cerda, Pietraperzia, ma anche Ailano e Pietramelara in Campania.

La Cogesi era da mesi in difficoltà.
L’allora sindaco Maurizio De Luca, che si sarebbe poi dimesso per il pesante clima politico e amministrativo, aveva deciso di revocare l’appalto per una serie di inadempienze contrattuali. E il segretario comunale Lucio Guarino dettò le line guida al dipendente comunale Gullo per mettere alla porta Cogesi con una lettera scritta e bandire un nuovo appalto.

Pochi giorni dopo Gallo contattava Lo Greco per spiegargli: “… allora io ho una relazione in cui la… e ho quelle dichiarazioni io che cazzo ci posso fare?… ne capiscono niente loro…”. Era stato costretto a inviare in azienda i vigili urbani per un’ispezione e invitava Lo Greco a presentare le controdeduzioni: e l’imprenditore rispondeva: “… domani tu ce l’hai”.

Pochi mesi dopo il Tribunale di Palermo decretò il fallimento della Cogesi che nel frattempo sarebbe stata spogliata di tutti i beni per evitare che finissero nelle mani dei creditori. Un buco da 2,5 milioni di euro che ha fatto scattare l’accusa di bancarotta fraudolenta.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI