CATANIA – Secondo i giudici sarebbe un uomo d’onore riservato… ma neanche troppo. E questo perché a un certo punto, il 31 ottobre scorso, dopo aver litigato sul lavoro con un catanese, sarebbe brutalmente passato dalle parole ai fatti.
Il ricorso
Lo avrebbe aggredito vigliaccamente, secondo le ipotesi di reato, assieme ad altre due persone. Uno avrebbe usato una mazza da baseball e l’altro gli avrebbe sparato gambizzandolo, a bruciapelo. Il movente? La vittima dell’aggressione gli aveva mancato di rispetto. A lavoro. Così si sarebbe fatto rispettare a modo suo.
Eppure Francesco Russo, il presunto attuale reggente del clan Santapaola Ercolano, ritenuto uno dei presunti “pezzi da Novanta” arrestati dalla Squadra mobile nell’operazione Ombra, non ci sta. E il suo legale, l’avvocato Vito Di Stefano, ha impugnato l’ordinanza del Gip Marina Rizza.
Il ricorso quasi certamente tratterà i cosiddetti “gravi indizi”: le “esigenze cautelari”, quando c’è di mezzo un’accusa di mafia, vengono ritenute quasi sottintese.
Il “predecessore”
Per la polizia sarebbe lui il successore di Ciccio Napoli, catturato nell’inchiesta “Sangue Blu”. Napoli, si ricorda, aveva anche lontane origini mafiose, tanto da ritenerlo appartenente a una sorta di aristocrazia mafiosa in salsa catanese. Russo, allo sesso modo, sarebbe stato ritenuto affidabile, tanto da mettergli in mano uno dei clan più influenti e pericolosi dell’intera Cosa Nostra.
Al giudice, nell’interrogatorio di garanzia, Russo pochi giorni fa si è rifiutato di dire alcunché. Si è avvalso della facoltà di non rispondere. Ha fatto scena muta. Le accuse per lui sono gravi. C’è l’associazione a delinquere di stampo mafioso. E c’è l’ipotesi di lesioni gravi aggravate. Ma adesso il suo legale ha presentato ricorso al Tribunale di Libertà.
I colloqui riservati
Russo per gli investigatori, come detto, avrebbe ereditato da Napoli anche la formula dell’uomo d’onore “riservato”, cioè il fatto che a vedere le sue mostrine del capo, in pratica, sarebbero stati solo in pochi. Un’attribuzione che di certo non ha portato bene a Napoli, che pure è stato condannato solo in primo grado. Ma di Russo un mafioso, intercettato, dice: “È lui che ha la patata”.
E poi spiega: “Se la vede da fuori… neanche lo nominano… io lo so perché lo… ma in pochi lo sappiamo… u paloccu riferisce a lui, hai capito?”. U paloccu è il soprannome di Salvatore Mirabella, colui che per gli investigatori sarebbe stato l’unico interlocutore autorizzato, almeno in teoria, a ricevere gli ordini da Russo. L’unico interlocutore diretto.
L’udienza
A decidere sarà un collegio di sei giudici del Riesame. I giudici dovranno decidere peraltro sui ricorsi presentati da quasi tutti i difensori degli arrestati nell’operazione Ombra. L’udienza, dinanzi alla sezione Feriale del Riesame, si dovrebbe svolgere presumibilmente verso la metà di agosto.
Sarà il primo momento della verità per l’inchiesta della Squadra mobile catanese. Per la prima volta le ricostruzioni della Dda, che si basano su intercettazioni, appostamenti e ricostruzioni dei pentiti, passeranno dal vaglio di un collegio di giudici. Gli interrogatori intanto sono ancora in corso.