"Appena esco devo ammazzare..."| Rischio ritorsioni, indagati in cella - Live Sicilia

“Appena esco devo ammazzare…”| Rischio ritorsioni, indagati in cella

Carmelo Di Bella, funzionario dell'ex municipalizzata, è accusato assieme al collega Carlo Fasetti di avere rubato 800 mila euro sborsati dagli amministratori. Le microspie in carcere farebbero emergere la sua rabbia. E il Riesame ha respinto la richiesta di scarcerazione.

Palermo, caso amap
di
2 min di lettura

PALERMO – “Speriamo di uscire a testa alta perché devo andare ad ammazzare... poi devo tornare qua a mio piacere”. Frasi pronunciate da Carmelo Di Bella durante il colloquio con i familiari. Dettate dalla rabbia per essere finito in carcere oppure nascondono davvero propositi di vendetta? Sta di fatto che il Tribunale del Riesame le ha rimarcate per respingere la richiesta di scarcerazione di Di Bella, funzionario dell’Amap e del collega Carlo Fasetti, entrambi finiti in cella.

Sono accusati di truffa e peculato perché si sarebbero messi in tasca circa 800 mila euro che alcuni amministratori di condominio avevano versato all’ex municipalizzata per pagare le bollette dell’acqua.

L’inchiesta è partita grazie alla segnalazione dei vertici dell’azienda di via Volturno, compreso il dirigente a cui sono erano rivolte le frasi di Di Bella in carcere. La paura che potesse scattare la ritorsione è legata, anche e soprattutto, a quanto accaduto nei mesi scorsi, prima che scattasse la misura cautelare. Nel lavoro dei pn Gianluca De Leo e Daniela Varone c’è un capitolo investigativo ancora aperto.

Nei giorni immediatamente successivi alla presentazione della denuncia da parte dei vertici dell’azienda si registrarono una serie di episodi inquietanti che non sono contestati a Fasetti e Di Bella. Gli autori, al momento, restano ignoti. La prima intimidazione fu denunciata nel settembre dell’anno scorso. Nel cuore della notte una voce maschile pronunciava al citofono di casa di uno dei tre dirigenti le frasi: “Cerca di ammugliare tutte cose all’acquedotto… cerca di sistemare tutte cose altrimenti ti rompiamo le gambe”.

È lo stesso funzionario a cui aveva bussato l’addetto di un’agenzia funebre avvertito da un fantomatico parente del defunto. Al suo indirizzo qualche giorno dopo fu recapitata una testa di bovino. Infine, l’11 ottobre ecco recapitare un mazzo di fiori ai tre dirigenti impegnati in un corso di aggiornamento al castello Utveggio. Il testo del biglietto, lo stesso per tutti, era inequivocabile: “Non c’è meglio occasione per chiudere discorso acquedotto”.

Le indagini, dunque, vanno avanti sia per identificare gli autori delle minacce, sia per scovare eventuali presunti complici con Fasetti e Di Bella avrebbero diviso gli ottocento mila euro delle bollette. Nel frattempo i due indagati restano in cella.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI