Il grande freddo| e l'esordio di Enzino - Live Sicilia

Il grande freddo| e l’esordio di Enzino

Dal 'Barbera' semivuoto e infreddolito visto nella sfida col Modena escono diverse cartoline: il saluto di Tanino Vasari, l'ennesimo striscione di solidarietà al pm Nino Di Matteo e i primi calci di Maresca con la maglia rosanero.

il processo al palermo
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PALERMO – Il freddo è una serpe che si insinua ovunque, non trova ostacoli di sorta, né la sciarpa, né il cappotto e così le ossa dolgono e le giunture scricchiolano. Ma io vado avanti e so che mi basta vedere la sagoma familiare e tanto amata del mio stadio per non sentire quasi più la fatica di vivere. Né il gelo che ti penetra nelle ossa, né le gambe dure come marmo, che ormai si trascinano e sembrano cedere da un momento all’altro.

Ma eccolo il “Barbera”: è sontuoso, come sempre. Visto da fuori. Una volta dentro, sbucato dall’ultima rampa di scale, mi si stringe il cuore, come sempre (derby col Trapani escluso) da quando è cominciato questo travagliato campionato di serie B: spalti semivuoti e un silenzio sepolcrale. Poi, entra in campo al piccolo trotto uno degli “eroi” del “Palermo dei picciotti”, di Ignazio Arcoleo, quello che a metà degli anni novanta fece sognare i tifosi: è’ Tanino Vasari, il picciotto di Borgo vecchio, detto “Speedy” per la sua rapidità, capace com’era nella sottile striscia che delimita il terreno di gioco dal fallo laterale, di saltare, uno dopo l’altro, gli avversari come birilli. E poi puntare verso il centro e fare assist al bacio o gol strepitosi. Ma quelli erano altri tempi e lui mi riempie il cuore di nostalgia con le sue parole calde e sincere, che sanno di amore mai tradito: “Ho fatto la mia carriera, ho giocato in A, ho avuto tante belle soddisfazioni, ma il Palermo resta sempre la mia squadra!”. E sottolinea quel “mia” con una vibrazione speciale della voce. E io mi sento già un leone, anche perché giro lo sguardo e vedo uno striscione che riscalda il cuore: “Forza Di Matteo Tifiamo per te”, che testimonia della “nuova” coscienza dei palermitani, che un tempo non troppo lontano da quegli stessi spalti mandavano ben altri messaggi.

La partita è difficile, c’è uno scontro generazionale e sentimentale: quello fra allievo e maestro. L’allievo è il nostro allenatore, il maestro è Novellino. Iachini gli fece da secondo nel Piacenza, in tempi già lontani e ancor prima gli fece da… vice allenatore in campo. Insomma, c’è reciproco rispetto e grande stima e si vede subito all’entrata in campo, quando i due si salutano affabilmente. Ma sono due guerrieri e i complimenti fra i due finiscono, subito, al fischio d’inizio di Borriello. Che è un figlio d’arte e arbitra con un’aria di sufficienza che alla lunga infastidisce. Sembra che si trovi lì suo malgrado e che gli prema solo far capire a tutti che merita ben altro che la serie B. Il Palermo è pieno di rattoppi (senza offesa, naturalmente, visto che mancano Barreto, Lafferty, Dybala, Bolzoni, Milanovic, Belotti: hai detto niente! Eppure l’approccio alla gara è quello giusto, c’è la corsa, c’è la grinta e c’è finalmente uno che ragiona in mezzo la campo: Enzino Maresca.

Lui, sì, sembra capitato lì per caso: si vede lontano un miglio che è abituato a ben altro, che la foga eccessiva che lo assale da ogni parte lo mette in difficoltà, tanto più che quel furbone di Novellino ha dato ordini precisi: “Non perdete di vista Enzino: fermato lui, fermerete il Palermo!”. Così è se vi pare, perché, almeno nella prima frazione di gara, Enzino si smarca sempre e dovunque, a ridosso della nostra area e di quella avversaria. E, ben spalleggiato da Verre – che gli potrebbe quasi far da figlio, vista la giovanissima età – avvia le più pericolose azioni del Palermo e la squadra tutta gira bene, sia in fase di possesso che di non possesso. E arrivano i due quasi gol di Hernandez e Ngoyi ( a proposito, complimenti al possente centrocampista francese, che in un ruolo inedito, almeno in questa stagione, fa il suo e pure di più) e in entrambe c’è il lavoro in coppia di Maresca e Verre. Oltre al bellissimo cross di Drapelà, sul quale si avventa al 32’ come una furia Ngoyi, surclassa fisicamente l’avversario e colpisce di testa: è una scudisciata che, purtroppo, s’infrange contro la traversa, con Pinsoglio battutissimo. Poi, nella ripresa, ricomincia la danza: identica. Il Palermo che fa la partita e il Modena che riparte, appena possibile: ha due frecce lì davanti, Babacar e Molina. Sono capaci delle peggiori sorprese possibili e ci provano pure ma a difesa della nostra porta c’è un Ujkani in vena di prodezze. E svolge senza scomporsi minimamente il poco lavoro che i due gli procurano. Almeno nel primo tempo, perché nella ripresa, nel giro di un paio di minuti, invece, è costretto agli straordinari: fra il 60’ e il 61’ compie due magnifici interventi su altrettanti micidiali colpi di testa. Il primo è modenese e, per sventarlo, deve volare sulla sua sinistra e schiaffeggiare in angolo quella palla velenosa. Il secondo, invece, sul corner susseguente, è una stilettata a tradimento, di quelle che di solito il portiere neanche vede perché non se le aspetta. Infatti è Andelkovic che, nel tentativo di anticipare Zoboli, colpisce di testa indirizzando verso la sua porta. E’ un lampo e in quel lampo c’è lui, il bravo, modesto e fin troppo, anche nel recente passato, “maltrattato” Samir Ujkani, che vola felino a deviare quel pallone galeotto. Salvandoci così dallo 0-1, per rimediare al quale la mezzora che restava da giocare poteva non bastare. Anche perché chi attacca a perdifiato spreca sicuramente il doppio delle energie di chi si limita a difendere e – eventualmente – ripartire. Capitan Hernandez comincia a sentire la fatica e così tutti gli altri, anche se Iachini ha già pensato di innervare nel cuore della squadra forze fresche, inserendo il giovane Malele per un evanescente Troianello (l’alibi del ruolo non suo regge fino a un certo punto, io so solo che aveva un’occasione per farci vedere di che pasta è fatto è l’ha sprecata) e, poco dopo, Stevanovic per Ngoyi. E’ tardi, ormai? Mi chiedo. Ed è una domanda lecita, perché quando le energie della squadra scemano, anche i nuovi che subentrano ne risentono e così vedi che Malele si affanna e nulla più e per Stevanovic sono più i rimpianti ( di averlo inserito troppo tardi) che le gioie, perché ha scatto, velocità e sa crossare, ma il tempo stringe e si stringe ancor di più la difesa del Modena, ora passata al 5-4-1 e la densità nella sua area di rigore impedisce perfino … la visuale agli attaccanti rosanero. Finisce 0-0, un pareggio che, visti i risultati de diretti avversari, sa di beffa: vincendo si poteva staccare di quattro punti l’Empoli e, così, andare più tranquilli lunedì 3 febbraio a fargli visita nel suo campo. Peccato, ma contentiamoci, come saggiamente a fine partita consiglia Iachini. Che non cerca scuse, non lo fa mai., anzi elogia lo spirito e la dedizione della squadra.

Un’ultima nota: le parole venate di garbata ironia del migliore in campo: Ujkani: “ … Ogni tanto faccio qualche parata anch’io…”.


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