"Il parente di un presunto mafioso | non può essere discriminato" - Live Sicilia

“Il parente di un presunto mafioso | non può essere discriminato”

Il Tar condanna la Prefettura di Agrigento
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Essere parente di un presunto mafioso, non significa essere un mafioso. Il Tar interviene “bacchettando” la prefettura di Agrigento, e sancendo così un importante principio: il semplice rapporto di parentela con una persona condannata per reati di mafia, non implica un coinvolgimento nell’organizzazione. Principio sorto dalla vicenda di un imprenditore di 53 anni, originario di Racalmuto. L’uomo aveva stipulato con un’impresa di costruzioni un contratto di manodopera specializzata per l’esecuzione di impianti elettrici relativi alla realizzazione di venti alloggi popolari. Un contratto “risolto” dall’impresa di costruzioni a causa  di un’informativa antimafia emessa da parte della Prefettura di Agrigento. L’imprenditore racalmutese, allora, ha avanzato un’istanza di accesso ai sensi della cosiddetta  legge sulla trasparenza amministrativa  e ha scoperto, così, che la Prefettura agrigentina riteneva sussistente il pericolo di tentativi di infiltrazione mafiosa perchè il cognato dell’imprenditore (fratello della moglie) era stato destinatario di un provvedimento restrittivo per reati di tipo associativo.

A quel punto, l’uomo ha deciso di ricorrere al Tar Sicilia, con il patrocinio degli avvocati Girolamo Rubino e Calogero Marino, chiedendo l’annullamento previa sospensione della nota prefettizia. Il Tar Sicilia Palermo,  presidente Giorgio Giallombardo e relatore Pierluigi Tomaiuoli, ritenendo fondata la censura formulata dagli avvocati Rubino e Marino, secondo cui il mero rapporto di parentela di amministratori di un’impresa con elementi malavitosi è insufficiente a ravvisare il tentativo di infiltrazione mafiosa (anche nel rispetto del diritto, costituzionalmente garantito, di iniziativa privata), ha accolto il ricorso ed ha annullato la nota, condannando la Prefettura di Agrigento anche al pagamento delle spese di giudizio. E soprattutto, sancendo un principio fondamentale: la parentela con un presunto mafioso non può essere motivo di discriminazione.


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