Il pendolo del voto in Sicilia |Perché hanno stravinto i 5 Stelle - Live Sicilia

Il pendolo del voto in Sicilia |Perché hanno stravinto i 5 Stelle

In 4 mesi stravolta la mappa politica dell'Isola. I fattori decisivi: affluenza e sistema elettorale

Politiche
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Quattro mesi sono bastati alla Sicilia per voltare in modo radicale pagina. Un pendolo del voto che ha proporzioni impressionanti. Alle Regionali il Movimento 5 Stelle aveva sfiorato il colpaccio con il suo candidato presidente Giancarlo Cancelleri. Che forte anche di un massiccio voto disgiunto aveva conteso la vittoria finale a Nello Musumeci. La lista pentastellata però era rimasta ferma a circa un quarto dei voti espressi. Stavolta la musica è cambiata e tantissimo. La Sicilia nelle mappe si è colorata di giallo, il centro-destra ha subito una clamorosa debacle, difficile da prevedere alla vigilia. Non pervenuto il centro-sinistra che si è squagliato nel resto del Paese, figurarsi in Sicilia, dove i segni della crisi erano già lampanti e dove le ultime mosse dei dirigenti dem hanno ulteriormente peggiorato la situazione sfasciando quello che restava del partito.

Ma il dato significativo è proprio quello dello spostamento del consenso, che in Sicilia non è una novità. Il precedente più significativo forse risale al ’93-94 quando a novembre nelle città il centro-sinistra, anzi la sinistra all’epoca, ottenne una grande affermazione, e pochi mesi dopo, nella primavera successiva, uscì devastato dal confronto contro la destra guidata dal Cavaliere appena disceso in campo.

Gli elettori cambiano idea velocemente. Il Movimento 5 Stelle oggi sfiora in Sicilia il 50 per cento, con percentuali che nemmeno la Dc dei tempi d’oro. I grillini vincono tutti i collegi. E ci sono almeno un paio di ragioni che spiegano questo netto spostamento dalla destra ai Cinque stelle. Entrambe stanno nella diversa natura del voto. Primo. l sistema elettorale delle Politiche non prevede voto di preferenza e furono proprio le preferenze, i candidati delle liste, la forza che spinse Nello Musumeci quattro mesi fa fino a farlo arrivare a Palazzo d’Orleans. I grandi portatori di voti, taluni anche discutibili o discussi, consegnarono alla destra il successo finale a scapito di un Movimento 5 Stelle che correva da solo con un quinto dei candidati in corsa rispetto alla coalizione risultata vincente. È questo il primo elemento significativo di differenza. Il secondo, ancora più importante, sta nel dato dell’affluenza alle Regionali: quattro mesi fa proprio come era accaduto cinque anni prima, sono andati a votare quattro amici. Meno della metà dei siciliani è andata alle urne eleggendo un presidente minoritario proprio come era stato Rosario Crocetta. Stavolta, invece, i siciliani sono andati a votare. Magari non in massa ma in maniera molto più consistente e quando il voto libero sceglie di farsi contare i partiti tradizionali in questo momento di caos soffrono il voto di protesta, che ancora oggi, malgrado scandali, inciampi e campagne di stampa, i Cinque stelle ancora riescono a intercettare.

I risultati siciliani offrono dunque punti di riflessione a una classe politica che avrebbe avuto già diverse spie di allarme da prendere in considerazione e che colpevolmente non lo ha fatto illudendosi della propria eternità, illudendosi che il consenso raggranellato sul territorio da qualche capobastone potesse essere sufficiente per arginare l’ondata di malcontento che investe da anni una terra dagli indicatori economici da tragedia. Una tragedia che l’elettorato imputa a chi ha governato fin qui. Se il centro-destra e quello che resta di un centro-sinistra disintegrato vogliono ancora avere un futuro nell’Isola dipinta di giallo è inequivocabile che il rinnovamento della propria classe dirigente e della propria idea di politica sia quanto mai indispensabile.


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