Immigrazione Catania, come lavoravano i trafficanti - Live Sicilia

“Vediamo le vetrine”: chi sono i trafficanti di uomini

Dai passaggi ai documenti, l'organizzazione copriva tutte le fasi della rotta migratoria

CATANIA – Seguivano i migranti in ogni fase del viaggio, dalla decisione di partire fino al paese di destinazione finale, curando anche gli snodi logistici, il cibo e l’alloggio. L’organizzazione dedita al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina (NOMI), colpita stamattina da un’operazione di Polizia partita a Catania e che ha coinvolto tutta Italia, aveva messo in piedi un vero e proprio sistema parallelo di accoglienza, illegale e centrato sullo sfruttamento dei migranti. Tra giri di “shopping” per procurarsi nuovi clienti e abusi sessuali, il ritratto di un sistema spietato.

“Un sistema parallelo”

A descrivere l’organizzazione come un sistema illegale di accoglienza è il prefetto Francesco Messina, capo della Direzione centrale anticrimine, in una conferenza stampa a Catania: “L’organizzazione nel suo complesso si occupava di ogni fase del viaggio. Dall’aggancio nei paesi di origine all’organizzazione della traversata lungo il mediterraneo centrale, al vitto e alloggio nei paesi di transito, fino all’entrata nel paese finale di destinazione, di solito la Francia”.

Immigrazione Catania: le indagini

L’operazione è partita nelle prime settimane del 2021, quando una ragazza ospite in un centro per minori non accompagnati di Augusta riesce a contattare un uomo che le era stato segnalato in Libia. L’uomo la aiuta a fuggire dal centro e a entrare in Francia, meta finale della ragazza.

Dalle indagini su questa singola vicenda gli investigatori della Squadra mobile di Catania, con l’aiuto dei colleghi di altre sette Squadre mobili, hanno scoperto l’esistenza di un’organizzazione formata soprattutto da guineiani e ivoriani che con cellule in Africa, in Italia e in Francia riusciva a fare entrare illegalmente i migranti in Italia, e in altri paesi dell’Unione Europea.

Le diverse fasi

Ciascuna delle cellule si occupava di una fase specifica sulla rotta migratoria del mediterraneo centrale. Una parte agganciava i migranti direttamente nel loro paese di origine, mentre in alcuni casi, come quello della minorenne da cui sono partite le indagini, i migranti erano contattati in Libia, prima della traversata in mare verso l’Italia.

Sul territorio italiano, le tre cellule individuate a Torino, in Liguria e a Ventimiglia si occupavano di fare passare i migranti verso i paesi che avevano scelto come destinazione, di solito la Francia. In più erano in grado di fornire assistenza logistica, cibo, alloggio, mezzi per lo spostamento e la fornitura di documenti falsi come patenti, green pass e test Covid negativi.

I soldi

Per ogni singolo passaggio su tutta la rotta c’era un prezzo da pagare: si andava dai 200 euro per il semplice varco di un confine ai 1200 per viaggi più grandi. In generale, tenendo conto solo delle Postepay utilizzate dagli indagati per riscuotere le cifre dai migranti, la Polizia ha stimato in 800 mila euro il giro di soldi in cui era coinvolta l’organizzazione.

La stima però potrebbe dover essere rivista al rialzo: da un lato, moltissime transazioni avvengono in contanti e non sono tracciabili; dall’altro, nel contrabbando e nel traffico di essseri umani è molto comune che i flussi di denaro rilevanti siano maneggiati da persone apparentemente non legate agli autori del reato.

Come lavoravano i membri dell’organizzazione

Gli uomini arrestati oggi erano tutti presenti in Italia con regolari permessi di soggiorno e avevano dei lavori regolari. Uno di loro lavorava come mediatore culturale in un centro accoglienza, e grazie a questo ruolo poteva fornire all’organizzazione delle informazioni importantissime sui nuovi potenziali clienti.

Nelle intercettazioni degli investigatori, alcuni membri dell’organizzazione sono stati sentiti dire “Andiamo a Torino a guardare le vetrine”: osservavano i nuovi arrivati e li avvicinavano, fornendo assistenza per il passaggio. Sono emersi, inoltre, dei casi di abusi sessuali ai danni delle donne migranti.

Anche sull’offerta del “servizio” c’erano modalità precise di intervento. Sempre dalle intercettazioni emerge che prima di sapere il prezzo il migrante era portato in una nuova città, di solito Milano o Ventimiglia, gli si chiedeva dove voleva andare e solo a quel punto, quando era disorientato e privo di amici o conoscenze, gli si diceva il prezzo per raggiungere più facilmente un accordo.


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