Uccio Missineo toglie il distrubo dopo 22 mesi. E va in vacanza. Lo becchiamo all’aeroporto, in partenza con la famiglia. Ieri l’assessore ai beni culturali si è dimesso. Nel governo elettorale che l’infinito rimpastone di Raffaele Lombardo sta mettendo su, serviva gente che portasse voti. E questo non è il mestiere del professore siracusano.
Ce lo racconta questo faccia a faccia finale col presidente?
“Guardi, io ho solo detto al presidente: se volete che mi metta a fare un’azione più elettorale io non sono capace, mi faccio da parte di conseguenza. Tutto qui. Il presidente mi ha detto che mi apprezza come tecnico, ma… Da un po’ avvertivo qualche scricchiolio, qualche insofferenza”.
Dovuti a cosa?
“Al fatto che io stavo lì per lavorare, volevo fare le cose che ritenevo giuste nell’interesse della regione e dei beni culturali. E così ho operato in questi mesi. Ma cambia il clima e cambiano anche le priorità. Che diventano più politiche”.
‘Politiche’ o sarebbe meglio dire elettorali?
Sì, più elettorali. Non era una cosa per me. Negli ultimi tempi alla fine della giornata non ero soddisfatto, come invece mi è capitato in questi 22 mesi. Il mio lavoro è stato quello di mettere in pista cose da fare, idee: quella produttività che in 22 mesi ci ha portato a dire che con pochi soldi anche in Sicilia le cose si possono fare”.
E invece, com’è cambiata la musica negli ultimi tempi?
“Il voto è alle porte e i deputati cercano di avere dei sostegni per la campagna elettorale. Tutte cose lecite, per carità, ma anche da un punto di vista della programmazione degli investimenti ho dovuto soffrire. Mi sono arrivati tagli tra capo e collo. Fino a ieri ho dovuto difendere la mostra dei cento più importanti pezzi della storia dell’arte siciliana su cui ho lavorato ultimamente e che si dovrebbe svolgere dopo l’estate. Quando si avvicina al competizione elettorale le dinamiche si fanno diverse e le esigenze cambiano”.
E lei non è interessato a un futuro da politico come altri suoi colleghi tecnici?
“No, io rimango un tecnico. E non esprimo neanche un voto in Sicilia, perché voto a Roma. Il presidente mi ha ringraziato per il lavoro svolto e a me va bene così. Mi prenderò qualche giorno di riposo e poi ricomincio con le mia attività”.
Quali sono i ricordi più belli di questi due anni da assessore?
“Abbiamo realizzato tantissime cose importanti, dalla Dea di Morganitna alla Villa del Casale, le partnership internazionali, la complessa gestione del dossier Riso e la privatizzazione dei servizi aggiuntivi, la candidatura di Palermo, Cefalù e Monreale all’iscrizione della lista dell’Unesco. Di cose ne abbiamo fatte davvero tantissime”.
Una bella esperienza, insomma…
“Sì, l’ho detto al presidente, ringraziandolo. Guardi, io avevo la mia esperienza e credibilità proprio in questo settore ma non era così immediato immaginare di poter fare l’assessore, chi me lo doveva dire? Ho conosciuto gente seria, con la voglia di lavorare, e diversi politici che hanno veramente la voglia di fare bene. Me ne vado soddisfatto, senza sbattere la porta. Certo, ho il rimorso di avere dedicato poco tempo a mio figlio e di avere abbandonato le mie aziende. Ma è stata una bella esperienza che mi servirà nel futuro”
E le cose che le sono piaciute meno di questi 22 mesi?
“Da un punto di vista organizzativo, la cosa che mi è meno piaciuta è sicuramente la scarsa capacità e volontà nell’organizzazione dei custodi. Volevo scardinare questa casta che fa quello che gli pare. Con la quantità di custodi che abbiamo non riusciamo ad aprire i musei quando vorremmo, è un controsenso che volevo superare. Ho provato, ma è una sfida dura”.
In giunta come si è trovato?
“La giunta, parlo dei dodici di partenza era una squadra unica: gente con grande esperienza e con uno straordinario vissuto. Con Sparma per esempio abbiamo un grande rapporto, stiamo partendo insieme per le vacanze. Sono onorato di aver lavorato accanto a persone come Venturi, Russo, Chinnici, persone di grande carisma e signorilità”.
Poi però la giunta è cambiata. Qualcosa s’è rotto?
“La giunta non è più quella, io sono l’ottavo di quei dodici che se n’è andato. Al di là di questo, se mi chiede un giudizio sui miei rapporti con i politici, di maggioranza o opposizione, dico che di alcuni porterò con me un grande ricordo. Di altri, invece, avendoli frequentati, capisco perché c’è l’antipolitica”.
C’è un aneddoto che ricorda, a questo riguardo?
“No, un aneddoto ce l’ho ma non riguarda i politici. A me è sempre piaciuto girare per i paesi e quando la gente vedeva arrivare l’attenzione si creava sempre un po’ di calca, c’era sempre qualcuno che voleva parlarti, e c’era sempre qualcosa di ‘urgente’ da chiedere. Tanto che io rispondevo sempre ‘ma è urgente per lei o per me?’. Una volta, però, mi pare fossimo nel Messinese, un signore insisteva più del solito. È una cosa urgente, mi ripeteva. Poi mi ha preso sottobraccio e sottovoce mi ha spiegato: è urgente, assessore, guardi che ha la cerniera aperta”.
Ci dica un’ultima cosa: Lombardo da vicino com’è?
“Io sono una persona sempre allegra e sorridente, con me lui si è sempre comportato in modo molto soft. Non ho mai avuto grandi interferenze, mi ha fatto lavorare con serenità. Il presidente è una persona abbastanza criptica che ha dei percorsi di ragionamento differenti dai miei, però con me si è sempre comportato in modo gradevole. E devo dire che in giunta abbiamo vissuto molti momenti rilassati e divertenti. Ora per lui la situazione è difficile: se è vero che vuole abbandonare del tutto, deve essere dura per uno che ha fatto politica per tutta la vita. È come se Tiger Woods dovesse lasciare per sempre le sue cinquemila fidanzate…”.
Ah, pensavo stesse per dire la mazza da golf…
“Sì, forse è meglio. Scriva la mazza da golf”.