PALERMO – Un mix di “negligenza politico-amministrativa” e “grave necessità sociale”, ma nessun reato. Almeno per il momento. La Procura chiede di archiviare un’inchiesta sull’occupazione abusiva di massa delle case popolari, ma il gip dice che bisogna continuare a indagare.
Al di là degli eventuali profili penalmente rilevanti, finora esclusi, viene fuori uno spaccato disarmante. A Palermo su 3.600 alloggi popolari ce ne sono 600 occupati da chi non ne ha diritto, pur essendo inserito in graduatoria.
Tutto inizia con la magistratura che chiede chiarimenti all’”Unità organizzativa gestione immobili di edilizia popolare” dell’amministrazione comunale. Sul tavolo del procuratore aggiunto Bernardo Petralia e del sostituto Claudia Bevilacqua giunge una relazione: gli immobili rilasciati dagli assegnatari vengono occupati abusivamente e in alcuni casi c’è chi paga per subentrare negli appartamenti. Non solo: i provvedimenti di sgombero restano lettera morta.
Per capire se ci siano colpe da parte dell’amministrazione i pm delegano le indagini ai finanzieri che confermano l’inerzia del Comune – si parla del “perdurare di una condizione di fatto” che va avanti da anni – ma non riscontrano ipotesi di reato. La Procura ha dovuto fare i conti con la situazione di disagio sociale. La gran parte delle famiglie abusive vive con redditi minimi o prossimi allo zero. Si può affermare che “in tali casi l’eventuale occupazione di un alloggio popolare è fortemente caratterizzato da uno stato di necessità dettato dal bisogno”.
In sostanza il Comune si è dovuto misurare con il disagio sociale “che ha di fatto rallentato e fatto sì che la situazione perdurasse”. Nessun comportamento illecito, però. E così si è arrivati alla richiesta di archiviazione, respinta dal giudice per le indagini preliminari Lorenzo Matassa che chiede chiarimenti. Due i punti che non convincono: la delibera sulla ricognizione del patrimonio immobiliare del Comune e l’ipotesi che alcune case sarebbero state “vendute” dagli occupanti abusivi a ignari, o compiacenti, acquirenti. I pm hanno due mesi di tempo per scandagliare di nuovo la vicenda.