“La vogliamo smettere di darci la mano e andare in giro senza mascherina, o no? Abbiamo dimenticato ciò che è successo. Se continua così saranno i nuovi morti a ricordarcelo. È un momento delicato. Non sono allarmista, ma quello che si vede in giro è preoccupante”.
Cristoforo Pomara, ordinario di Medicina legale a Catania, membro del Comitato tecnico scientifico istituito dalla Regione Siciliana per contrastare il Coronavirus, ha la schiettezza di chi il Covid lo studia. Da lui è partito l’appello per eseguire le autopsie che ha prodotto il dietro front del ministero della Salute che all’inizio scoraggiava gli esami autoptici per motivi di profilassi.
A proposito delle autopsie. Cosa è cambiato?
“Per quel che mi riguarda se ne fanno ancora poche, ma finalmente arrivano dei dati. Abbiamo creato a una rete telematica internazionale per mettere a confronto i risultati”.
Cosa emerge?
“La crisi polmonare è la causa principale dei decessi, ma la malattia non può essere trattata come un’insufficienza polmonare. Il virus non è accomunabile ai normali Coronavirus perché colpisce tutti gli organi, compreso l’encefalo. C’è un interessamento vascolare, nella nostra conoscenza però manca il meccanismo patogenetico di base. E cioè la porta di accesso multi organo del virus attraverso alcuni recettori vascolari”.
Cosa cambia grazie a queste nuove conoscenze?
“Cambia il trattamento terapeutico, si deve lavorare a una terapia preventiva che protegga i vasi dall’aggressione del virus”.
Abbiamo letto che la Procura di Caltagirone ha disposto l’autopsia su quindici pazienti deceduti in una casa di riposo. Un passaggio importante
“Trattandosi di un’indagine va mantenuto il massimo riserbo. Di sicuro grazie alla lungimiranza della Procura di Caltagirone stiamo studiando la biologia del virus, la resistenza dopo la morte, la morte stessa del virus. Ci aspettiamo un grande contributo. Ho tenuto un seminario con migliaia di medici collegati: tutti concordi sul fatto che solo le autopsie ci fanno conoscere la realtà dei fatti. Quindi non mi resta che chiedere alle Procure e alle direzioni sanitarie di fare le autopsie e ai parenti di richiederle per i loro defunti. Sono convinto che più analizziamo, più possibilità si hanno di ottenere una cura”.
Nell’attesa i dati sui contagi ci devono allarmare?
“Sono stato fra i primi a dire, in aprile, che con cautela si potevano riaprire certe attività. Temo la mancanza di programmazione. Ancora oggi non capisco perché si gridò alla scandalo di fronte alla ipotesi di dare il via libera agli spostamenti da un paese all’altro solo dopo avere attivato un tracciamento sanitario. Che male c’è se per partire serve un certificato sanitario? E non mi si parli di privacy, il bene della salute e del lavoro vengono prima della privacy”.
Quindi è allarmato?
“Sono preoccupato. È una pandemia e si era detto che non sarebbe sparita. Sono preoccupato perché i ragazzi asintomatici positivi che a settembre e ottobre torneranno dalle vacanze potrebbero portare il virus ai genitori, ai nonni. E visto che non siamo in lockdown i numeri dei contagi potrebbero essere uguali a prima, addirittura esponenziali. Non si può solo avere un governo che obbliga a fare o non fare qualcosa. Non serve a nulla se bisogna fare i conti con l’immaturità della gente. Sono molto preoccupato per l’inconsapevolezza e l’incoscienza che vedo in giro”.
Cosa si può dire ai nostri giovani
“Che se il virus riparte sarà peggio di prima. Se te ne vai in discoteca con quattro o cinque persone diverse la carica virale è paurosa. Questa favoletta che i giovani sono immuni la dobbiamo destrutturare. Le azioni incaute aumentano la carica virale. Se porti il Covid a casa dove ci sono persone di 70 anni o di 50 con patologie pregresse possono morire. Cosa dobbiamo dire ancora per farci capire? (leggi il caso della donna morta a Paternò)”.
Al di là dei comportamenti dei singoli, e qualora in troppi continuino a fare finta di non capire, il Paese come si sta preparando?
“Bisogna alzare livello di guardia negli ospedali riducendo le visite dei parenti ai degenti, con accessi controllati ai Pronto soccorso. Si deve puntare al massimo sulla gestione domiciliare attraverso la rete dei medici di base e le Unità speciali di continuità assistenziale. Non so se il Paese reggerebbe anche psicologicamente all’impatto di un nuovo lockdown. È tutto nella nostre mani. Non bisogna chiedersi cosa il Paese può fare per te, ma cosa tu puoi fare per il nostro Paese. Ed invece si assiste alle immagini della folle movida. Ma in che lingua dobbiamo parlare?”.
Lei fa riferimento a ciò che andrebbe fatto ma che non mi pare sia stato messo in pratica. Incoscienza e mancata programmazione: un mix esplosivo
“Qualcuno si svegli e batta un colpo: cosa si sta facendo a livello governativo e politico per preparare e mettere nelle migliori condizioni di lavoro i medici di base e di continuità assistenziale? Ora vanno affilate le armi contro il virus. Noi in Sicilia stiamo facendo un buon lavoro, abbiamo fatto corsi di formazione col Cefopas per le Usca e le Uscat ma dobbiamo impegnarci di più a livello di assistenza e cure primarie. Qualcuno sta studiando cosa è accaduto in Sicilia e in Veneto o siamo convinti che queste due regioni abbiano avuto fortuna? Siamo rimasti ad una percentuale di ospedalizzazione fra il 34-37 %. Significa che abbiamo trattato i pazienti a casa. Nessuno pensi di avere la sanità migliore del mondo, serve studio e lavoro e noi in Sicilia ci stiamo impegnando al massimo”.
Mi pare di capire che a livello nazionale si sono mossi male all’inizio e ora si difetta di programmazione. O no?
“Se errori ci sono stati sono stati commessi perché ci si è trovati di fronte a uno tsunami, ma ora sappiamo molto più di prima. La Regione siciliana faccia un passo in più, proponga dei tavoli di programmazione a livello nazionale. Qui si discute dei banchi delle scuole, ma ci si dimentica di quello che è successo negli ospedali. Non si va al pronto soccorso, lo vogliamo dire? Facciamo delle linee guida nazionali, ora, subito, in agosto. Guardare ai singoli dati regionali, che in Sicilia sono molto confortanti, è miope. Ieri si è raggiunto l’apice di contagi a livello mondiale e l’Italia è con il mondo che si deve confrontare. Oltre 35 mila morti nel nostro Paese, oltre 700 mila nel mondo: cos’altro deve succedere per mettere una mascherina e comportarsi adeguatamente?”.